Colpita nel 2009 da una recessione più forte rispetto agli altri paesi europei per effetto di un profondo crollo dei consumi delle famiglie e degli investimenti, l’economia britannica si distingue oggi per la forza della crescita ritrovata (+1,8% nel 2013). Coface prevede una crescita del +2,7% nel 2014 che potrebbe diventare dinamica come quella degli Stati Uniti e superare la Germania (+2%).
Mentre il passaggio da una economia di servizi a una economia diversificata è progressivo, il rinnovamento industriale è già avviato. Malgrado qualche debolezza che persiste, Coface valuta il rischio paese del Regno Unito A2.
Questa sorprendente e inattesa uscita dalla crisi è il risultato di misure attuate dalle autorità per contrastare l’indebitamento crescente, il calo delle esportazioni e un settore finanziario eccessivamente sviluppato. La politica monetaria ultra-espansionista condotta dalla BCE dal secondo semestre 2012 e l’invio di 375 miliardi di sterline dalla Bank of England all’economia hanno contribuito a ridare fiducia alle famiglie e alle imprese.
Nel 2013, la ripresa dei consumi è stata sostenuta dal calo del tasso di disoccupazione, dalle misure per il rilancio dell’edilizia e da un accesso al credito più facilitato, soprattutto per le PMI.
Nel 2014, gli investimenti dovrebbero prendere il posto dei consumi. La buona tenuta della ripresa consentirà una crescita potenziale più elevata, dopo un lieve rallentamento atteso nel 2015 (crescita stimata a +2,1%) a seguito di un possibile inasprimento della politica monetaria.
Nonostante le previsioni favorevoli, esistono delle debolezze.
La fragilità maggiore dell’economia britannica rimane l’indebitamento delle famiglie (129,9% del reddito disponibile, la percentuale più elevata tra i G7, dopo quella degli Stati Uniti).
Si aggiunge una produttività relativamente scarsa: il Regno Unito non raggiungerà il livello di produzione pre-crisi, e secondo le stime di Coface, ciò non avrà luogo prima del terzo trimestre 2014, ossia 26 trimestri dopo l’inizio dello shock. Solo l’Italia rivela un ritardo ancora più profondo. Tale fragilità deriva soprattutto dalla persistente mancanza di investimenti delle imprese britanniche.
Anche il deficit della bilancia corrente riflette questi squilibri interni, inclusa l’insufficienza di investimenti. Dal 1990 le esportazioni di beni sono crollate a causa dello scarso orientamento del commercio britannico verso i paesi emergenti e dell’aumento dei costi unitari del lavoro. Le esportazioni di servizi finanziari compensano a malapena l’insufficiente fornitura di beni. Questa evoluzione conferma la perdita di competitività delle imprese britanniche, in particolare nei settori soggetti a forte elasticità di prezzo, come i prodotti elettronici.
Malgrado le innegabili carenze in materia di specializzazione, Coface individua delle aree di straordinario rinnovamento industriale nei settori ad alto valore aggiunto, guidati da un’innovazione dinamica e sostenuti dallo Stato: farmaceutica, industria aerospaziale e auto.
Il settore farmaceutico, ad elevata produttività, produce il 15% dei farmaci più utilizzati al mondo. Investe di più in R&S, con il 10% delle spese mondiali, e risulta primo nei contributi al commercio estero con un eccedente commerciale annuo superiore ai 6 miliardi di euro.
L’industria aerospaziale civile e militare, con prestazioni tra le migliori al mondo, concentra un quinto delle esportazioni mondiali e registra un eccedente commerciale di 3 miliardi di euro circa. BAE Systems è il terzo gruppo mondiale nel settore della difesa dietro agli americani Boeing et Lockheed Martin.
Il settore auto è riuscito in un cambiamento atipico con successo: l’industria britannica si è orientata verso un’offerta premium destinata all’esportazione. Il 77% circa della produzione di veicoli viene esportata mentre l’80% dei veicoli nuovi venduti sul territorio britannico (principalmente modelli di alta gamma) viene importata. La bilancia commerciale di questo settore è positiva.