di Teresa Campo
Cala il valore dei patrimoni delle famiglie, i redditi sono sempre più insufficienti, la capacità di risparmio è ai minimi storici. È la fotografia della crisi economica quella scattata dall’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani- 2012, condotta dal Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo, basato su un sondaggio Doxa effettuato nel febbraio 2012 su un campione di 1.053 capifamiglia, correntisti bancari o postali. Ma non mancano alcuni spunti positivi: al perdurare della crisi le famiglie reagiscono sia controllando la spesa sia mettendosi alla ricerca di nuove entrate. Allo stesso modo il risparmio, oggi merce rara, è sempre più indirizzato alla protezione del futuro dei figli e all’integrazione della pensione. Più in dettaglio, lo studio evidenzia in primo luogo l’impatto della crisi sul tenore di vita degli italiani: l’incidenza di chi giudica sufficiente il reddito corrente, ai massimi del 71,7% nel 2002, l’anno dell’euro, oggi è sceso al minimo storico (45,7%), otto punti in meno rispetto al 53,4% del 2011. Giovani (-21,4% sul 2011), donne (-8,9%), esercenti e artigiani (-10,3%) i più colpiti. Nel 2011, inoltre, ha raggiunto il picco (12,5%) la quota di chi dichiara di avere un reddito del tutto insufficiente al mantenimento del tenore di vita, al punto che il 24,3%si è messo in cerca di un nuovo lavoro o di una fonte di entrate integrativa, con successo però solo in un caso su tre. Ma la crisi ha colpito anche chi dichiara entrate sufficienti. Da qui la riduzione dei consumi, in primis le spese per vacanze e tempo libero (68,3%) e per l’auto (il 36,9% ha rinunciato a comprarla o ne ha rinviato l’acquisto), e la minore capacità di risparmio, che nel 2012 ha segnato il record negativo: hanno toccato il 61,3% coloro che non riescono a mettere un po’ di soldi da parte (erano il 52,8% nel 2011). Ma con la crisi sono cambiate anche le motivazioni del risparmio. Scende l’acquisto della casa, che pesava per il 25,7% nel 2004, e per il 12,7% nel 2011. Nel 2012 è calata al 5,5% . Il 77,1% del campione comunque ha una casa di proprietà, quota relativamente poco sensibile al reddito, e che risulta elevata anche tra i giovani (52,8%). L’8,9% del campione ha comprato un immobile nell’ultimo anno e per il 6,4% si è trattato della prima casa. Nonostante gli inasprimenti fiscali, il saldo tra soddisfatti e insoddisfatti è pari all’80,8%, ossia il più elevato tra tutte le classi di investimento. Tocca invece il massimo il desiderio di risparmiare per i figli (il 19,5% risparmia per aiutarli, pagare loro gli studi o lasciare un’eredità) e per integrare la pensione (12,8% nel 2012 e 9,3% nel 2005), che solo il 20,5% prevede sarà sufficiente al momento di lasciare il lavoro. Certo, secondo il 47,3% del campione investire i risparmi è oggi più difficile perché è complicato valutare il rischio. Per questo, il primo obiettivo è la sicurezza (53% contro il 34% del 1988), seguita da rendimento immediato (16,6%) e liquidità (15,8%). Il 21,7% degli intervistati possiede obbligazioni, che si confermano il principale impiego finanziario degli italiani, in calo tuttavia rispetto al 24,6% del 2011: scendono dal 23,7 al 17,8% quanti le giudicano un investimento sempre sicuro mentre sale al 28,5% la quota di chi le trova molto rischiose. Stabile da cinque anni al 12,5% il peso di chi investe in azioni: sono soprattutto esperti che amministrano di persona e attivamente gli investimenti, laureati (32%), imprenditori e liberi professionisti (31,2%), che guadagnano più di 2.500 euro al mese (30,8%). Infine gli investitori nel risparmio gestito sono il 10,9%, in lieve calo sul 2011. (riproduzione riservata)