di Andrea Di Biase
Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo hanno colto al volo l’assist del custode giudiziario del 20% di Premafin in portafoglio ai due trust off-shore, che martedì ha intimato al cda della holding presieduta da Giulia Ligresti di riconvocare l’assemblea sull’aumento di capitale da 400 milioni riservato a Unipol in modo da prendere in considerazione anche altre offerte. Come annunciato nel corso dell’assemblea di mercoledì di Fondiaria-Sai, Sator e Palladio Finanziaria hanno presentato al cda della compagnia una nuova offerta che ricalca quella formulata lo scorso 8 giugno e lasciata cadere dopo la decisione dell’assemblea di Premafin del 12 luglio di procedere sulla strada dell’integrazione con il gruppo bolognese. Benché il cda della holding, che si riunirà oggi per valutare la richiesta del custode giudiziario Alessandro Della Chà, non abbia ancora deciso se riconvocare o meno l’assemblea, Arpe e Meneguzzo hanno comunque deciso di cogliere la palla al balzo, presentando subito una nuova offerta la cui validità è stata fissata al 10 agosto. Una data che non sembra casuale, considerato che nell’offerta recapitata al cda di FonSai, e per conoscenza anche al presidente di Premafin, Giulia Ligresti, ostentano una certa sicurezza sul fatto che entro il 10 agosto «si terrà l’assemblea straordinaria di Premafin convocata su richiesta del custode». Ma per quale ragione Sator e Palladio si sbilanciano in questo modo sulla data dell’assise, che formalmente non è ancora stata convocata? Secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, nei giorni scorsi alcuni esponenti dei due investitori si sarebbero incontrati con Della Chà, così come avrebbe incontrato il custode anche Paolo Ligresti. Quest’ultimo, titolare del 10% di Premafin attraverso la società lussemburghese Limbo Invest, proprio ieri ha chiesto al cda della holding di convocare senza indugio un’assemblea per nominare un nuovo consiglio di amministrazione. La richiesta del figlio di Salvatore Ligresti è motivata dal fatto che l’attuale cda «abbia compiuto scelte gestionali erronee e potenzialmente lesive degli interessi di Premafin» accettando la proposta di integrazione con Unipol. Proposta che Paolo Ligresti afferma di aver votato nell’assemblea del 12 giugno, solo perché costretto dalla «minaccia di escussione dei pegni» da parte di Unicredit e Mediobanca, ritenendo invece migliorativa per i soci di Premafin la proposta presentata l’8 giugno da Sator e Palladio. Sarà forse una coincidenza ma sia Della Chà sia Paolo Ligresti si sono mossi per dare una nuova possibilità ad Arpe e Meneguzzo. Ma che cosa prevede effettivamente l’offerta di Sator e Palladio? E soprattutto, i due investitori hanno le risorse finanziarie per ricapitalizzare e rilanciare FonSai? Il comunicato diramato ieri sera dai due fondi non offre grandi elementi per valutare. Le quattro pagine di cui è composta l’offerta (che tuttavia non è stata resa pubblica), compresa l’allegata comparazione, redatta dalla Vitale&Associati, tra la proposta di Unipol e quella dei due investitori, offrono qualche informazione in più, ma non chiariscono tuttavia se Sator e Palladio abbiano realmente i mezzi propri per coprire, senza fare ricorso al debito, l’ammontare dell’operazione. Nella sua struttura generale, l’offerta ricalca in tutto e per tutto quella presentata l’8 giugno, compresa la possibilità per Premafin e dunque per la famiglia Ligresti di rimanere azionista, con una quota compresa tra il 15 e il 22%, di Fondiaria-Sai. La proposta prevede dunque una ricapitalizzazione di FonSai da 800 milioni. Di questi, 400 verrebbero versati direttamente da Sator e Palladio, nell’ambito di un aumento di capitale riservato, che i due investitori intendono sottoscrivere mediante una società di nuova costituzione. Questa newco, che si finanzierebbe esclusivamente attraverso mezzi propri, non facendo ricorso quindi al debito, sottoscriverebbe le nuove azioni FonSai a un prezzo compreso tra 2 e 2,5 euro per azione. Gli altri 400 milioni dovrebbero venire versare dagli attuali azionisti di FonSai attraverso il classico aumento in opzione, ma a un prezzo di emissione delle nuove azioni pari alla metà di quello pagato da Sator e Palladio nell’aumento riservato. Arpe e Meneguzzo si sono inoltre impegnati a sottoscrivere, sempre tramite mezzi propri, la quota di propria competenza – circa l’8% – di questa tranche di ricapitalizzazione, mettendo così sul piatto altri 32 milioni. Come minino, dunque, i due investitori dovrebbero tirare fuori di tasca propria almeno 432 milioni. Risorse di cui anche nell’ultima versione dell’offerta non c’è evidenza concreta. Nel documento consegnato al cda di FonSai, Sator fa presente di avere «una residua capacità di investimento, nell’ambito del proprio fondo, pari a complessivi 360 milioni». Palladio sottolinea invece di avere «un patrimonio netto contabili al 31 dicembre 2011 pari a 455 milioni e a mezzi liquidi che, in aggiunta alla disponibilità manifestatale da un istituto finanziario di primario standing, le consente di disporre delle risorse finanziarie per sottoscrivere la parte di sua spettanza dell’aumento di capitale riservato». Affermazioni di fronte alle quali il cda di FonSai non può fare altro che decidere di fidarsi o non fidarsi, non solo perché Palladio non indica quale sia la banca pronta a fornirgli le risorse (sottoforma di equity? come finanziamento?), ma anche perché solo pochi giorni fa i due investitori avevano rifiutato la proposta della compagnia assicurativa di procedere a una due diligence incrociata, in modo da verificare le reali consistenze patrimoniali dei due fondi. Sator e Palladio si dicono pronti a fornire una garanzia bancaria pari all’importo dell’aumento riservato solo di fonte «alla sottoscrizione di un accordo di investimento vincolante. Nessuna garanzia, almeno in questa fase, sugli istituti disponibili a formare il consorzio di garanzia per l’aumento in opzione. Sator e Palladio ribadiscono solo di aver «ricevuto manifestazioni di interesse per una quota rilevante del rischio mercato ». (riproduzione riservata)