È ormai guerra aperta tra l’ad di Generali, Giovanni Perissinotto, e i consiglieri e soci che hanno deciso di sfiduciarlo in un cda straordinario in calendario per oggi che si preannuncia già infuocato. Al suo posto dovrebbe andare l’ex Allianz-Ras, Mario Greco. Portabandiera dei «cospiratori» il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, azionista al 3% del Leone, che già il 28 aprile aveva animato l’assemblea dei soci con una intervista al Corriere della Sera in cui chiedeva le dimissioni del manager.
Ieri Del Vecchio è tornato alla carica in una lettera di replica a quella di auto-difesa scritta dallo stesso Perissinotto, il quale accusava Mediobanca (primo socio di Generali al 13,24%) di volerlo fare fuori per non avere preso posizione a favore di Unipol nella battaglia su Fondiaria-Sai. «Ho letto con grande stupore ed amarezza la lettera di Perissinotto» attacca Del Vecchio secondo cui proprio da questa traspare che «già da tempo l’attuale ceo non è adeguato a gestire le Generali. Questo era già dimostrato più chiaramente dalla modestia dei risultati gestionali, dalla più che negativa percezione del mercato del suo operato e, più in generale, dalla totale mancanza di visione strategica. Invece di ammettere tutto ciò e dare le dimissioni – a chi peraltro lo ha nominato ceo dieci anni fa – getta discredito sui consiglieri e sugli azionisti. Considera i consiglieri sottoposti a un’influenza speciale da parte di Mediobanca, affermazione tanto grave quanto infondata. Avendo io fatto parte di quel consiglio (ha dato le dimissioni poco più di un anno fa, ndr) e avendo correnti rapporti con molti di loro posso testimoniare che la decisione di cambiare ceo è maturata in ciascuno con piena convinzione e indipendenza. Sono stato io – ammette Del Vecchio – insieme a Lorenzo Pellicioli (che nel cda di Generali è espressione del Gruppo De Agostini, socio al 2,43%, ndr) a rappresentare a Mediobanca l’urgenza del cambiamento e Alberto Nagel ne ha convenuto. La vicenda Fonsai/Unipol non c’entra nulla con la sfiducia a Perissinotto ed è tirata da lui in causa solo per coprire la mancanza di risultati accettabili». Un’affermazione, quest’ultima, che non sembra essere avvalorata da fonti vicine ad altri azionisti di Trieste, che spiegano che la questione Fonsai potrebbe avere giocato un ruolo decisivo.
Pare, comunque, che consiglieri e azionisti abbiano ragioni diverse per chiedere la testa del manager: chi si concentra di più sulla débâcle del titolo in Borsa (-43,8% la performance a 12 mesi nonostante il +3,35% a 8,49 di ieri, sui minimi di inizio anni ’90), chi sull’operazione Ppf, con l’annesso rischio di aumento di capitale per finanziare almeno parte dell’esborso fino a 3 miliardi per l’opzione put in mano al consigliere Petr Kellner. Anche quest’ultimo dovrebbe sostenere l’ad di Mediobanca Nagel, Del Vecchio, Pellicioli e il vicepresidente di Generali, Francesco Gaetano Caltagirone, nella richiesta di un cambio ai vertici del Leone. Il che dovrebbe tradursi in 11-12 consiglieri sui 17 totali contro l’attuale ceo. Meno delineata la posizione di Diego Della Valle, consigliere di Generali senza alcuna azione, già protagonista di un recente scontro con Mediobanca su Rcs.
Al posto di Perissinotto i grandi soci chiedono un manager esterno con esperienza internazionale; identikit che porta a Mario Greco. «In questi giorni – scherzano gli analisti di Exane – se sei in Italia e il tuo nome è Mario, potresti essere chiamato per missioni difficili». Secondo Exane se, da una parte, lì per lì il mercato dovrebbe apprezzare la scelta del nuovo manager, dall’altra, potrebbe essere «troppo presto per tornare sull’azione, poiché i fondamentali restano deboli e chiunque sia il nuovo ceo dovrebbe ancora risolvere il problema del capitale». Una ricapitalizzazione da 3,5 miliardi, fa notare Exane a titolo esemplificativo, porterebbe una diluizione degli azionisti del 22 per cento.
Diversa l’opinione di Intermonte, secondo cui «l’azione è a buon mercato» e i cambiamenti in arrivo potrebbero far scattare un re-rating speculativo. Secondo la Sim, per Generali, «non ci sono soluzioni magiche che il nuovo management possa implementare, anche se alcune iniziative finalizzate a spingere la redditività degli investimenti e a vendere alcune attività non-core potrebbero rappresentare un punto di inizio». Una pulizia, ad esempio, potrebbe partire dalla quota in Telco, la controllante di Telecom Italia.