È un momento delicato per il Vita per via dell’aumento dello spread tra Btp e Bund che riduce il valore dei titoli di Stato, l’asset principale dei portafogli delle polizze tradizionali (quelle legate alle gestioni separate). Proprio la risalita dei rendimenti del Btp, e quindi il calo dei prezzi, da un lato assottiglia le plusvalenze che si possono teoricamente ottenere dalla vendita dei titoli (date dalla differenza tra valore attuale di mercato e costo di acquisto) ma dall’altro permette alle compagnie di comprare con la nuova raccolta bond che rendono di più. Il Global Insurance Report di Allianz rileva che il mercato assicurativo italiano è cresciuto del 10% nel 2021; bisogna tornare al 2014 per trovare un aumento ancora più elevato. Il driver principale è stato il mercato dei prodotti Vita (+12,5%), che non solo rappresenta circa i tre quarti del volume dei premi nazionali, ma è anche il più grande mercato dell’area euro. Patricia Pelayo Romero, co-autrice del rapporto di Allianz osserva che «nel settore Vita, una maggiore consapevolezza del rischio sulla scia della crisi del Covid 19 e la fine dei tassi a zero innescata dall’inflazione dovrebbero rendere di nuovo più attraenti molti prodotti di risparmio e pensionistici».
Fino a un certo punto perché un ulteriore aumento dei tassi dei Btp può spingere gli assicurati a riscattare le polizze per investire direttamente sui titoli di Stato, obbligando le compagnie a vendere i bond rischiando di realizzare una perdita se il valore di carico è superiore a quello nel frattempo raggiunto sul mercato. Non è ancora lo scenario attuale. Ma è certo che «per gli assicuratori sulla Vita c’è il rischio che un rapido aumento dei tassi possa indurre i clienti a rinunciare alle loro polizze di risparmio esistenti a favore di alternative ad alto rendimento. Livelli di riscatto più elevati aumenterebbero il fabbisogno di liquidità degli assicuratori e potrebbero lasciare alcuni senza altra opzione che quella di vendere obbligazioni al nuovo valore più basso, per restituire il contante dei propri clienti. Gli assicuratori Vita in Francia e in Italia sono i più vulnerabili a questo, poiché una parte significativa del loro portafoglio è composta da prodotti di risparmio, un parte delle quali ha penalità di riscatto nulle o molto basse», afferma Moody’s in un recente report sul settore assicurativo europeo. Il rendimento del Btp attorno al 3% rappresenta quindi uno snodo importante. Per ora la situazione è comunque sotto controllo anche se i deflussi sono in crescita. D’altra parte l’inflazione al 6% impone più di una riflessione a chi ha sottoscritto queste polizze negli anni scorsi quando i tassi erano a zero e i contratti tradizionali con il loro 2% medio netto apparivano interessanti data l’inflazione nulla o quasi. Oggi non è più così e d’altra parte anche le unit linked stanno soffrendo per l’andamento negativo dei mercati finanziari. Il mercato del Vita infatti è composto da più rami.
Polizze tradizionali. Il ramo I comprende i contratti Vita tradizionali che investono i premi raccolti, al netto dei costi, in una gestione separata composta prevalentemente da titoli di Stato per garantire il capitale investito (oggi la garanzia è prevista soltanto a scadenza nelle polizze di durata, in date prestabilite o nel caso morte). Tali asset fino a quando rimangono all’interno della gestione e non vengono venduti, a differenza di quanto accade nei fondi (che hanno un valore di quota calcolato giornalmente o settimanalmente), sono valorizzati al prezzo a cui sono stati inizialmente acquistati. Il rendimento lordo delle gestioni separate, in un dato periodo di osservazione, generalmente annuale, è quindi determinato da cedole, dividendi e realizzi di plus o minusvalenze se il titolo viene venduto. Ed è attribuito alle prestazioni in una determinata percentuale o al netto di una misura trattenuta dalla compagnia come commissione di gestione, tenuto comunque conto delle garanzie di rendimento minimo e sul capitale previste dal contratto, che però stanno via via venendo meno a causa del calo dei tassi. Fino a pochi ani fa inoltre il rendimento era consolidato, ovvero una volta acquisito a fine anno restava per sempre, ma con il calo dei tassi il consolidamento è praticamente sparito. Nel frattempo anche i risultati medi sono scesi in concomitanza con il calo dei rendimenti sperimentato dai titoli di Stato nel corso degli ultimi tre decenni. E si è passati dal 10% degli anni ‘80, all’attuale 3% lordo.
In ogni caso l’insieme delle regole di bilancio fanno sì che la gestione separata non subisca la volatilità caratteristica degli altri prodotti finanziari: il patrimonio e il rendimento sono stabili e continui nel tempo, offrendo in questo modo tranquillità e sicurezza all’investitore. Aspetti che oggi prevalgono come rileva il sondaggio dell’Osservatorio Reale Mutua sul welfare: prima ancora del rendimento (20% degli intervistati), gli italiani ai loro investimenti chiedono la sicurezza e le garanzie sul capitale investito (32%). Resta come punto di forza anche la tassazione dato che le gestioni separate non prevedono l’imposta di bollo sul capitale dello 0,2% annuo che grava su quasi tutti gli strumenti finanziari (esenti anche i fondi pensione e le polizze sanitarie).
Non solo. I capital gain che derivano dai titoli di Stato sono tassati al 12,5%, anziché all’aliquota standard del 26%. Una condizione che alleggerisce il prelievo fiscale delle gestioni separate perché, come si diceva, hanno in portafoglio prevalentemente obbligazioni governative. Inoltre i rendimenti maturati anno per anno vengono tassati quando sono pagati effettivamente, quindi in caso di scadenza o riscatto (non costituisce, però, base imponibile la parte di premio collegata a prestazioni dirette a coprire il solo rischio morte o demografico). Infine il capitale pagato dalla compagnia non è soggetto all’imposta di successione ed è possibile indicare un beneficiario al di fuori dell’asse ereditario (sempre a patto di non ledere la quota riservata agli eredi legittimi).
Le unit linked. Questi ultimi due aspetti (differimento delle imposte e non soggezione all’imposta di successione) sono propri anche delle unit linked, ovvero le polizze Vita di ramo III che investono i premi in fondi o sicav e quindi come tali esposte all’andamento dei mercati finanziari. Le unit linked, pur avendo connotati assicurativi, sono di fatto simili ai fondi comuni, hanno quindi una quotazione periodica. E proprio in questa fase di prudenza nelle scelte di investimento hanno perso un po’ di appeal. Il mercato complessivo del Vita registra infatti flussi positivi ma in contrazione, per via del rallentamento della raccolta nei rami I e III puri. Il segmento delle multi-ramo, ovvero polizze che suddividono i premi del risparmiatore sia in una gestione separata di ramo I sia in fondi di ramo III, risulta invece in controtendenza.
In base ai dati Ania la raccolta netta totale del Vita dei primi tre mesi del 2022 è stata di 6,04 miliardi di euro, -15,9% rispetto allo stesso periodo 2021, con un saldo positivo per i prodotti multi-ramo che nei tre mesi hanno avuto flussi netti per 9,1 miliardi, +9,2% (il volume lordo dei premi contabilizzati delle multi-ramo è stato pari a 14,23 miliardi, l’ammontare più alto mai raccolto nel singolo trimestre, in aumento del 7,3% rispetto al primo trimestre 2021 e con un’incidenza sul totale premi Vita che ha raggiunto il valore record di 54%, tabella in pagina). Invece il ramo I, sulla base delle elaborazioni Prometeia su dati dell’Ania, ha registrato un flusso netto negativo pari a -3,79 miliardi, dai -2,63 miliardi dei primi tre mesi del 2021. Per il ramo III, la raccolta netta nel periodo è stata positiva per 833 milioni ma in calo dai 1,58 miliardi rispetto al primo trimestre 2021 (tabella in pagina).
Le dinamiche delle polizze Vita ramo I e ramo III prese singolarmente sono dovute a due fenomeni. Sul fronte delle ramo I stand alone, ovvero le polizze Vita con esclusivo sottostante le gestioni separate, «il segmento già prima della volatilità dei mercati degli ultimi mesi soffriva per un tema razionamento dell’offerta dovuto alla sostenibilità prospettica delle gestioni stesse in un contesto di prolungata fase di tassi ai minimi degli ultimi anni. Poi», spiega Stefano Frazzoni, partner a capo della business line Insurance di Prometeia, «è arrivata la crisi geopolitica che ha impattato sul ramo III», data la loro esposizione ai mercati finanziari.
«Nello stesso tempo il rialzo dei tassi tende a ridurre le plusvalenze latenti delle gestioni separate del ramo I ed è anche per questo che il mercato sta premendo per poter utilizzare di più il fondo utili prima che i rialzi dei tassi le annulli ed anche Ivass ha recentemente attivato una consultazione sul tema», aggiunge Frazzoni. Al momento sono soltanto meno di una decina le gestioni separate dotate di fondo utili sulla base delle novità delineate dall’Ivass nel 2017 ovvero la possibilità di costituire una riserva in cui far confluire parte dei rendimenti realizzati in un certo anno da utilizzare negli esercizi futuri (massimo otto anni) per stabilizzare i rendimenti. Le gestioni dotate di questo zainetto sono tutte di nuova costituzione perché in quelle vecchie, secondo le regole attuali, è necessario avere una doppia contabilità per i nuovi e i vecchi iscritti e ciò crea difficoltà dal punto di vista gestionale. «Per cui il fondo utili attualmente è un’arma un po’ spuntata per garantire effettiva flessibilità ed efficacia gestionale», commenta Frazzoni.
Le multi-ramo. Il mercato delle multi-ramo continua invece a essere vivace facendo leva sulla flessibilità tipica di tali polizze, molto adatta a questa fase di volatilità, grazie al mix tra componente garantita delle gestioni separate e esposizione ai mercati permessa dalle unit linked. Non è un caso quindi se l’innovazione di prodotto delle compagnie attualmente si concentri sulle multi-ramo alla ricerca di nuove formule adatte ad andare incontro alle richieste di protezioni e di ingresso graduale sui mercati dei risparmiatori. «Se guardiamo ai nuovi prodotti emerge una crescita delle multi-ramo che, in una logica di attrazione delle liquidità, consentono un’allocazione iniziale dell’investimento molto elevata in gestione separata, in alcuni casi anche il 100%, per poi attivare trasferimenti automatici e progressivi del capitale nel corso del tempo verso le ramo III», continua Frazzoni. Dalle rilevazioni di Prometeia (tabella in pagina) emerge che dal 2021, su un totale di 135 nuove polizze 15 sono multi-ramo con switch automatici. Ad esempio le Poste ne hanno attualmente una in collocamento che investe inizialmente il 100% del premio nella gestione separata e poi man mano i capitali sono riallocati in fondi interni fino a raggiungere un peso predefinito (a seconda di cinque profili) nel giro di 18 mesi. Il tema è quindi che in questa fase di incertezza le polizze cercano di assecondare le esigenze di sicurezza dei risparmiatori proponendosi come una sorta di parcheggio della liquidità, per poi inserire nell’asset allocation fondi esposti ai mercati.
Sempre sul fronte dell’evoluzione delle polizze Vita «c’e poi un tema importante che riguarda la riflessione in corso presso l’Ivass sulla necessità di potenziare la componente di rischio demografico», aggiunge Frazzoni. Il fatto è che l’inserimento obbligatorio di «una copertura demografica molto significativa rischia di appesantire la struttura di costo di una unit linked, e di una multi-ramo, che al momento è paragonabile a quella di una gestione patrimoniale. Attualmente, è già molto spesso prevista la possibilità di potenziare in maniera importante la copertura del rischio demografico, ma si tratta di coperture opzionali che e quindi possono essere attivate dall’assicurato sulla base di una scelta consapevole e mirata».D’altra parte (insieme al doppio motore del mix di investimento), nel proporre le multi-ramo, come per tutte le polizze Vita, le reti di collocamento fanno leva oltre che sulle coperture offerte nell’ambito della pianificazione patrimoniale contro eventi quali morte, invalidità, non autosufficienza, anche sulle garanzie di impignorabilità e non sequestrabilità, oltre che sulla flessibilità nella scelta dei beneficiari nelle eredità e su una fiscalità di favore. Ma le garanzie assicurative e la struttura delle multi-ramo ben più articolata rispetto a un investimento diretto in fondi comuni, con i quali sono sempre più in gara per intercettare la liquidità nei conti correnti, hanno un costo che può contribuire a deprimere, anche di molto, il rendimento finale.
Costi nel mirino. A questo proposito i Kid (Key information document, ovvero i documenti informativi) delle polizze riportano le simulazioni di rendimento, sia in percentuale sia in euro, in diversi scenari di mercato (di stress, sfavorevole, moderato e favorevole) e di tempo di detenzione, sulla base di un investimento tipo di 10 mila euro. In questo modo è possibile avere un termine di paragone tra le varie offerte, come emerge dall’analisi di MF-Milano Finanza che ha raccolto (tabella in pagina) le ipotesi di rendimento e di costo (sulla base dell’orizzonte temporale di detenzione consigliato) delle polizze multi-ramo offerte oggi dalle principali compagnie (considerando le combinazioni con un peso maggiore delle gestioni separate).
Nei Kid è infatti pubblicato anche l’Indicatore di costo che rappresenta la riduzione attesa, in percentuale, dei rendimenti annui dell’investimento dovuta alle spese che gravano sul prodotto, sia una tantum (entrata) che ricorrenti (commissioni di gestione) o accessori (di performance). Dall’ultimo osservatorio semestrale dell’Ivass (Trend dell’offerta dei prodotti assicurativi) emerge che per le multi-ramo nel 30% dei casi i valori degli Indicatori sintetici di costo sono tra il 3 e il 4% e in un altro 30% sono superiori al 4% con un massimo dell’8,5% (7% nel semestre precedente), per le unit linked si registrano dati tra il 3 e il 4% nel 29% dei casi e in circa il 9% dei casi oltre il 4% con un picco del 7,5% (7% nel semestre precedente). Invece i prodotti di ramo I si confermano i meno cari, con valori in media compresi tra l’1% e il 2,3% con un massimo del 3,4%. (riproduzione riservata)
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