La crisi economica, con la conseguente carenza di liquidità che stanno subendo le imprese, da un lato; le linee tracciate dalla giurisprudenza, dall’altro, stanno portando alla fuga dei professionisti dal ruolo di sindaco e revisore. Troppe responsabilità sono richieste al ruolo, e, all’opposto, i compensi hanno subito una preponderante sforbiciata.
L’esodo è cominciato nel momento in cui, per effetto della legge 35 del 2012 e del decreto legge n. 1 sempre del 2012, le srl hanno avuto la possibilità di cancellare il collegio sindacale a favore del sindaco unico. Opportunità che tantissime società a responsabilità limitata stanno cogliendo al volo, con l’obiettivo di ridurre i costi a un terzo. Con la diretta e ulteriore conseguenza che molti professionisti hanno perso il loro ruolo e altri, gravati dalla mole di lavoro, vi hanno rinunciato.
Tutto ciò soprattutto in quanto non esistono limiti dimensionali oltre i quali le srl sono tenute a mantenere il collegio sindacale. Per esempio, anche negli enti locali si ha una differenziazione tra revisore unico e collegio dei revisori. Ma oltre certi limiti dimensionali (15 mila abitanti) il revisore unico non è ammesso. Ciò non vale per le srl che, anche se multinazionali o di grandi dimensioni, possono legittimamente delegare i controlli a un unico sindaco o a un mero revisore.
A peggiorare il quadro ci ha pensato la giurisprudenza: secondo la sentenza della Cassazione (sent. n.13081 del 27 maggio 2013) il collegio sindacale è tenuto a un controllo non meramente formale sulla operatività degli amministratori ma di legittimità sostanziale, allo scopo di verificare che le scelte amministrative non travalichino o limiti della buona amministrazione (si vedano i servizi nelle pagine seguenti). In sostanza il controllo dei sindaci va esteso e approfondito, accrescendone quindi responsabilità e incombenze. La funzione di sindaco e revisore si sta caratterizzando sempre più per le maggiori competenze richieste, il maggior tempo da dedicare all’incarico e la crescente responsabilità. Di conseguenza sono sempre meno i professionisti disposti ad accettare queste condizioni. Con un effetto scaricabarile magari su altri colleghi più giovani, disposti, pur di fare esperienza, a ricoprire il ruolo. Da non trascurare, infine, la parte economica: essendo state abolite le tariffe, le società si sentono legittimate a proporre cifre irrisorie o comunque non commisurate all’impegno e ai rischi legati al ruolo. Si lavora il triplo, ma a compenso invariato. Non senza ricadute sulla qualità del lavoro, che, a cascata, si riflette non solo sugli interessi dei soci, ma anche e soprattutto sul sistema economico.