Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Il registro italiano dei titolari effettivi previsto dalle direttive n. 849/2015 e n. 843/2018 (quarta e quinta direttiva antiriciclaggio) non è ancora pienamente operativo, ma l’approvazione del nuovo regolamento europeo antiriciclaggio e della sesta direttiva da parte del Parlamento europeo, lo scorso 24 aprile, intervengono pesantemente sulla disciplina relativa al registro e, in particolare, sui temi oggetto dei ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato che avevano bloccato le comunicazioni dei titolari effettivi lo scorso dicembre. “I registri centrali delle informazioni sulla titolarità effettiva sono fondamentali per contrastare l’abuso dei soggetti giuridici e degli istituti giuridici”, riporta il testo della direttiva. Pertanto, gli stati membri devono provvedere a raccogliere le informazioni sulla titolarità effettiva dei soggetti giuridici, istituti giuridici, sugli accordi di nomina fiduciaria e (in casi specifici) sugli istituti giuridici stranieri. Le informazioni conservate nei registri centrali devono quindi essere accessibili in un formato facilmente utilizzabile e leggibile meccanicamente.
La crisi nel Mar Rosso colpisce le attività e i fatturati delle aziende, considerato che si tratta di una rotta in cui transita il 30% del traffico mondiale di container. Dall’inizio dell’anno, il numero di navi in transito nell’area è diminuito del 76%, mentre il volume delle spedizioni intorno al Capo di Buona Speranza è aumentato del 193%. Negli ultimi sei mesi, il fatturato delle aziende colpite dalla crisi del Mar Rosso è diminuito del 14,2% rispetto al semestre precedente mentre il 5,5% delle aziende è stato costretto a ridurre significativamente o addirittura a cancellare gli investimenti previsti per il 2024. L’aumento medio dei costi, stimato dalle aziende, è del +19% rispetto al periodo pre-crisi e i settori più interessati sono l’energia, la chimica, l’agroalimentare e la metallurgia. Il 30% delle aziende ha già preso in considerazione possibili alternative per evitare le difficoltà logistiche. Si tratta dello scenario delineato nel rapporto “La crisi nel Mar Rosso: effetti sulle imprese italiane e sul commercio internazionale” curato da Allianz Trade, realtà internazionale che opera nel campo dell’assicurazione crediti, specializzata in cauzioni, recuperi, credito commerciale strutturato e rischio politico.
Cresce il livello di benessere generale dell’Italia nonostante il calo della sicurezza percepita dai cittadini e la diminuzione dell’attenzione all’ambiente. Sono questi i dati emersi dall’ultimo rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) realizzato dall’Istat analizzando 152 indicatori che vanno dalla salute, all’istruzione, dal lavoro alla sicurezza, all’ambiente, innovazione, economia e politica, tanto per citare i principali. Un mare magnum di dati e informazioni capaci di delineare alcune tendenze fotografate dagli analisti dell’Istat. Si scopre così, per esempio, che nel 2023 poco più della metà degli indicatori ha segnato un miglioramento rispetto all’anno precedente, il 28,7% si è attestato su livelli peggiori e il 17,8% è risultato stabile.
I tassi di interesse dei mutui cominciano a scendere, anticipando la riduzione dei tassi di riferimento che la Bce (Banca centrale europea) potrebbe varare nei prossimi mesi, e le richieste nel primo trimestre dell’anno stanno crescendo. Attualmente la scelta più conveniente rimane il tasso fisso, anche se secondo le stime la rata di un prodotto a tasso variabile potrebbe diminuire di quasi 100 euro entro giugno 2025. È meglio comunque tenere presente che la discesa degli indici sarà molto più graduale rispetto all’aumento degli ultimi anni: a chi vuole abbattere la rata in tempi veloci potrebbe convenire optare per una surroga.
L’amministratore revocato dall’assemblea che non consegni ai condòmini le certificazioni relative agli impianti comuni risponde dei danni causati che, in mancanza di più precisi elementi, possono anche essere liquidati dal giudice in via equitativa. L’amministratore ha infatti l’obbligo di custodire e mantenere aggiornata la documentazione necessaria alla gestione dei beni e dei servizi comuni e di consegnarla al suo successore al termine dell’esecuzione del mandato che lo lega ai condòmini. Questo quanto deciso dal tribunale di Milano con la recente sentenza n. 3381, pubblicata lo scorso 8 aprile 2024.

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Nel primo trimestre di quest’anno, dicono i dati appena diffusi, ci sono state in media il 16% in meno di uscite, sia nel settore privato che in quello pubblico, sia per le pensioni di vecchiaia che anticipate. La spesa per pensioni in questi anni è cresciuta molto e, per questi motivi, ancora crescerà. Siamo all’incirca attorno al 15,5% del Pil. Saliremo al picco del 17% nel 2040. Poi comincerà la discesa. Prima lenta, dal 2044. Poi rapida – 16% nel 2050 e 13,9% nel 2070 – con la scomparsa dei baby boomer e dell’applicazione a tutti del sistema contributivo, per cui, al termine della vita lavorativa, prendi quanto hai versato. È la famosa gobba pensionistica. Ecco le cifre pubblicate dal governo nell’ultimo Def, il Documento di economia e finanza: 319 miliardi spesi per le pensioni lo scorso anno, 337 miliardi previsti per quest’anno. E poi ancora 345 miliardi nel 2025, 356 miliardi nel 2026 e 368 miliardi nel 2027. Parlandone in percentuale, siamo a un balzo del 5,8% quest’anno, poi del 2,4% nel 2025 e a seguire di circa un 3% all’anno.
A fare da zavorra alla previdenza complementare continua a pesare il lavoro “povero” – i salari medi in Italia in termini reali sono inferiori ai livelli del 2000 – la discontinuità dell’occupazione soprattutto per i più giovani e, non da ultimo, la percezione ancora lacunosa della necessità di integrare il reddito nell’età della pensione. Ancora oggi, infatti, il tasso di sostituzione – cioè il rapporto tra l’importo annuo della pensione è quello dell’ultima retribuzione – è pari all’81,5% per l’assegno previdenziale pubblico, una percentuale che secondo le simulazioni dell’European house-Ambrosetti potrà scendere fino al 67,6% nel 2050 per i lavoratori dipendenti. Tutto sommato, a guardare i numeri complessivi in questi trent’anni di fondi pensione (e Pip, i piani pensionistici individuali), il settore ha dimostratouna certa vitalità: a fine 2023 c’erano 10,7 milioni di posizioni aperte presso le varie forme previdenziali complementari, per un totale di 9,6 milioni di iscritti (alcuni partecipano a più forme di previdenza privata). Numeri in crescita del 4% rispetto all’anno prima e pari a circa il 36,2% del bacino potenziale di iscritti: rispetto al 2013, il numero degli iscritti è salito del 72,5%
Per Vavassori (Amundi Sgr) l’attuale incentivo è troppo basso, andrebbe aumentato e parametrato al reddito. Secondo Lattanzi (Arca Fondi Sgr), la scarsa informazione al pubblico rappresenta il vero ostacolo alla diffusione del terzo pilastro
Un pensionato su tre percepisce meno di 1.000 euro al mese. La previdenza pubblica non potrà da sola sostenere il tasso di sostituzione attuale. Il sistema previdenziale italiano deve inoltre fronteggiare l’“inverno demografico”: l’Italia è ultima in Europa per tasso di natalità e la quota di persone in età lavorativa si ridurrà di 4,4 milioni già al 2035. La fotografia scattata dallo studio “Il ruolo dei fondi pensione negoziali nel rinnovato contesto macroeconomico e sociale del sistema-Paese”, realizzato da The European House Ambrosetti con Fondo Perseo Sirio, parla chiaro: se si desidera mantenere il medesimo tenore di vita dopo la pensione, è fondamentale integrarla. «Chi ha 30-40 anni non percepisce grande valore nel destinare 200 euro al mese a un investimento previdenziale, dovendo rinunciare a qualcosa oggi – commenta Andrea Novelli, amministratore delegato di Poste Vita – E il tasso di abbandono è alto: secondoCovip solo il 26% paga con continuità i contributi».
Le indagini sul livello di alfabetizzazione finanziaria in Italia sono purtroppo impietose. Ed è per questo che, nell’ambito di una riflessione sulla previdenza – ma lo stesso si potrebbe dire per la salute o la prevenzione – è imprescindibile allargare lo sguardo alla diffusione di una maggior consapevolezza nella popolazione. L’anno scorso la Banca d’Italia ha chiuso la sua indagine triennale. Rispetto al 2020, il punteggio dell’alfabetizzazione finanziaria degli italiani è migliorato (da 10,2 a 10,6, su 20 punti totali). Grazie soprattutto alle componenti del «comportamento » e dell’«atteggiamento». Gli italiani hanno migliorato la capacità di gestire le risorse finanziarie (fissare obiettivi, esser puntuali nei pagamenti) e l’orientamento al risparmio, ma – nonostante l’ondata inflattiva sperimentata – hanno addirittura peggiorato la familiarità con concetti quali inflazione, tasso di interesse, diversificazione del rischio.
I tempi difficili per la raccolta del risparmio gestito non sono finiti. Secondo Assogestioni, la raccolta netta complessiva nei primi tre mesi del 2024 è stata negativa per 4,6 miliardi, dopo la caduta record di 49,6 miliardi dell’intero 2023. Le ragioni sono note: il repentino aumento dei tassi d’interesse del 2022 ha consigliato a molti risparmiatori di uscire dai prodotti gestiti per entrare nei più appetibili titoli di Stato, non soltanto italiani. Recentemente, hanno avuto successo anche i fondi obbligazionari, la cui raccolta netta è cresciuta di 16,5 miliardi tra gennaio e marzo. Questi strumenti dovrebbero trarre vantaggio sia dagli attuali alti tassi dei bond che dalla probabile loro futura discesa, che consentirà guadagni in conto capitale.
La ricerca PwC Italia e Nedcommunity mostra una bassa diffusione delle funzioni di risk management. Il 42% delle imprese italiane non ha al proprio interno una funzione di risk management, cioè il capo del team che esercita i controlli di secondo livello su tutti i principali rischi aziendali, avendo partecipato alla definizione dei limiti per ogni rischio significativo a cui l’azienda è esposta. E ancora, il 55% delle società non inserisce la gestione dei rischi tra i parametri di valutazione delle performance conseguite dai dirigenti e, laddove esiste la figura di risk manager, quest’ultimo solo in quattro casi su dieci riporta direttamente al ceo.
Nel dicembre scorso il tasso di default medio delle imprese italiane è risalito al 2,39%. Più precisamente il 2023 si è chiuso con un tasso del 2,49% per le imprese individuali, dell’1,62% per le società di persone e del 2,58% per le società di capitali. Sono questi i dati contenuti nella più recente indagine di Crif Ratings, l’agenzia di rating del gruppo Crif, che prevede che nel 2024 il tasso di default delle società di capitali aumenti fino al 3,5%. L’inversione di tendenza si era già materializzata a partire dal 2022, con un trend di lenta ma costante crescita. Il minimo risale invece a fine 2021, quando le misure di sostegno governative in risposta alla pandemia di Covid-19 avevano drasticamente ridotto la sofferenza finanziaria delle imprese.

Sovraccapacità produttiva: per l’industria dell’auto sembrava un problema superato. Per tre anni la domanda di veicoli ha superato l’offerta delle fabbriche, ridotta prima per il blocco della pandemia, poi dalla carenza di chip, infine dalle difficoltà logistiche. In questo arco di tempo le case hanno avuto buon gioco ad alzare i prezzi, registrando profitti record. Fra dividendi e buyback, così, la sola Stellantis ha versato ai suoi azionisti 23 miliardi fra 2021 e 2024.
Si constata la nuova frenata in Italia dell’auto green. Le vetture elettriche in aprile hanno registrato un calo del 20,5% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. La quota di mercato, ha evidenziato il presidente di Motus-E, Fabio Pressi, è «scivolata al 2,3% dal 3,2% dell’aprile 2023». Nel primo quadrimestre 2024 «le vetture elettriche immatricolate sono state in totale 16 mila 402, in calo del 19,4% rispetto allo stesso periodo del 2023, con una quota pari al 2,8% che si confronta con il 3,7% dei primi quattro mesi dell’anno scorso». Al 30 aprile il parco circolante elettrico italiano «si attesta così a 234 mila 478 auto». Dati che mostrano ancora una volta l’urgenza di rendere operativi i nuovi incentivi: perciò, sottolinea Pressi, «è del tutto naturale che cittadini e imprese rinviino i propri acquisti per beneficiare di agevolazioni più convenienti».
Davanti al bancone, dentro il negozio una volta la richiesta del cliente era di una nuova sim o il contratto per avere la fibra a casa. Invece adesso il menù di offerte prevede l’accensione di contratti per la fornitura di luce e gas, oltre a diverse polizze assicurative per garantire i viaggi o la protezione dai furti in abitazione. Fino alla novità dei prossimi giorni, che l’Economia è in grado di anticipare: una copertura chiamata Micio e Fido, naturalmente dedicata a cani e gatti con il rimborso delle spese veterinarie in caso di ricovero dell’animale per malattia o infortunio e una consulenza telefonica. A lanciare quest’ultima iniziativa, senza contare le precedenti, è WindTre, l’azienda di telecomunicazioni nata dalla fusione Wind-H3G. Che punta sulla presenza fisica al fianco dei clienti: negozi e consulenti formati per questi servizi nuovi.
Come ha messo in luce un recente Rapporto europeo, una digitalizzazione gestita bene può ridurre i rischi professionali e creare nuove opportunità per migliorare le condizioni di lavoro. Il Rapporto fa molti esempi che riguardano l’uso dei robot collaborativi, i sensori per la sicurezza, i dispositivi indossabili. Anche i cantieri, spesso teatro d’infortuni mortali, possono essere resi più sicuri con i nuovi dispositivi di protezione delle persone: giubbotti, caschi, guanti e scarpe su cui vengono montati sensori collegati ad altri strumenti, come gli smartphone, che rilevano e registrano i dati all’istante, anche senza l’intervento umano. Sono tecnologie che potrebbero dare un prezioso contributo ai controlli antinfortunistici, permettendo ai responsabili d’intervenire in modo più tempestivo e mirato là dove i controlli servono di più.