di Carlotta Scozzari
Ci hanno già pensato gli analisti di Mediobanca a individuare la strada verso cui l’ad in pectore di Generali, Mario Greco, dovrà muoversi per scongiurare il tanto temuto aumento di capitale. Negli ambienti finanziari qualcuno sussurra che la ricapitalizzazione fosse già sul tavolo del precedente ad, Giovanni Perissinotto, silurato il 2 giugno, ma che i soci di riferimento – in particolare Mediobanca, che ha il 13,24% del gruppo triestino – fossero particolarmente riottosi. Così, ad aiutare Greco nell’ardua impresa, ci hanno pensato gli analisti di Piazzetta Cuccia, in uno studio su Generali in cui hanno reiterato la raccomandazione outperform con prezzo obiettivo di 15 euro (-0,49% a 9,205 euro la chiusura a Piazza Affari dell’8 giugno). «Anche se il mercato – osservano gli esperti dell’ufficio studi di Mediobanca – ha spesso speculato circa l’opportunità, o la necessità di rafforzare i margini di solvibilità attraverso un aumento, non crediamo che sia una priorità con le azioni che trattano ai minimi storici». Da ricordare, infatti, che le Generali in Borsa viaggiano su livelli che non si vedevano dagli anni ’90. Sta di fatto, però, che nel 2014, quandò scadrà l’opzione put sul 49% di Ppf ora in mano al finanziere ceco Petr Kellner, per la compagnia triestina si prospetta la possibilità di un esborso tra 2,5 e 3 miliardi. Una cifra che – ricordano gli analisti di Mediobanca – il vecchio management, nel corso di una conference call, aveva dichiarato di potere raccogliere anche con l’aiuto di private equity. «Piuttosto – affermano da Piazzetta Cuccia – crediamo in un’accelerazione del processo di cessione di asset». Tre i candidati a suo tempo individuati da Mediobanca: Migdal, già venduta a marzo, Bsi e le attività assicurative statunitensi. Anche gli analisti di Intermonte, appena saliti a outperform su Generali, credono che il rafforzamento patrimoniale sia la priorità sulla quale Greco dovrà concentrarsi. «Escludendo un aumento – ragionano gli esperti della Sim – abbiamo individuato alcune cessioni, prime fra tutte quella di Bsi e delle attività Usa, che potrebbero fruttare circa 2,3 miliardi». Ci sono poi, per Intermonte, altre operazioni meno semplici da attuare, che potrebbero favorire il processo di deleveraging, come la cessione di Vtb, per circa 300 milioni, e quella di alcune attività immobiliari per un totale di 13 miliardi.