Catia Barone
Milano «Per varie ragioni storiche, anche di carattere legislativo, gli enti previdenziali dei professionisti – al pari di alcuni “vecchi” fondi complementari – in passato hanno investito su singoli immobili, prevalentemente in Italia. Si tratta di un approccio arcaico al mercato del mattone, ormai decisamente da evitare, poiché rappresenta un’eccessiva concentrazione di rischio su un singolo bene». A parlare è Sergio Corbello, Presidente di Assoprevidenza, l’associazione senza fini di lucro che dal 1991 opera come centro tecnico nazionale di previdenza complementare. “Oggi, invece, sono disponibili strumenti collaudati e certamente più consoni per allocare il risparmio pensionistico nel mattone, come i fondi comuni di investimento immobiliare, che consentono la diversificazione, tipologica e territoriale, sgravando l’ente previdenziale anche dalla gestione amministrativa dei cespiti”. Lei quindi ritiene sbagliato che le Casse dei professionisti acquistino direttamente un palazzo o una casa. «Come dicevo, questa modalità di investimento rappresenta di per sé un accumulo di rischio. Non è poi detto che, all’occorrenza, un singolo palazzo sia facilmente vendibile. Nell’ambito della strategia di investimento della Cassa va soppesato il ruolo che può giocare l’impiego a carattere immobiliare e nel contesto di questa classe di investimento le diverse tipologie di fondo comune sono in grado di offrire un validissimo contributo. Con i
fondi la Cassa può agevolmente diversificare tra impieghi in Italia e all’estero, tra commerciale, abitativo, industriale e quant’altro ritenuto utile.» Cosa succederà quando i portafogli delle Casse dei professionisti saranno effettivamente sotto la vigilanza della Covip? «Il problema del controllo è, ovviamente, delicato per qualsiasi settore. Sottolineo, innanzitutto, l’importanza di rigorosi codici di autoregolamentazione dell’attività di investimento. Gli sforzi che in questa direzione sta compiendo l’Adepp – l’associazione che rappresenta le Casse sono, a mio avviso, encomiabili. La Covip, seppur francescanamente povera di risorse, ha assai ben operato nel comparto della previdenza complementare, ma le Casse, nel loro insieme, sono una realtà storica e organizzativa più complessa. Quello che va assolutamente evitato è una miriade di controllori – Commissione e Ministeri – che agiscano in ordine sparso: ciò non gioverebbe né alle Casse, né all’efficacia stessa dei controlli». Ai fondi pensione complementari consiglierebbe investimenti immobiliari? «Molti vecchi fondi vantano investimenti immobiliari, anche in misura eccedentaria e, quindi, da alleggerire. Diverso è il discorso dei cosiddetti fondi negoziali, costituiti dopo il 1993, che, allo stato, sono assolutamente carenti di impieghi a carattere immobiliare. In effetti la loro storia recente li ha condotti all’utilizzo iniziale, tramite gestori incaricati, di investimenti più semplici, quali azioni e obbligazioni di varia tipologia. Per essi il ricorso ad impieghi legati al mattone, secondo la modalità della sottoscrizione di quote di fondi comuni, opportunamente imposta loro dalla legge, è, a mio avviso, una necessità urgente, per meglio equilibrare i patrimoni ed accrescerne la diversificazione ». Qui a sinistra, Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza, l’associazione dei fondi pensione preesistenti