Il 17 giugno si è tenuto a Roma c/o Palazzo Colonna la IV edizione del Welfare Day, il tradizione evento annuale dedicato alla Sanità Integrativa. Quest’anno la partecipazione all’iniziativa ha visto più di 1.000 persone presenti, tra Rappresentanti delle Regioni, Parti Sociali, Fondi Sanitari e Aziende.
Sono sempre di più gli italiani che pagano di tasca propria le prestazioni sanitarie che il pubblico non riesce più a garantire. Nel 2013 la spesa sanitaria privata dei cittadini è stata pari a 26,9 miliardi di euro ed è aumentata del 3%, in termini reali, rispetto al 2007. Nello stesso arco di tempo la spesa sanitaria pubblica è rimasta quasi ferma (+0,6%). In altri termini i cittadini sostengono ormai direttamente il 20% della propria spesa sanitaria con un costo annuo pro capite di quasi 445 euro.
In quest’ottica – dice Marco Vecchietti, Consigliere Delegato di RBM Salute S.p.A., la prima Compagnia Assicurativa in Italia specializzata nel settore salute – la sanità integrativa potrebbe rappresentare una straordinaria risorsa integrando il livello di copertura garantito dal S.S.N. e riducendo le disuguaglianze che esistono in termini di capacità assistenziale tra le diverse Regioni.
In base alla Ricerca RBM Salute-Censis, tuttavia, le forme di sanità integrativa in Italia “intermediano” attualmente solo il 13% della spesa privata (circa 4 miliardi di Euro annui), con un gap di copertura di oltre il 40% rispetto a quanto avviene negli altri Paesi europei. Inoltre la sanità integrativa nel nostro Paese, benché coinvolga oltre il 16% degli italiani (quasi 10.5 milioni di assistiti), è quasi esclusivamente appannaggio del settore del lavoro dipendente ed è prevalentemente diffusa nelle Regioni del Nord Ovest e del Centro.
Dal quadro rassegnato dalle Ricerca emerge, pertanto, come il livello di tutela e di sostegno al reddito garantito alle famiglie è molto differenziato tra le diverse Regioni del nostro Paese. L’attuale assetto della sanità integrativa contribuisce in questo momento “paradossalmente” ad ampliare tali differenze. La sanità integrativa, infatti, potrebbe rappresentare uno strumento ottimale per garantire la copertura di tali gap di copertura tra le diverse Regioni.
“Sulla base di queste evidenze – dice Marco Vecchietti – le Regioni potrebbero svolgere un ruolo molto importante nel campo dello sviluppo e della promozione di forme sanitarie integrative nel proprio territorio che siano finalizzate a favorire una maggiore omogeneità di tutele per tutti i cittadini italiani”.
Fondi sanitari: attualmente secondo i dati forniti dall’Anagrafe dei Fondi Sanitari Integrativi, istituita presso il Ministero della Salute, risultano attestati 337 Fondi Sanitari per un numero complessivo di circa 6 milioni di persone attualmente assistite da forme di sanità integrativa. Tuttavia, in base alla Ricerca RBM Salute-Censis, l’intero settore della sanità integrativa è ben più esteso e conta oggi quasi 11.1 milioni di assistiti ovvero il 16,3% degli italiani.
Assicurazione salute: l‘assicurazione salute in Italia vale oltre 2.1 miliardi di euro. Il ruolo dell’assicurazione nella sanità integrativa nel segmento delle forme sanitarie integrative di natura “collettiva” (Casse Assistenza, Fondi Sanitari e Società di Mutuo Soccorso) è cresciuto arrivando a rappresentare oggi il 55% del segmento (+2% sul 2010), a testimonianza di un ripensamento complessivo del settore assicurativo sull’importanza del ramo salute (il 45% delle Forme Sanitarie Integrative “collettive” è, invece, gestito in Autoassicurazione.. I nuovi Fondi Sanitari contrattuali, peraltro, hanno tutti optato per il modello assicurativo.
Stabile il segmento delle polizze sanitarie individuali che vale quasi un 4% dell’intero settore della sanità integrativa. Complessivamente, pertanto, il settore della sanità integrativa risulta per più del 59% assicurato dalle Compagnie Assicurative (il 41% opera, invece, mediante modelli di Autoassicurazione). I principali protagonisti di questa fase sono le Compagnie specializzate (ovvero che esercitano il solo ramo salute) che, nell’ultimo triennio, hanno incrementato notevolmente la propria quota di mercato (oltre 3 volte rispetto alla media degli altri Paesi UE). In questo contesto, il conto tecnico del settore storicamente caratterizzato da forti perdite negli ultimi due anni ha mostrato un’inversione di tendenza (2011 in pareggio, 2012 in utile contenuto) grazie ad una importante riduzione dei costi di gestione ed alla crescita significativa della quota di mercato delle compagnie specializzate, fattori entrambi che hanno garantito un recupero complessivo di efficienza del ramo.
Spesa sanitaria privata e forme sanitarie integrative: La spesa sanitaria pubblica mostra un andamento stabile negli ultimi anni con una flessione a partire dal 2011 (-0,5%). La spesa privata, invece, mostra un trend decisamente crescente (+8% nell’ultimo quinquiennio). In particolare, nel 2013 la spesa sanitaria privata dei cittadini è stata pari a 26,9 miliardi di euro, circa il 20% della spesa sanitaria totale. Più della metà della spesa sanitaria privata è composta dall’acquisto di beni, che per pù dell‘80% è costituita da spesa per farmaci. Il 44% di spesa sanitaria privata in Servizi, invece, è destinata, per il 75%, all’odontoiatria ed alla specialistica. In base alla Ricerca RBM Salute-Censis, le forme di sanità integrativa in Italia “intermediano” attualmente il 13% della spesa privata per un valore complessivo di circa 4 miliardi di Euro annui. Il trend specifico della spesa intermediata dalle forme di sanità integrativa è ancora “più ripido” di quello della sanità privata con una crescita del 23,5% nell’ultimo quinquiennio (+33% nell’ultimo decennio). Proprio tale evidenza, conclude la Ricerca mostra inequivocabilmente che esiste un problema di finanziamento della spesa sanitaria che è indispensabile risolvere al fine di evitare l’ulteriore crescita del fenomeno della rinuncia alle cure da parte dei cittadini per motivi economici (c.d. “forgone care”).
Disomogeneità territoriali: La spesa sanitaria privata è fortemente connesse al reddito pro capite dei cittadini. Il Nord Est è l’area con un più elevato livello di spesa out of pocket pro capite (il Trentino Alto Adige è la prima Regione italiana per spesa sanitaria privata pro capite, con circa 739,00 euro per cittadino). La Ricerca RBM Salute-Censis, tuttavia, ha mostrato come la dinamica di spesa delle forme sanitarie integrative sia fortemente influenzata da fattori territoriali e dai livelli di assistenza garantiti dai diversi S.S.R.. Nelle Regioni nelle quali è maggiore la presenza delle strutture private nell’organizzazione dell’offerta (ad es. Lombardia e Lazio) si osserva un trend crescente della spesa delle forme di sanità integrativa. In particolare, il Nord Ovest ed il Centro che si caratterizzano per una riduzione della spesa sanitaria pubblica e per la crescita della spesa sanitaria privata mostrano anche una crescita molto rilevante della spesa intermediata dalla sanità integrativa. Basti pensare che in Lombardia le forme sanitarie integrative già oggi intermediano quasi l’8% della spesa sanitaria privata e nel Lazio oltre il 4%. Il Nord Est, invece, pur presentando una crescita molto significativa (+20%) della spesa sanitaria privata – che peraltro si affianca ad una crescita anche della spesa sanitaria pubblica – mostra un ruolo delle forme sanitarie integrative crescente (+ 0,75%) ma ancora piuttosto contenuto (il 3% della spesa out of pocket).
Il Sud e le Isole si caratterizzano, invece, per una contrazione complessiva della spesa sanitaria. In particolare, la spesa privata intermediata dalla sanità integrativa si riduce del -2%, in misura comunque molto contenuta rispetto al trend negativo della spesa privata (-11%). Proprio tale evidenza conferma ulteriormente l’importanza e la notevole utilità della sanità integrativa in un’ottica di salvaguardia della salute dei cittadini. Tuttavia, il dato di maggior rilievo evidenziato dalla Ricerca RBM Salute-Censis è che nel Sud la presenza della sanità integrativa è ancora gravemente insufficiente; si consideri, infatti, che la Campania – terza Regione italiana per popolazione – si connota per un’intermediazione della spesa privata da parte delle forme sanitarie integrative inferiore al 1%.
Dal quadro rassegnato dalle Ricerca emerge, pertanto, come il livello di tutela e di sostegno al reddito garantito alle famiglie è molto differenziato tra le diverse Regioni del nostro Paese. L’attuale assetto della sanità integrativa contribuisce in questo momento “paradossalmente” ad ampliare tali differenze. La sanità integrativa, infatti, potrebbe rappresentare uno strumento ottimale per garantire la copertura di tali gap di copertura tra le diverse Regioni.
“Sulla base di queste evidenze – dice Marco Vecchietti – le Regioni potrebbero svolgere un ruolo molto importante nel campo dello sviluppo e della promozione di forme sanitarie integrative nel proprio territorio che siano finalizzate a favorire una maggiore omogeneità di tutele per tutti i cittadini italiani”.
La prestazioni dei Fondi Sanitari: La Ricerca di RBM Salute-Censis ha confermato, anche quest’anno, che il settore della sanità integrativa – al di là della mission assegnatagli dal legislatore – è attualmente per più del 60% delle prestazioni erogate è sostitutivo (duplicativo) del S.S.N.. Tale fenomeno in parte è da ascriversi all’assetto dei Piani Sanitari adottati dalle forme sanitarie integrative che, soprattutto nella fase di costituzione dei Fondi Sabnitari contrattuali, è stato prevalentemente incentrato sulla copertura dei Grandi Interventi Chirurgici e dei Ricoveri (le c.d. “prestazioni di rischio”).
“Al di là della mission affidata loro dalla legge attualmente le forme sanitarie integrative sono sostanzialmente sostitutive (duplicative) del S.S.N. – prosegue Marco Vecchietti. Per essere effettivamente integrativi i Fondi Sanitari dovrebbero essere finalizzati non solo alla copertura delle spese odontoiatriche e per la non autosufficienza ma alla copertura della spesa sanitaria out of pocket. In questo contesto si potrebbe anche pensare ad estendere la c.d. “soglia delle risorse vincolate” (ovvero la quota minima di prestazioni odontoiatriche e per la non autosufficienza che i Fondi Sanitari devono necessariamente garantire per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dalla legge) a condizione, tuttavia, che tale soglia includa anche la specialistica e la prevenzione”.
Ma la natura prevalentemente sostitutiva delle forme sanitarie integrative è anche dovuta allo stretta influenza – già evidenziato – sull’operatività di tali enti di fattori di natura territoriale. Al riguardo, la Ricerca ha evidenziato come nelle Aree geografiche nelle quali il S.S.N. è organizzato in modo più efficiente ed è in grado di garantire anche la continuità assistenziale sul territorio (Nord Est, in particolare) le forme sanitarie integrative riescono ad esplicare al meglio la propria funzione integrativa (con un liquidato per prestazioni odontoitariche e per prestazioni socio-sanitarie e socio-assistenziali superiore al 21%).
In questo contesto l’analisi condotta da RBM Salute-Censis ha sottolineato come la scelta operata dalla quasi totalità dei Fondi Sanitari contrattuali di dotarsi di un Piano Sanitario unitario a prescindere dai territori di residenza dei propri assistiti tenda a privilegiare in modo determinante gli assistiti residente nel Nord Ovest e nel Centro, incidendo negativamente sull’effettività delle prestazioni garantite.
“Una possibile soluzione al riguardo – conclude Marco Vecchietti – potrebbe essere rappresentata dall’adozione di Piani Sanitari territoriali, approccio che peraltro potrebbe favorire anche un ruolo attivo delle forme sanitarie integrative nelle pianificazioni sanitarie regionali”.