Il danno da perdita di chance comprende la possibilità di diventare socio dell’azienda con cui si collabora.
Se un incidente automobilistico preclude alla vittima l’opportunità di proseguire le trattative avviate per acquisire il nuovo status, deve essere risarcita la perdita di questa chance.
Lo ha affermato il Tribunale di Piacenza, con sentenza dello scorso 24 maggio, nella quale ha riconosciuto un risarcimento di 15 mila euro a un agente assicuratore che, per effetto di un sinistro, non aveva potuto giocarsi la possibilità di diventare socio di un’agenzia dell’assicurazione con la quale collabora. Il giudice ha limitato la propria quantificazione in considerazione dell’età piuttosto avanzata della vittima dell’incidente (52 anni) e dello stadio embrionale delle trattative avviate per conseguire lo status di socio, terminate per effetto del sinistro.
D’altro lato la sentenza ha escluso la sussistenza di un danno patrimoniale futuro, perché per riconoscerlo sarebbe stato necessario ritenere le probabilità dell’acquisizione dello status, maggiori di quelle dell’esito negativo della trattativa. In mancanza di elementi per comparare queste probabilità, è rimasto sulla scena il danno da perdita di chance, e cioè (secondo il Tribunale, sulla scorta di Cass. n. 3999 del 2003) la «occasione favorevole di conseguire un risultato vantaggioso, sotto il profilo dell’incremento di un’utilità o della sua mancata diminuzione, e che ovviamente va distinta dalla mera aspettativa di fatto». Questo danno viene risarcito indipendentemente dalla dimostrazione che, la concreta utilizzazione della chance, avrebbe determinato il raggiungimento del risultato. La presunzione, la probabilità o la possibilità del risultato atteso incidono esclusivamente sulla quantificazione del danno.
Nel caso in esame si è trattato del pregiudizio derivante dalla preclusione della possibilità di conseguire il vantaggio di divenire socio. Un danno che il Tribunale ha ritenuto di poter liquidare in via equitativa in assenza di una specifica richiesta del danneggiato e degli elementi che ne provassero il preciso ammontare (sulla base dell’art. 1226 c.c. e delle sentenze della Corte di cassazione n. 20808 del 2010, n. 23846 del 2008 e n. 13241 del 2006). La chance, intesa come concreta e effettiva occasione di conseguire un bene, impone di provare, sia pure in via presuntiva e secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni presupposti per il raggiungimento del risultato sperato impedito da una condotta illecita. Di quella condotta il danno deve essere conseguenza diretta e immediata.
Nell’ottica del Tribunale la chance in senso stretto, ossia la possibilità di raggiungere il risultato sperato, è il danno emergente. Mentre il lucro cessante è il danno futuro derivante dalla definitiva perdita del bene desiderato.
In questo modo la sentenza ha dichiaratamente scelto un’interpretazione intermedia della nozione di chance, rispetto ai due indirizzi giurisprudenziali prevalenti. Da un lato un orientamento ritiene che la perdita di chance sia risarcibile a prescindere dalla probabilità di conseguire un vantaggio (precluso dall’evento negativo), probabilità che determina non la sussistenza del diritto al risarcimento ma esclusivamente la sua quantificazione. In questa ottica per accedere al risarcimento occorre prima provare il nesso causale tra lesione e perdita dell’opportunità favorevole, poi la ragionevole probabilità del verificarsi del danno inteso per l’appunto come perdita di chance.
Altro orientamento consente il risarcimento solo se l’occasione perduta presentava considerevoli possibilità di successo. In questa ottica la chance non costituisce un bene patrimoniale e ciò che si perde è esclusivamente il presupposto del conseguimento del bene desiderato.