L’Europa ha mosso un nuovo passo verso il rafforzamento dei diritti e delle tutele degli aderenti ai fondi pensione. Uno degli ultimi atti del Parlamento europeo prima delle elezioni è stata l’approvazione della normativa comunitaria per consentire la portabilità della posizione di previdenza complementare tra gli Stati membri che avranno ora quattro anni per trasporla negli ordinamenti nazionali. L’assunto che ha mosso Strasburgo e Bruxelles è la considerazione per cui allo stato attuale le norme Ue garantiscono che i lavoratori che si spostano in un altro paese dell’Ue non perdano i loro diritti pensionistici obbligatori, cioè quelli forniti dallo Stato. Al momento non esistono però norme comunitarie equiparabili per i regimi pensionistici integrativi, finanziati o co-finanziati dai datori di lavoro. Per tale motivo, osserva il Parlamento Ue, i lavoratori che si spostano tra gli Stati membri rischiano oggi di perdere i loro diritti acquisiti, se il periodo temporale di residenza non è ritenuto sufficientemente lungo dallo Stato in cui si trasferiscono. E tale carenza di tutela è particolarmente grave in considerazione di una sempre maggiore mobilità professionale all’interno dell’Ue; attualmente il 3,3% della forza lavoro dell’ area euro, ossia 8 milioni di persone, vive e lavora in un altro Stato membro. Vanno poi aggiunti 1,2 milioni di persone che vivono in un Paese dell’Ue ma lavorano in un altro. Ma cosa prevede la nuova direttiva che dovrà essere ora approvata formalmente dal Consiglio dei ministri? Il perimetro di riferimento è rappresentato per il momento dai soli lavoratori dipendenti iscritti alle forme pensionistiche complementari collettive e a quelle individuali promosse dai datori di lavoro. Restano, pertanto, esclusi i lavoratori autonomi e le adesioni puramente individuali. È previsto inoltre che la direttiva non si applichi ai fondi pensione o alle loro sezioni che siano chiusi a nuove iscrizioni, considerato che l’introduzione di nuovi vincoli potrebbe costituire un onere eccessivo per detti regimi.
Con riferimento poi alle condizioni di acquisizione, le previsioni attengono in primo luogo ai termini per l’adesione a forme pensionistiche complementari dopo il decorso di un certo periodo di lavoro con la combinazione di waiting period e vesting period; età minima per iniziare a maturare diritti di previdenza complementare da parte degli iscritti a previdenza complementare non superiore ai 21 anni; termini per i cosiddetto vesting period, ossia i periodi di iscrizione a previdenza complementare decorsi i quali inizia l’acquisizione, da parte dell’iscritto, di una posizione di previdenza complementare (tre anni); rimborso al lavoratore dei versamenti effettuati in caso di chiusura anticipata del contratto senza aver maturato diritto a pensione.
In merito alla salvaguardia dei diritti a pensione in sospeso, si prevede che debba essere garantito che tali diritti o la loro valorizzazione siano tutelati nel tempo, mediante idonee forme di adeguamento. Quest’obbligo non sussiste in caso di piccoli importi, potendosi in questo caso liquidare la posizione o procedere al suo trasferimento ad altra forma. Infine la proposta prevede che debbano essere fornite, solo su richiesta, informazioni agli iscritti in merito alle conseguenze che la cessazione del rapporto di lavoro comporta rispetto alla maturazione di diritti pensionistici nella forma pensionistica; al valore di diritti acquisiti (in questo caso la proposta prevede che i dati comunicati non sia antecedenti di 12 mesi rispetto alla richiesta); al trattamento previsto per i diritti in sospeso.
È importante cogliere poi come le misure che si stanno delineando in materia di portabilità vadano lette in sinergia come la recentissima proposta di revisione della Direttiva Iorp varata dalla Commissione Ue che si propone di fare in modo che i fondi pensione aziendali e professionali possano operare anche in un regime pensionistico che è soggetto alla legislazione sociale e del lavoro di un altro Stato membro e introdurre una procedura di trasferimento dei fondi pensione. Una maggiore operatività transfrontaliera, al momento ancora troppo ridotta, sembra necessaria in considerazione della tendenza a una maggiore mobilità professionale. (riproduzione riservata)