di Andrea Di Biase
Quel che è certo è che ieri, al termine di una giornata ricca di colpi di scena, l’assemblea di Premafin ha dato l’ok all’aumento di capitale da 400 milioni riservato a Unipol, incassando anche il via libera delle banche alla ristrutturazione del debito da 368 milioni, solo a condizione però che l’integrazione tra il gruppo bolognese e Fondiaria-Sai vada in porto. Tuttavia, quando ieri pomeriggio, poco dopo le 15, si è aperta l’assemblea della holding, il voto favorevole dei tre fratelli Ligresti (Jonella, Giulia e Paolo) all’aumento di capitale non era affatto scontato e sembrava possibile un nuovo slittamento dei lavori. Per almeno un paio d’ore, infatti, è mancato il quorum del 51% necessario ad approvare la delibera. All’apertura dell’assemblea era presente poco più del 25% del capitale: il 20% in portafoglio a Sinergia e Im.Co, rappresentate da Fausto Rapisarda, e il 5% detenuto da Vincente Bolloré, attraverso Veronica Laberenne, l’avvocato che rappresenta il finanziere bretone anche nel cda di Mediobanca. Mancava invece il 30% detenuto in quote paritetiche del 10% dai tre fratelli Ligresti attraverso le loro holding lussemburghesi. Jonella e Paolo, che nei giorni scorsi avevano fatto sapere di non voler rinunciare, come chiesto a Unipol dalla Consob, alla manleva e al diritto di recesso, non erano nemmeno presenti fisicamente. Così come non era presente, almeno in avvio di assemblea, nemmeno il presidente di Premafin, Giulia Ligresti, tanto che la prima parte dei lavori è stata condotta dal direttore generale Andrea Novarese. In quei frangenti, prima che i tre fratelli si presentassero in assemblea, dando poi il loro voto favorevole all’aumento di capitale, in molti hanno pensato che i Ligresti fossero dunque orientati a far mancare il numero legale in modo da prendere altro tempo per studiare soluzioni alternative a Unipol. Un pensiero, almeno in parte, vicino alla realtà, considerato che per gran parte della mattina la famiglia al completo, compreso dunque Salvatore Ligresti, è stata riunita nella sede di Banca Leonardo, alla presenza di Gerardo Braggiotti, per verificare quali fossero le reali intenzioni dei rappresentanti delle banche creditrici della holding, tra cui l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, in merito all’eventuale escussione del pegno sul 33% di FonSai, in caso di decadenza dell’accordo con Unipol. All’interno della famiglia ci sarebbe stato infatti chi sosteneva che, al di là di quanto messo nero su bianco nelle comunicazioni formali, i creditori non fossero realmente determinati a procedere all’escussione della garanzia e che per non accusare perdite sulla loro esposizione sarebbero state disponibili a dare il via libera alla ristrutturazione del debito anche nel caso in cui l’aumento Premafin fosse stato sottoscritto da un investitore terzo piuttosto che dal gruppo bolognese. Questa speranza si è tuttavia rivelata vana. Le banche hanno infatti condizionato la firma sull’accordo di ristrutturazione del debito, che dovrebbe essere posta oggi stesso, al fatto che si completi l’operazione di integrazione tra Unipol e FonSai. In caso contrario l’accordo perderebbe efficacia e i creditori potrebbero dunque procedere all’escussione della garanzia. Il piano di ristrutturazione del debito Premafin è inoltre condizionato al gradimento della stessa Unipol (che dovrebbe comunicare il suo nulla osta in giornata) e impone che, una volta ottenute le necessarie autorizzazioni da parte di Consob, Isvap e Antitrust, l’aumento della holding venga sottoscritto dai bolognesi entro il prossimo 20 luglio, anticipando dunque quanto previsto dalla delibera assembleare che indica nel 31 dicembre 2012 la data ultima entro cui procedere. La richiesta dei Ligresti, rifiutata dalle banche, di prendere in considerazione anche proposte alternative a quella di Unipol, così come l’invito fatto al cda di Premafin nel corso dell’assemblea dai rappresentanti delle holding di Jonella e Paolo Ligresti di approfondire comunque «proposte migliorative» rispetto a quella dei bolognesi, lascia dunque pensare che nei prossimi giorni possano emergere nuove offerte destinate a fornire alla società le risorse per seguire l’aumento di capitale di FonSai. Non per niente nei giorni scorsi Sator e Palladio si sono detti «disponibili a supportare Premafin nella individuazione di idonea istituzione finanziaria e/o investitore professionale, che si impegni a finanziare Premafin per la sottoscrizione della quota di propria spettanza dell’aumento di capitale in opzione» di FonSai. I Ligresti ritengono infatti che la decisione di Unipol di revocare in modo unilaterale la manleva concessa loro nonché a non garantire l’esercizio del diritto di recesso abbia fatto venire meno l’obbligo di esclusiva per Premafin previsto dall’accordo del 29 gennaio. Questa posizione si basa anche sul parere rilasciato nel corso dell’assemblea dell’avvocato Giorgio De Nova dopo la pubblicazione da parte di Unipol delle motivazioni alla base della decisione di procedere in modo unilaterale al ritiro di manleva e diritto di recesso (si veda box in pagina). Il parere di De Nova non rappresenta tuttavia la posizione ufficiale del cda di Premafin, che a questo punto potrebbe anche esprimersi in modo contrario rispetto alla posizione degli azionisti di riferimento della società. Sul punto Giulia Ligresti, in qualità di presidente di Premafin, ha fatto sapere che sottoporrà al cda le istanze avanzate da Paolo e Jonella in qualità di azionisti. «Mi impegno a sottoporre celermente al cda gli inviti che mi sono stati sottoposti dai due azionisti». Difficilmente però il ribaltone potrà avere successo, anche alla luce del muro eretto dalle banche. (riproduzione riservata)