IL PRESIDENTE DELLA CONSOB AUSPICA MANAGER CON COMPETENZE, SPIRITO D’IMPRESA, CAPACITÀ DI ADATTAMENTO E APERTURA AL NUOVO
di Silvia Valente
Nell’attuale contesto internazionale di incertezza e di grandi cambiamenti, il ruolo della corporate governance risulta cruciale «per far crescere il valore aggiunto condiviso» e soprattutto per «attuare le strategie di protezione nel futuro» alla luce delle nuove priorità. Il presidente della Consob, Paolo Savona, ha parlato di tale cambio nella cultura finanziaria, durante il convegno La corporate governance in epoca di transizioni, organizzato dall’Autorità insieme ad Assonime, soffermandosi poi sugli ostacoli che l’Italia ha ancora sul suo sentiero. Innanzitutto, i meccanismi di nomina e remunerazione dei manager hanno «una forte componente simbolica anziché riflettere unicamente la performance aziendale». Mentre c’è «bisogno di pensatori che trovino il significato dell’attività dell’impresa» così da mantenerne il valore nel tempo e che sappiano interpretare «i driver dello sviluppo», ossia i problemi posti dalle transizioni (verde, digitale, post-pandemica e geopolitica) in corso. La trasformazione verde risulta particolarmente complessa per le società italiane. Il codice di corporate governance del 2021 ha introdotto il concetto di successo sostenibile e dunque ha imposto obblighi sempre più estesi alle società «nello spazio e nel tempo, nella trasparenza e nella misurazioni» tanto che non possono più esaurirsi in esercizi di compliance, precisa Savona, ma «devono poggiare su scelte strategiche e innovazioni nella governance e nell’organizzazione». Eppure l’Italia è ancora all’inizio stando al rapporto Consob: meno della metà delle società, in particolare di medie e grandi dimensioni, hanno fornito informazioni sul tema e pochissime lo hanno inserito nel proprio statuto. Per di più, se ci sono dei segnali di cambiamento nella governance societaria in senso green, come l’aumento dei comitati sulla sostenibilità interni ai Consigli e delle competenze degli amministratori (anche sulla digitalizzazione), la complessità del processo richiede però un «atteggiamento positivo verso il cambiamento» da parte degli amministratori, nella pratica, valorizzare le competenze trasversali tra i dipendenti, reclutare personale con preparazioni diverse e investire in formazione. L’imponente sfida ecologica non riguarda ovviamente solo l’Italia ma tutto il mondo, dove sempre più investitori prestano attenzione ai paramenti ambientali, sociali e di governance (esg) con inevitabili risvolti sul processo decisionale relativo agli investimenti e al voto in assemblea delle società. E questo, spiega Carmine di Noia, il direttore del dipartimento Finance and Enterprise Affairs dell’Osce e già commissario della Consob, nel suo intervento al convegno, perché il Covid ha messo in evidenza «l’importanza d’identificare rischi sistemici» e ha ampliato le aspettative delle imprese sulla sostenibilità, tanto che il cambiamento climatico è un rischio finanziario rilevante per due terzi delle quotate globali per capitalizzazione. (riproduzione riservata)
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