L’ORIENTAMENTO DELLA GIURISPRUDENZA SULLE CONSEGUENZE PER CHI ACQUISTA TERRENI INQUINATI
di Vincenzo Dragani
L’acquisizione di un sito inquinato può comportare per l’avente causa il diritto a ottenere un risarcimento danni dal dante causa così come, addirittura, l’opposto obbligo di procedere alla bonifica dello stesso. Tutto dipende, come ricorda la più recente giurisprudenza, dalla posizione delle parti coinvolte, senza dimenticare che, in base al Codice ambientale, alcuni oneri gravano comunque sul nuovo proprietario, seppur incolpevole. Ecco un excursus giurisprudenziale.
La compravendita di un terreno contaminato. L’acquirente di un terreno contaminato che necessita di bonifica può agire nei confronti del venditore in base alla responsabilità contrattuale per vizi della cosa, chiedendo, oltre al ristoro per il corrispettivo pagato, anche il risarcimento del danno subito. La tutela civilistica attivabile dal proprietario incolpevole dell’inquinamento emerge dalla recente sentenza del 19 aprile 2022 n. 12438, con cui la Corte di cassazione si è pronunciata in relazione a una successione inter vivos avente a oggetto un lotto immobiliare la cui contaminazione è venuta in evidenza avviati gli interventi edili successivi all’acquisto. Per la magistratura, al caso di specie sono applicabili gli articoli 1490 e seguenti del Codice civile in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, a mente dei quali il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da difetti che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Sempre in base all’istituto in questione, il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno cagionato ove il dante causa non dimostri che ignorava (senza colpa) l’esistenza del vizio.
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