Edoardo Narduzzi
Sara è una compagnia di assicurazione un po’ diversa dalle altre. Posseduta a maggioranza dall’Aci, cioè l’ente pubblico che si occupa degli automobilisti, per molti anni ha vissuto la relativa tranquillità della rendita «monopolistica » assicurata da cotanto azionista. L’abbinata socio Aci-polizza Sara era facile da proporre e far sottoscrivere. Ma i mercati, tutti, cambiano e con essi la tenuta e la profittabilità anche delle stesse posizioni di vantaggio. Così, come spesso capita alle imprese non troppo sollecitate dalla concorrenza, negli anni Sara ha cominciato a declinare nelle sue performance, fino a diventare perfino un potenziale problema per l’Aci, a rischio di doverla ricapitalizzare. Lo stesso rischio, per esser chiari, che la Fondazione corre con la banca Mps. Così nel 2009 l’azionista pubblico è corso ai ripari. Ha preso dal mercato Alessandro Santoliquido, ex ad di Genialloyd, e gli ha affidato il mandato di ristrutturare la compagnia. Nel pubblico, un compito tutt’altro che facile. I soliti interessi ramificati non gradiscono troppo gli interventi manageriali chiamati a recuperare efficienza e a ridare redditività al capitale. I frenatori del cambiamento sono ramificati e anche ben organizzati, a tutti i livelli. Per questa ragione il turnover conseguito in Sara lascia ben sperare, soprattutto se proiettano a livello sistemico, visto che è l’intera macchina della spesa pubblica che è chiamata a riorganizzarsi e a recuperare produttività per poter restare nell’euro. Qualche numero su Sara. Nel biennio 2009-2010 ha perso circa 70 milioni di euro e, sempre nel 2009, aveva un combined ratio, il rapporto che misura la profi ttabilità per le assicurazioni dato dalla relazione tra i costi gestionali e quelli dei sinistri e i premi netti incassati, di 112,8%. In pratica ogni 100 lire di premi incassati Sara ne perdeva quasi 13 per la sua scarsa effi cienza gestionale. Nel 2012 lo stesso ratio scenderà sotto il 100%, mentre il budget prevede un utile netto di 22 mln, che seguono i 39 registrati nel 2011. Un pubblico che, nell’arco di tempo di un piano industriale triennale, è stato trasformato in una azienda produci- soldi per i suoi azionisti. Insomma un esempio concreto di come, con una buona strategia e con l’adeguata capacità manageriale, tutto è trasformabile e orientabile al risultato e al profi tto. In tempi di faticosa spending review e di decisioni da prendere in materia di valorizzazione del patrimonio pubblico per ridurre il debito, il piccolo esempio di Sara lascia ben sperare. Twitter @EdoNarduzzi