LA COMMISSIONE PARLAMENTARE DEDICATA AL TEMA HA APPROVATO LA RELAZIONE INTERMEDIA
di Lorenzo Fantini
La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia e sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati ha approvato lo scorso 20 aprile, all’unanimità, la relazione intermedia sull’attività svolta. Il documento (disponibile sul sito ufficiale del Senato della Repubblica) costituisce un riferimento di grande importanza per chiunque si occupi o interessi di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Innanzitutto, nel documento la Commissione descrive – in modo molto efficace – l’impatto sociale ed economico degli infortuni sul lavoro in Italia, in Europa e del mondo, assolutamente drammatico. In merito, nelle conclusioni della prima parte della relazione intermedia, si sottolinea come la stima dei costi sociali (vale a dire dei danni, a volte irreversibili, alle persone che discendano dalla mancata sicurezza al lavoro) degli eventi avversi legati al lavoro – pur nella difficoltà di individuare criteri statistici univoci – sia pari a una somma compresa tra il 3% e il 6% del Pil italiano e si rimarca come gli investimenti in materia di tutela delle condizioni di lavoro abbiano un ritorno in termini economici (il c.d. Rop, acronimo inglese di Return on prevention) di oltre 2 euro, pari a una redditività enorme, della quale le imprese hanno raramente contezza. Il documento contiene, quindi, un’ampia discussione in merito alla difficoltà di garantire adeguate tutele ai lavoratori operanti in attività in appalto e subappalto, con particolare riferimento alle nuove forme di sfruttamento in un mondo del lavoro in trasformazione, descrivendo fenomeni quali il caporalato digitale, le cooperative c.d. “spurie” e soffermandosi sulle problematiche prevenzionistiche del settore della logistica. La parte dal punto di vista giuridico più interessante della relazione è probabilmente quella (contenuta alle pagine da 70 in poi) dedicata all’interpretazione delle recenti innovazioni apportate al dlgs n. 81/2008, il c.d. “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro, dalla legge n. 215/2021.
In merito alla tanto discussa introduzione dell’obbligo di individuazione del preposto, ad esempio, si evidenzia come la novità sia diretta a favorire la progressiva dismissione della “prassi aziendale organizzativa di lasciare la vigilanza in mano a preposti di fatto poco consapevoli, con prevedibili miglioramenti della performance delle attività di vigilanza svolte all’interno delle aziende e, quindi, della conseguente ed auspicabile diminuzione del numero e della gravità degli infortuni”. Al riguardo, smentendo chi nelle settimane successive ha parlato di obbligo di nominare il preposto necessariamente con lettera, la relazione sottolinea come l’obbligo di individuazione del preposto: “rende opportuno che tale individuazione debba avvenire con un atto scritto, che rimanga quindi tracciato, non foss’altro a fini probatori dell’avvenuto adempimento dell’obbligo da parte del datore di lavoro o del dirigente”, evidenziando che in caso di accesso ispettivo o richiesta del giudice, l’azienda dovrà comunque disporre di un elemento di prova formale (che potrebbe avere forma anche differente rispetto alla lettera al singolo preposto potendo, ad esempio, consistere nella individuazione dei ruoli dell’organizzazione aziendale nel documento di valutazione dei rischi e/o nell’organigramma aziendale della sicurezza) che provi l’avvenuta individuazione dei preposti. Viene, quindi, ribadita l’importanza della modifica dell’articolo 19 del “testo unico”, il quale identifica gli obblighi del preposto e che nella sua rinnovata formulazione richiede a tale figura da un lato di intervenire direttamente per modificare i “comportamenti non conformi” dei lavoratori “fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza” potendo altresì, “in caso di mancata attuazione delle disposizioni a lui impartite o di persistenza della inosservanza” interrompere l’attività del lavoratore e dall’altro di tenere un “comportamento proattivo e se necessario interruttivo con riferimento alle “deficienze dei mezzi e delle attrezzature e di ogni condizione di pericolo”; ciò sempre segnalando ai propri superiori (dirigente e datore di lavoro) le “non conformità” rilevate, in una logica di condivisione delle criticità e delle soluzioni nell’organizzazione.
La relazione contiene, infine, alcune proposte di legge al Parlamento, relative al potenziamento della normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (ex dlgs n. 231/2001), e i resoconti delle audizioni svolte dalla commissione.
*avvocato, già dirigente del Ministero del lavoro
Fonte: