Tra le novità introdotte dalla riforma previdenziale del 2007 assumeva particolare valenza il meccanismo del silenzio-assenso. L’obiettivo era, attraverso una formula semi-coercitiva, di promuovere una maggiore penetrazione della previdenza complementare. Ma la Covip nell’ultima relazione sul 2012 ha dato un giudizio non sufficiente dell’iniziativa ricordando come vi siano esperienze estere cui guardare con attenzione. Un esempio recente è quello del Regno Unito. Nel 2006 il governo britannico stimava che circa la metà dei dipendenti privati fosse coperta dalla sola pensione pubblica. La Commissione Turner concluse che, per ridare slancio ai fondi pensione, sarebbe stato necessario rimettere mano alle regole che regolava l’adesione, allora volontaria e incentivata da agevolazioni fiscali generose. Sull’esempio di quanto già fatto negli Usa con i piani 401 K e in Nuova Zelanda con lo schema Kiwisaver, il governo inglese ha allora introdotto, con previsione di introduzione graduale dallo scorso ottobre, l’automatic enrolment ovvero l’adesione automatica. Le prime aziende a essere coinvolte sono quelle di maggiore dimensione, mentre le ultime saranno le piccole imprese e quelle nate nel periodo di transizione alla nuova disciplina. I nuovi assunti e i lavoratori che non hanno ancora aderito a un fondo pensione, con un’età tra 22 anni e l’età di pensionamento (65 anni per gli uomini e 61 per le donne) e un reddito superiore a 10 mila euro annui (8.105 sterline), saranno automaticamente iscritti o al fondo di riferimento dell’azienda o al nuovo schema a capitalizzazione, denominato Nest, gestito dallo Stato. Al lavoratore è garantita la possibilità di uscire dallo schema entro un mese dall’iscrizione. Il processo di adesione automatica si ripeterà ogni tre anni per i lavoratori che hanno deciso per l’uscita. La contribuzione è pari all’8% (il 3% a carico del datore di lavoro, il 4 a carico del lavoratore e il rimanente 1% a carico dello Stato sotto forma di agevolazioni fiscali). La platea degli individui interessati è di circa 9 milioni (di cui meno di un milione lavoratori pubblici). (riproduzione riservata)
Londra corre ai ripari
di Carlo Giuro