La redditività delle compagnia assicurative italiane è migliorata nel corso del 2012 tornando in positivo sia per il ramo vita che per il danni, come emerge dalla relazione annuale della Banca d’Italia, che riportiamo integralmente per la parte riguardante le compagnie di assicurazione.
La raccolta e le riserve tecniche.
La raccolta netta del ramo vita, dopo essersi pressoché annullata nel 2011, è divenuta negativa (-5,3 miliardi; fig. 18.2); le richieste di rimborso anticipato da parte dei sottoscrittori hanno continuato a registrare valori elevati. I riscatti netti si sono concentrati nel comparto delle polizze unit e index-linked (-9,2 miliardi), mentre la raccolta netta delle polizze rivalutabili, pur dimezzandosi, è stata positiva (6,2 miliardi). Nell’ultimo trimestre del 2012 e nei primi mesi dell’anno si è osservata una ripresa, favorita dal rialzo delle quotazioni sui mercati finanziari. Il ramo danni ha continuato a registrare un afflusso netto positivo (9,6 miliardi); il comparto della responsabilità civile automobilistica, pur continuando a risentire della debolezza della domanda, ha beneficiato dei primi effetti delle recenti riforme sugli oneri per sinistri (cfr. il capitolo 18: L’attività degli investitori istituzionali nella Relazione sull’anno 2011). I premi complessivi del settore assicurativo, al netto di oneri e rimborsi, sono stati pari a 4,3 miliardi.
Nonostante il deflusso di risorse, le riserve tecniche delle compagnie di assicurazione sono aumentate del 2 per cento, principalmente grazie ai rendimenti positivi della gestione finanziaria; alla fine del 2012 le riserve ammontavano a 426 miliardi nel ramo vita e a 60 miliardi nel ramo danni.
La quota dei premi del ramo vita raccolti attraverso gli sportelli bancari è diminuita, dal 55 al 49 per cento, a favore di quella dei promotori finanziari, passata dal 18 al 23 per cento. Nel ramo danni, dove la raccolta è svolta principalmente dalle agenzie, la quota delle reti bancarie è rimasta stabile al 3 per cento.
Gli investimenti.
La composizione degli attivi delle compagnie di assicurazione non ha registrato variazioni di rilievo. Con riferimento al ramo danni e ai prodotti tradizionali del ramo vita, gli investimenti in valori mobiliari rappresentano il 92 per cento delle attività a copertura delle riserve tecniche; la parte rimanente è investita principalmente in immobili, mentre la quota dei prestiti a imprese e famiglie è pressoché nulla. Il portafoglio è investito per il 66 per cento in titoli pubblici, in gran parte italiani; le obbligazioni del settore privato (soprattutto bancarie), i fondi comuni e i titoli azionari rappresentano, rispettivamente, il 24, il 5 e il 4 per cento del totale (cfr. tav. 18.3). La parte di attività investita in fondi mobiliari chiusi (tra cui i fondi di private equity e di venture capital) è inferiore all’1 per cento.
Rispetto agli altri paesi europei, l’investimento in titoli del settore privato è contenuto. Ciò riflette, in particolare, l’elevato peso dei titoli di Stato italiani, che hanno offerto rendimenti elevati a fronte di rischi ritenuti contenuti. La scarsa propensione a detenere attività meno liquide o con minor merito di credito può essere connessa, in alcuni casi, con la mancanza di adeguati presidi per il controllo e la gestione dei rischi. L’investimento in titoli privati non sembra invece particolarmente penalizzato da aspetti regolamentari: gli attuali requisiti patrimoniali, infatti, sono poco sensibili ai rischi connessi con la gestione degli attivi; inoltre, l’utilizzo del principio del costo nella valutazione delle attività consente di limitare l’impatto sul bilancio della volatilità dei prezzi.
La normativa sulle attività ammissibili a copertura delle riserve tecniche prevede alcuni limiti agli investimenti in titoli del settore privato. Tali soglie, tuttavia, sono in genere ampiamente superiori alle quote effettivamente detenute. Con riferimento ai rami danni e ai prodotti tradizionali del ramo vita, la normativa richiede che i titoli di debito (ad eccezione di quelli emessi da banche e assicurazioni residenti in un paese della UE) debbano poter essere negoziati in un mercato sufficientemente liquido.
I titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione devono possedere un rating di livello investment grade; quelli emessi da società di progetto (project bonds), inclusi tra le attività ammissibili solo dal 2012, non devono superare il 3 per cento delle riserve tecniche. Per le azioni e alcune tipologie di fondi non armonizzati è previsto un limite omplessivo del 35 per cento per il ramo vita e del 25 per il ramo danni. Gli investimenti in fondi chiusi mobiliari hanno un limite del 5 per cento. La normativa prevede vincoli specifici per gli attivi relativi a prodotti index e unit-linked.
La redditività.
La redditività delle compagnie italiane è migliorata rispetto al 2011, soprattutto per effetto delle plusvalenze sul portafoglio dei titoli di Stato. Il rapporto tra utili e patrimonio netto (ROE), in media negativo nel 2011 (-9 per cento per il ramo vita e -5 per il ramo danni), si è collocato su valori positivi (rispettivamente, 15 e 3 per cento). I principali indicatori di mercato, relativi alle sole compagnie quotate,
continuano tuttavia a risentire dell’incertezza delle prospettive economiche (cfr. Rapporto sulla stabilità finanziaria, n. 5, 2013).
L’impatto del prolungato periodo di bassi tassi di interesse sulla redditività della gestione è stato contenuto: sebbene la quota di polizze con remunerazione minima garantita sia elevata, larga parte degli attivi a copertura delle riserve tecniche è costituita da titoli di Stato italiani che offrono rendimenti generalmente maggiori di quelli garantiti ai sottoscrittori. Gli indici di solvibilità dei rami vita e danni sono rimasti su valori superiori ai requisiti regolamentari. Si è ridotto il numero di imprese che si sono avvalse delle misure anticrisi (12, contro 69 nel 2011), volte a sterilizzare l’impatto sui bilanci delle minusvalenze latenti sui titoli di Stato.
L’industria italiana.
Negli ultimi 15 anni il settore assicurativo ha assunto un ruolo significativo nell’industria del risparmio gestito italiano. Dal 1998 a oggi le riserve tecniche delle assicurazioni sono quadruplicate, a 486 miliardi; la quota del risparmio gestito riconducibile alle compagnie assicurative è aumentata dal 17 al 35 per cento.
Rimane inferiore a quella dei principali paesi europei. L’incidenza dei prodotti assicurativi sulla ricchezza finanziaria delle famiglie è pari al 12 per cento in Italia (era il 5 per cento nel 1998), contro il 33 in Francia e il 18 in Germania. Secondo la banca dati ISIS della società Bureau van Dijk, la quota delle compagnie appartenenti a gruppi italiani sugli attivi complessivi dell’industria assicurativa europea era pari nel 2011 al 9 per cento, contro il 23, il 21 e il 18 per cento, rispettivamente, dei gruppi francesi, inglesi e tedeschi.
In alcuni comparti l’industria può aver risentito della ridotta domanda di prodotti assicurativi, in parte riconducibile al basso grado di conoscenza dei prodotti finanziari da parte delle famiglie.
Lo scarso sviluppo dei mercati dei capitali, inoltre, può aver reso più costosa la gestione dei rischi derivanti dall’elevata durata finanziaria delle passività, penalizzando l’offerta di alcuni prodotti assicurativi. Negli ultimi anni, la strategia di raccolta delle banche, volta a orientare la clientela verso i propri prodotti, può non aver favorito il collocamento delle polizze di tipo finanziario.
L’industria assicurativa dei principali paesi europei si differenzia notevolmente in termini di offerta. In Italia, Francia e Germania le polizze tradizionali, che offrono ai sottoscrittori un rendimento minimo garantito, costituiscono il principale prodotto delle compagnie del ramo vita: nel 2011 tali polizze rappresentavano circa l’80 per cento dei premi lordi complessivi in ciascuno dei tre paesi. Nel Regno Unito il comparto principale è invece costituito dalle polizze index e unit-linked,
nelle quali il rischio finanziario è tipicamente a carico dell’assicurato. Differenze rilevanti si osservano anche per le polizze connesse con prodotti pensionistici: mentre in Italia rappresentano un comparto residuale, in Germania e nel Regno Unito costituiscono, rispettivamente, circa il 34 e l’84 per cento dei premi complessivi. Nel ramo danni, infine, l’industria italiana si caratterizza per il ruolo prevalente delle polizze sulla responsabilità civile automobilistica e per la dimensione contenuta degli altri rami (infortuni, malattia e danni alla proprietà).
Alla fine del 2012 le imprese di assicurazione italiane erano 135, di cui 52 operavano esclusivamente nel ramo vita, 69 nel ramo danni e 14 in entrambi i comparti.
Il grado di concentrazione dell’industria assicurativa italiana è elevato nel confronto europeo, in particolare per il ramo danni.
Nel 2012 in Italia la quota dei premi lordi del ramo danni riconducibile ai primi cinque gruppi rappresentava il 73 per cento del totale (69 nel 2011); sulla base delle informazioni disponibili nella banca dati ISIS, relative al 2011, in Francia, Regno Unito e Germania le quote corrispondenti erano, rispettivamente, il 47, il 50 e il 63 per cento. Nel ramo vita la quota dei premi lordi riferita ai primi cinque gruppi era pari al 70 per cento (63 nel 2011, contro, rispettivamente, il 55, il 58 e il 65 per cento in Francia, Germania e Regno Unito). Alla fine del 2011 il valore mediano degli attivi dei gruppi era 4,2 miliardi nel ramo vita e 502 milioni nel ramo danni; in Germania i corrispondenti valori erano 5,3 miliardi e 308 milioni, in Francia 7,6 miliardi e 977 milioni.
La presenza dei gruppi esteri in Italia è rilevante. Alla fine dello scorso anno nel territorio italiano erano attive 91 rappresentanze di imprese residenti in un altro paese membro della UE; 991 compagnie operavano in regime di libera prestazione dei servizi. Nel 2012 la raccolta effettuata da compagnie residenti controllate da gruppi assicurativi esteri è stata pari al 23 per cento del totale. Le quote maggiori facevano capo ai gruppi tedeschi e francesi.
Nel 2011, secondo la banca dati ISIS, il 23 per cento della raccolta delle imprese riconducibli a gruppi italiani è stata effettuata da società residenti in altri paesi europei. La quasi totalità della raccolta estera faceva capo al principale gruppo assicurativo nazionale (escludendo tale gruppo, la quota scende a circa il 2 per cento). Per i gruppi francesi, tedeschi e inglesi le quote corrispondenti erano, rispettivamente, il 29, il 25 e il 21 per cento.
Le banche svolgono un ruolo rilevante negli assetti proprietari delle assicurazioni italiane, sebbene inferiore a quello svolto negli altri settori del risparmio gestito (fondi comuni e gestioni patrimoniali). Nel 2012 gli attivi delle imprese controllate da gruppi bancari e finanziari nazionali rappresentavano il 19 per cento del totale. Più rilevante è il ruolo del settore bancario nella distribuzione dei prodotti assicurativi.
Sulla base di un’indagine condotta dalla Banca d’Italia, risulta che nel 2012 le banche hanno distribuito i prodotti di 150 compagnie, di cui quasi un terzo estere. Gli accordi di distribuzione riguardano in prevalenza banche e compagnie appartenenti al medesimo gruppo (56 per cento dei premi raccolti). È aumentata, tuttavia, la quota relativa a intermediari con rapporti partecipativi non di controllo o legati solo da accordi di distribuzione di tipo commerciale (rispettivamente, il 35 e il 9 per cento). I prodotti distribuiti per il tramite delle reti bancarie sono quasi interamente polizze vita (96 per cento, di cui il 53 tradizionali e il 27 unit-linked). Il rimanente 4 per cento riguarda prodotti del ramo danni, in prevalenza polizze su infortuni o danni alla proprietà.
Il 1° gennaio 2013, con decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) è succeduto all’Isvap in tutte le funzioni, le competenze e i poteri, al fine di assicurare la piena integrazione dell’attività di supervisione del settore assicurativo, anche attraverso un più stretto collegamento con la vigilanza bancaria. La presidenza dell’Ivass è affidata al Direttore generale della Banca d’Italia, mentre l’attività di amministrazione generale spetta al Consiglio, composto dal Presidente e da due Consiglieri. L’attività di indirizzo strategico e la competenza ad assumere provvedimenti a rilevanza esterna è attribuita al Direttorio integrato, costituito dal Direttorio della Banca d’Italia e dai due Consiglieri.