NERINA DIRINDIN
Il Rapporto annuale dell’Istat descrive un paese in cui coesistono regioni (nel Nord) con livelli di benessere o inclusione sociale analoghi a quelli della Svezia e regioni (nel Sud) con rischi di povertà o esclusione prossimi a quelli della Romania. Le politiche sociali dei comuni non riescono a contrastare i divari, anche perché il Nord continua a destinare alla lotta alla povertà molto di più del Sud. Intanto il governo riduce i fondi per le politiche sociali, nonostante l’impegno, nell’ambito della Strategia Europa 2020, a far uscire dal rischio di povertà e di esclusione sociale almeno 2,2 milioni di persone entro il 2020.
Nel 2010 l’Unione Europea ha approvato la Strategia 2020 la quale delinea il nuovo modello di crescita che gli stati membri si impegnano a sviluppare. Costituisce un significativo passo avanti rispetto ai precedenti strumenti di coordinamento, soprattutto perché integra gli obiettivi di stabilità macroeconomica con obiettivi strategici in ambiti tematici selezionati per la loro capacità di promuovere una crescita intelligente (attraverso la conoscenza, la ricerca, l’innovazione), inclusiva (con meno povertà e una più ampia partecipazione al mondo del lavoro) e “sostenibile” (attenta all’uso delle risorse naturali). Sulla lotta alla povertà, la Strategia si propone, entro il 2020, di far uscire dalla condizione di rischio di povertà o di esclusione sociale almeno 20 milioni di persone, degli attuali 114 milioni.
L’indicatore selezionato per monitorare i progressi compiuti dai singoli stati è la quota di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale. Qual è la situazione del nostro Paese rispetto al resto dell’Unione? Il Rapporto annuale dell’Istat sulla situazione del paese nel 2010 ne fornisce una chiara fotografia.
Le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale sono in Italia 15 milioni, pari al 24,7 per cento: una percentuale più elevata non solo della media dei 17 paesi dell’area euro (21,2 per cento) ma anche della media dei 27 paesi dell’Unione Europea (23,1 per cento). Appare pertanto eccessivamente ottimistica l’affermazione contenuta nel Pnr secondo la quale “la situazione italiana non diverge in misura sostanziale dalla media dell’Unione Europea”. L’Italia occupa infatti la diciottesima posizione nella graduatoria dei 27 Stati membri in ordine crescente per rischio di povertà o esclusione, a grande distanza dai principali paesi con livello di sviluppo simile al nostro.
Il confronto con alcuni dei paesi sviluppati mostra una situazione ben più problematica: l’Italia presenta una più marcata diseguaglianza nella distribuzione del reddito e una più grave deprivazione materiale a carico dei più poveri. In confronto ad esempio alla Francia, la povertà relativa è più diffusa in Italia di oltre il 40 per cento (18,4 contro il 12,9 per cento). Inoltre in Italia le persone con gravi deprivazioni materiali sono (in percentuale sulla popolazione) il doppio del Regno Unito e della Spagna, il quadruplo della Svezia, un quarto in più di Francia e Germania. In particolare, sono soprattutto le famiglie in cui è presente un solo genitore e quelle in cui sono presenti almeno tre figli quelle che sperimentano le più gravi deprivazioni economiche.
La povertà si presenta con profonde differenze fra Nord e Sud del paese: nelle regioni settentrionali la percentuale di persone a rischio di povertà o esclusione è analoga a quella della Svezia e della Finlandia, ai primi posti nella graduatoria (14 per cento nel NordEst e 15,6 per cento nel NordOvest, con punte dell’11,1 per cento nel Trentino Alto Adige e del 13,4 per cento in Valle d’Aosta), mentre nelle regioni del Mezzogiorno la percentuale è prossima a quella della Romania e della Lettonia che occupano gli ultimi posti della graduatoria (44,4 per cento nelle Isole e 38,7 per cento nel Sud, con punte di 49,3 per cento in Sicilia e 42,7 per cento in Campania).
Se la povertà si concentra nelle regioni del Meridione, lo stesso non si può dire per gli interventi che dovrebbero contrastarla. Ne è conferma la recente pubblicazione dell’Istat sui servizi sociali offerti dai comuni (singoli e associati) nel 2008: per le politiche sociali, nelle regioni del Sud la spesa media pro capite è pari a 52 euro (di cui 6 per la lotta alla povertà), a fronte di una media nazionale di 111 (di cui 9 per il sostegno ai poveri) e una media nel NordEst di 155 euro.
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