Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Se il presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi avesse saputo a che cosa il Paese sarebbe andato incontro decenni dopo, forse quel decreto luogotenenziale del marzo 1945, firmato da Umberto di Savoia, che faceva le veci di suo padre Vittorio Emanuele III, non avrebbe mai visto la luce. E oggi quello delle pensioni sarebbe tutto un altro film.Perché il baco nel sistema previdenziale italiano viene introdotto con quel provvedimento del quale si fatica a comprendere la ragione, considerando che la guerra non è ancora finita e nessuno è in grado di dire che cosa potrà accadere di lì a poco. Eppure il secondo governo Bonomi decide che è il momento di una riforma delle pensioni. Da quel momento il sistema a «capitalizzazione», per cui le pensioni si pagano con i contributi investiti (che quindi danno un rendimento e crescono), sarà parzialmente sostituito da un sistema a «ripartizione», per cui le pensioni si pagano invece con i contributi versati da chi lavora. Che non vengono investiti e non rendono nulla.
Avviso urgente a chi entra oggi nel mondo del lavoro: quando sarà il vostro turno di andare in pensione potrebbe non esserci più nessuno che ve la paga. E questo a prescindere dai vari meccanismi di uscita dal mercato del lavoro, come la «quota 103, che è quota 41 con il vincolo dei 62 anni di età» di recente sbandierata dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, il cui obiettivo «è e resta quota 41 per tutti entro fine legislatura». Calcoli che potrebbero rivelarsi vani dopo l’allarme rosso lanciato dall’Istat: nel 2022, per la prima volta dall’unità d’Italia, i nuovi nati nel Paese sono stati meno di 400 mila, e nemmeno l’arrivo di persone dall’estero riesce più a compensare la discesa verticale della popolazione, provocata dalle troppe morti a fronte delle poche nascite. Nel 2050, stimano le Nazioni Unite, in Italia ci saranno poco più di 52 milioni di persone, l’11% in meno rispetto a oggi: e con l’aumento dell’età media (nel Paese è di 46,5 anni, nel mondo più alta ce l’hanno solo Giappone e Germania) il quadro per il mondo del lavoro è dei più foschi: è previsto che per ogni pensionato ci sarà un solo lavoratore. Un sistema previdenziale pubblico è sostenibile se il rapporto è di 1,5 lavoratori a pensionato. L’Italia è già scesa sotto, e naviga intorno a 1,42.
Si consideri il caso di un lavoratore di 45 anni, in azienda da quando ne ha 30, con un contratto a tempo indeterminato e la prospettiva di andare in pensione a 65 anni. Di pensioni ha sentito parlare solo in merito all’assegno Inps, con frasi standard tra colleghi del tipo «sarà troppo basso», «bisognerà abituarsi a fare sacrifici» o magari andarsene in Portogallo, meta prediletta per tanti pensionati del resto d’Europa per via del fisco favorevole e del costo della vita mediamente più basso che in Italia.
Asettembre con la Nota di aggiornamento del Def si capirà quali spazi ci saranno per un pacchetto previdenziale da introdurre nella prossima manovra. E’ verosimile che possa essere varata qualche misura di flessibilità in uscita considerando il venire meno a fine anno di Quota 103, Opzione donna e Ape sociale. In attesa di capire quali saranno le riforme, ecco una mappa dei canali di pensionamento disponibili oggi. A partire dalle formule base delle pensioni di vecchiaia e anzianità
Un altro incontro per il salvataggio di Eurovita c’è stato la settimana del 1 maggio. Un confronto nel quale «si sono fatti passi avanti, ma non ancora risolutivi» hanno riferito i partecipanti. Ma la vera novità per la messa in sicurezza della compagnia Vita, finita in amministrazione straordinaria è che in questi giorni sono scesi in campo gli advisor per tentare di sbrogliare la matassa prima del 30 giugno, quando terminerà anche il nuovo congelamento dei riscatti delle polizze deciso di Ivass
Nel ramo Rc Auto i primi cinque gruppi italiani hanno in mano più del 70% del mercato, con Unipol saldamente in testa grazie ad una quota di oltre il 23%, seguita in ordine da Generali, Allianz, Axa e Reale. Ma ci sono altre società che si stanno facendo spazio, a partire da Prima Assicurazioni (tecnicamente una mga, ovvero un’agenzia) che in un mercato Rc Auto che nel 2022 è stato stazionario, con i premi in flessione dell’1%, a 12,5 miliardi, ha visto crescere i volumi delle società di cui distribuisce le polizze, ovvero Great Lake, del gruppo Munich Re, e Iptiq Emea, rispettivamente del 24,8% e del 75,6%. Complessivamente la società guidata da George Ottahycal, che alla distribuzione online delle polizze ha affiancato da qualche tempo le reti di intermediari, è arrivata quindi a gestire una quota di mercato Rc Auto del 3,15%, piazzandosi così nella top ten del mercato.
Il decreto Omnibus adottato dal Consiglio dei Ministri il 4 maggio -che stabilisce tra l’altro la decadenza dei vertici d’Inps e Inail e commissaria tali enti con la motivazione della revisione della loro governance, decisione che già si è prestata a rilievi di vario tipo- contiene una norma che introduce la possibilità per gli statuti delle società quotate di prevedere che un cda uscente presenti una propria lista di candidati per l’elezione dei nuovi componenti del consiglio stesso. Occorre osservare i requisiti che devono possedere gli eletti, nonché l’equilibrio di genere e l’indipendenza di uno o due componenti. La lista dovrà essere presentata 40 giorni prima dell’assemblea.
Nella City milanese è ripreso il gioco sullo scacchiere Mediobanca-Generali. A innescarlo è stata la conferma dell’ascesa di Francesco Gaetano Caltagirone nel capitale di Piazzetta Cuccia al 9,9%, dopo i rumors rivelati lo scorso ottobre da MF-Milano Finanza. La mossa arriva mentre nella banca d’affari milanese è appena partito il complesso iter per la presentazione della «lista del cda» in vista del rinnovo del board all’assemblea del 28 ottobre. E che ora potrebbe essere influenzato in maniera rilevante da alcune decisioni tra Palazzo Chigi e Parlamento, proprio relative alle «liste del cda».
Il piano di accumulo del capitale proposto da Allianz si affida alla gestione separata Vitarif e garantisce il capitale
Pensioni in salvo dalla maggiorazione del taglio del cuneo. Lo sgravio dell’80% delle trattenute contributive dei dipendenti (l’aliquota ordinaria del 9,19% è ridotta del 6-7%), infatti, non ha conseguenze negative sulla maturazione del futuro assegno pensionistico. Lo precisa l’art. 39 del dl legge 48/2023, pubblicato nella G.U. 103/2023 ed entrato in vigore ieri, che introduce la maggiorazione del 4% per il secondo semestre 2023 dell’esonero contributivo già operativo a favore dei dipendenti, pubblici e privati, e pari al 3% se la paga mensile non supera 1.923 euro (25mila euro annui) e al 2% se eccedente ma fino a 2.692 euro (35mila euro annui). Da luglio a dicembre, pertanto, lo sconto salirà, rispettivamente, al 7% (mensile fino a 1.923 euro) e al 6% (mensile oltre 1.923 fino a 2.692 euro). A chi ha la retribuzione mensile di 1.700 euro, per esempio, lo sconto, che si trasforma in aumento netto della busta paga, passerà dagli attuali 51 euro, validi fino a giugno, a 119 euro mensili.
Arrivano 34 nuovi alert in materia di antiriciclaggio. Dalle criptovalute alla raccolta di finanziamenti tramite crowdfunding o peer to peer lending (prestiti tra privati), dalle cessioni dei crediti alle persone politicamente esposte, sono tanti i nuovi indicatori di anomalia (declinati in subindici) che vanno a ridisegnare gli elementi finora utilizzati (gli indicatori attualmente in vigore sono del 2010) da intermediari, operatori non economici e professionisti per tracciare comportamenti riconducibili al riciclaggio di denaro e dunque segnalarli all’Unità di informazione finanziaria (Uif), la sezione di Banca d’Italia dedicata a queste attività. ItaliaOggi anticipa i contenuti del documento Uif che sarà licenziato settimana prossima ed è in fase di ultimazione per un ultimo giro di osservazione degli Ordini e degli intermediari coinvolti.
Con la legge sull’equo compenso (legge 49/2023 pubblicata ieri sulla Gazzetta Ufficiale di ieri) dal 20 maggio cambiano alcuni elementi cardine dei rapporti tra professionisti e committenti. La platea interessata comprende sia professionisti collegiati (cioè con ordini o collegi), sia quelli organizzati in registri, elenchi e associazioni (legge 4/2013). Una serie di previsioni riguarda i rapporti economici tra professionisti e committenti “forti”, intendendo per tali banche, assicurazioni, pubbliche amministrazioni, società partecipate, nonché imprese che abbiano impiegato più di 50 dipendenti ovvero conseguito ricavi superiori ai 10 milioni di euro nell’anno precedente al conferimento dell’incarico professionale (articolo 2, commi 1 e 3, della legge sull’equo compenso). Restano, invece, escluse le società di cartolarizzazione e gli agenti della riscossione: per i professionisti in rapporto con questi ultimi si prevede, comunque, che il compenso sia «adeguato».
In più di 2 casi su 3 i sinistri nel settore sanitario (medmal) si chiudono senza responsabilità per la struttura o per il professionista. È quanto è emerso dall’imponente lavoro realizzato per la prima volta da Aon, azienda leader nel brokeraggio assicurativo e nella consulenza dei rischi a livello mondiale, che è stato illustrato il 3 maggio al ministero della Salute. Secondo quanto riportato dalla prima edizione dell’Osservatorio Aon Rischi in Sanità – Healthcare Claims Trends, nei 10 anni esaminati, il costo totale dei sinistri ha raggiunto 1,4 miliardi di euro, di cui il 32% afferente ai sinistri liquidati e il 68% a quelli riservati. I sinistri pagati rappresentano il 31% dei sinistri chiusi e il restante 69% è dato da sinistri senza seguito, un dato in crescita.
L’alta inflazione e il rapido rialzo della curva dei tassi di interesse privi di rischio si sono riflessi sull’indice di solvibilità medio delle compagnie italiane, che fra giugno e dicembre del 2022 è passato dal 257 al 249%, rimanendo comunque su livelli elevati, prossimi alla media europea (261% a settembre del 2022). A dirlo è il Rapporto sulla Stabilità finanziaria della Banca d’Italia (1/2023) che mette in evidenza le difficoltà del settore assicurativo di fronte alla nuova sfida del rialzo dei tassi che per la sua impetuosità ha messo a dura prova le compagnie. La flessione è stata guidata dall’incremento del requisito patrimoniale, riconducibile all’aumentata esposizione ai rischi di tasso di interesse e di estinzione anticipata dei contratti vita. Secondo simulazioni dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), che utilizzano scenari in linea con gli shock degli stress test bancari attualmente condotti dall’Autorità bancaria europea (European Banking Authority, EBA) e dalla BCE20, ulteriori rialzi della curva dei tassi potrebbero comportare per il comparto vita un calo medio dei fondi propri del 7 per cento.
Un nuovo incontro per trovare la cosiddetta quadra sul salvataggio di Eurovita è atteso per la prossima settimana, e si spera che non ci siano nuovi colpi di scena come nel caso dell’appuntamento fissato al Mef per il 20 aprile che è stato disdetto poche ore prima. Questo è quanto risulta a Plus24 al momento in cui si scrive (giovedì 4 maggio). Sempre secondo indiscrezioni il caso è seguito da molto vicino, oltre che dall’Ivass, anche dalla Banca d’Italia, oltre che dal Mef e dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Come già scritto da Plus24, allo studio si profila la soluzione “spezzatino”, con i cinque grandi gruppi assicurativi che rileveranno i contratti e il personale di Eurovita, mentre le banche collocatrici dei prodotti della compagnia dovrebbero intervenire (ma è d’obbligo il condizionale) a salvaguardia di fronte a eventuali riscatti. L’accordo è ora da raggiungere tra assicurazioni e banche, sulla base di uno schema da perfezionare.
La trasparenza non basta. La commissaria Ue, Mairead McGuinness non demorde. E se nella prossima proposta sulla retail investment strategy non ci sarà il ban tout court degli inducement, comunque non ci sarà spazio per un compromesso al ribasso. Intanto c’è stato un altro slittamento di qualche settimana della presentazione della proposta (si parla ora del prossimo 24 maggio), ma questo non ha impedito la settimana scorsa alla commissaria di fissare i suoi paletti. Nei mesi scorsi sono stati infatti molti gli interventi degli stati per evitare un cambio brusco del modello attuale per la retribuzione dei consulenti finanziari, in larga parte basato sul pagamento di retrocessioni da parte delle case prodotto. Lo scorso 28 aprile, in un discorso nell’ambito dell’incontro informale dei ministri delle Finanze, la Commissaria ha messo in chiaro le sue intenzioni: «Anche se non proponiamo ora un divieto su tutti gli incentivi, ciò non significa che il settore finanziario abbia via libera. Nella proposta di legislazione ci sarà una forte clausola di revisione. E questo ci permetterà di introdurre un divieto totale di incentivi in una fase successiva, se necessario». E più nel concreto ha spiegato: «Chi di voi opera in questo settore potrebbe dover ripensare alcuni dei propri modelli e pratiche commerciali, in modo da garantire ai consumatori un trattamento più equo».
Una serie di fattori tra i quali in primis una fiscalità agevolata (la riduzione dal 26 al 20% delle imposte sui rendimenti e l’estensione della qualifica di investitore professionale di diritto privato) potrebbero aumentare l’appeal dell’investimento in economia reale per le Casse di Previdenza. Da anni si parla di ampliare la tipologia di soggetti istituzionali presenti su questo mercato delle Pmi quotate con una filosofia di investimento a medio-lungo termine. C’è chi è più avanti di altri. Per esempio Cassa Forense investe circa il 46% in Italia anche con fondi aperti e fondi chiusi anche in prodotti a sostegno delle piccole e medie aziende. A guardare la ripartizione degli asset del patrimonio delle Casse di previdenza (108 miliardi in crescita del 64% rispetto ai 65,6 miliardi del 2013) secondo qualcuno lo spazio di manovra sarebbe maggiore. Nel 2021 gli investimenti in azioni ammontavano a 20,6 miliardi, di cui la componente azionaria diretta (7,8 miliardi) costituisce il 38% (7,2% del patrimonio complessivo), mentre la parte azionaria dei fondi di investimento (12,8 miliardi) è il 62% (11,9% del patrimonio).