Avvocati in «retromarcia», complice (verosimilmente) il reclutamento di professionisti nella Pubblica amministrazione, che sta avvenendo nel quadro del Pnrr: dal 1° gennaio al 31 marzo, infatti, ci sono stati 2.336 provvedimenti di cancellazione dalla Cassa forense, cui se ne aggiungono 293 recentemente deliberati, portando gli associati a circa 237.000, dai 240.000 del 2022. E, sebbene bisognerà attendere la fine dell’anno per avere un quadro preciso sull’andamento della platea, tenendo conto delle nuove iscrizioni di legali (che potrebbero, dunque, far risalire il numero complessivo), il fenomeno di quanti scelgono di abbandonare l’attività autonoma induce a riflettere (anche) sulle occasioni che deriverebbero dall’implementazione di altri percorsi lavorativi, giacché «l’ambito di espansione risiede prevalentemente nell’area stragiudiziale e nella consulenza» alla clientela.
Le banche italiane chiedono al Governo di anticipare un pezzo della riforma fiscale. In un documento approvato ieri dal Consiglio dell’associazione e che in serata è stato portato a Palazzo Chigi si legge che, visti i tempi lunghi di attuazione della delega, converrebbe «attivare fin da subito i provvedimenti fiscali e le semplificazioni che più direttamente influenzano l’operato delle imprese col chiaro obiettivo di stimolarne la crescita». I banchieri italiani hanno presentato anche la proposta di riforma della tassazione dei rendimenti delle attività finanziarie che, quindi, «dovrebbe essere caratterizzata da una intonazione incentivante allo sviluppo. La tassazione, infatti, è un fattore che incide in maniera profonda sull’allocazione del risparmio e sulle scelte di investimento. Occorrono sforzi per attrarre (senza obbligare) strutturalmente nell’economia l’elevata liquidità accumulata in questi anni grazie ai risparmi degli italiani e, al contempo, per incentivare l’afflusso di capitali esteri». La proposta di palazzo Altieri è quindi «quella di prevedere una tassazione inferiore per il risparmio investito nel medio/lungo periodo rispetto ad operazioni speculative di breve o brevissimo termine».
È un lungo autunno produttivo quello che caratterizza il settore automotive in Italia, con volumi che, al netto del biennio 2017-2018, sono rimasti sotto la soglia del milione di autoveicoli – autovetture e commerciali leggeri – considerata fisiologica per tenere in piedi la filiera italiana. L’anno scorso le auto prodotte in Italia sono state meno di mezzo milione (473mila), fino a vent’anni fa erano tre volte tanto, con un dimezzamento dei volumi nell’ultimo decennio. Il trend quest’anno sembra in leggero miglioramento, con il primo trimestre che ha chiuso a quota 142.413 unità contro le 115mila auto prodotte l’anno scorso. Ma la questione resta pesante.