I fondi pensione sono prudenti, ma fanno troppo trading. E’ quanto emerge dall’ultima relazione Covip. I prodotti previdenziali hanno retto alla crisi del debito: a loro carico solo una quota di titoli dei Pigs (Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo) dello 0,4%. Ma le loro gestioni sono ancora poco efficienti. La prima osservazione è che gli investimenti obbligazionari, che rappresentano la gran parte (70%) delle risorse gestite, sono caratterizzati da una duration molto limitata in
rapporto alla natura degli impegni (nel 2010 pari a 3,5 anni sia per i fondi pensione negoziali sia per i fondi pensione aperti). Anche se si tiene conto della componente azionaria in portafoglio, pari in media al 30% del capitale complessivo, per la quale non è prevista alcuna scadenza, il giudizio espresso sulle obbligazioni non muta sostanzialmente. In base all’età media degli aderenti ai fondi, circa 44 anni, le erogazioni per le prestazioni pensionistiche dovrebbero assumere valori di rilievo tra circa 20 anni. L’erogazione di prestazioni diverse da quelle pensionistiche (anticipazioni e riscatti) e la possibilità di trasferimenti non sono congrui con l’elevato divario oggi esistente tra la durata media degli investimenti finanziari e il periodo che intercorre tra l’adesione ai fondi e il collocamento a riposo. L’Autorità di Vigilanza ritiene quindi che sarebbe necessario estendere in misura significativa l’orizzonte temporale degli investimenti dei fondi anche per conseguire una migliore combinazione rischio-rendimento degli investimenti. Anche per le azioni l’allungamento del periodo di detenzione riduce il rischio. La contenuta duration degli investimenti obbligazionari accresce poi l’ammontare dei titoli in scadenza in ciascun anno e quindi quello degli acquisti, ovvero la cosiddetta velocità di rotazione del patrimonio (cosiddetto turnover di portafoglio) con una lievitazione dei costi di negoziazione a carico degli aderenti. Una vita media residua di quattro anni del portafoglio obbligazionario implica che in media ogni anno giunga a scadenza il 25% dei titoli in essere alla fine dell’esercizio precedente. La velocità di rotazione del capitale obbligazionario amministrato risulta allora superiore a quella che sarebbe spiegata dalla limitata duration. Ipotizzando una duration pari a 3,5 anni le scadenze e quindi le operazioni di reinvestimento ogni anno dovrebbero risultare di circa il 30% dei mezzi amministrati. L’indice di rotazione delle obbligazioni si attesta invece su valori superiori al 100% annuo sia per i fondi pensione aperti sia per i fondi pensione negoziali (valore del tutto analogo a quello che si rileva per i fondi comuni italiani). Ciò significa che nel giro di un anno tutto il capitale gestito viene cambiato attraverso operazioni di acquisto e vendita con una modalità gestionale più simile a quella che ci si attenderebbe da investitori che operano in un’ottica di breve periodo. (riproduzione riservata)