Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Ai fini del regime di franchigia, i valori delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi sono espressi in euro, salvo che per gli stati membri che non hanno aderito alla moneta unica, e sono costituiti dagli importi che rilevano per la determinazione del volume d’affari agli stessi fini, indicati nell’art. 288 della direttiva Iva.
Il mercato italiano dell’intelligenza artificiale vale circa 330 milioni di euro, pari al 4,5% del mercato europeo, e registrerà una crescita media annua del 22% nel triennio 2022 – 2024. Ma il volume appare ancora limitato, considerato che solo il 6% delle pmi ha avviato progetti di Ia nell’ultimo anno.
Indirizzi e-mail, numeri di telefono, password, o anche codici fiscali: sono i principali dati personali rubati agli utenti nel 2021 con lo scopo, per esempio, di estorcere denaro o mettere in atto frodi. E ad allarmare maggiormente è l’impennata subita da questi attacchi: sono cresciuti del +48,7% gli utenti italiani che hanno ricevuto un avviso di un crimine informatico ai danni dei propri dati personali.
Tempi duri per i professionisti che devono cambiare metodo di calcolo dei prezzi per tutti i cantieri legati ai bonus edilizi, dal 110% all’ecobonus, che avranno inizio dopo l’entrata in vigore del cosiddetto decreto prezzi massimi, ossia dal 16 aprile in avanti. D’ora in avanti sia i prezzari ufficiali delle regioni sia il prezzario Dei lasciano il posto alla tabella costi massimi per definire le spese asseverabili delle forniture. Per la valutazione della congruità bisogna, infatti, considerare l’allegato al decreto, valido su tutto il territorio nazionale, che non indica più la voce di costo del singolo elemento (per esempio un generatore di calore), ma la categoria d’intervento (quindi l’impianto termico).
- Nomine dei cda, stipendi e Opa quando vince il voto del mercato
In attesa di capire se Mediobanca rappresenterà il prossimo terreno di scontro, alle Generali i fondi hanno deciso le sorti della partita. E non è una notizia da poco per la finanza di casa nostra, storicamente dominata dai “salotti buoni”, dalle partecipazioni incrociate e da azionisti di maggioranza che spesso si comportano come “padroni” esclusivi delle aziende. «La struttura proprietaria delle società italiane – osserva Marco Onado, docente senior del Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi – è tale per cui, se il nucleo di controllo si sfalda o entra in conflitto al proprio interno, come accaduto alle Generali, il ruolo dei fondi diventa importante».
- L’industria che investe in finanza 11 miliardi nella sfida del Leone
Le quote controllate in Generali e Mediobanca da Caltagirone, Benetton, Del Vecchio e dagli altri imprenditori hanno ormai raggiunto un valore enorme. Ma a vincere, alla fine, è stato il mercatoL a sconfitta subita nell’assemblea delle Generali del 29 aprile lascia Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio con un dubbio strategico. Nessun imprenditore italiano aveva messo sul piatto risorse così ingenti per prendere il comando di un gruppo finanziario di questa importanza, una delle maggiori compagnie assicurative d’Europa. Ai prezzi di Borsa le rispettive quote del 9,9% – poco sopra l’imprenditore romano, poco sotto il presidente di EssilorLuxottica – valgono oltre 2,8 miliardi l’una. Hanno trovato l’appoggio di un’altra famiglia di imprenditori, i Benetton, che si sono presentati a Trieste con il 4,75%, valore di Borsa altri 1,3 miliardi.
- Un’Italia che fatica a pensare una strategia per il futuro
Sono cresciuti i rischi geopolitici e le grandi imprese si stanno già concentrando sui mercati meno distanti e imprevedibili. Le scelte di riposizionare il business diventano così rivelatrici delle prospettive dei singoli Paesi in cui le imprese operano. Il fatto che la maggiore contesa finanziaria in Italia stia ruotando attorno al controllo di una compagnia di assicurazioni come Generali, di fatto un grande portafoglio finanziario a basso rischio, testimonia che la spinta innovativa del nostro Paese, se c’è, è molto sottotraccia. L’idea di dare una svolta a istituzioni finanziarie poco ambiziose non è sbagliata, ma colpisce che un investimento conservativo venga progettato nel pieno dell’esecuzione del Pnrr, il piano finanziato dall’Unione europea che dovrebbe trasformare e ammodernare l’Italia.
- Abbigliamento, banche, Poste e Ferrari
Gucci è il brand tricolore che vale di più (15,6 miliardi), seguito da Eni, Enel, Intesa e Generali. Ma quelli più “forti” sono il Cavallino rampante e UnipolSaiA bbigliamento e banche spingono il valore dei marchi italiani, il cui peso economico cresce del 14% rispetto all’anno scorso: chiuso il gap che si era aperto con la pandemia. Anzi, se si prende la top 100 dei brand italiani si raggiunge un valore aggregato di 164 miliardi di euro, due punti percentuali sopra quello espresso ante-Covid.
- Liquidità, disincaglio al via?
I soldi sui conti correnti hanno superato il valore di un anno di Pil. Ma qualcosa sta cambiando. I depositi degli italiani sui conti correnti bancari sono al livello record di 1.854,4 miliardi di euro. A metterlo nero su bianco è l’Abi che certifica come ci sia una liquidità immobilizzata ben superiore a tutta la ricchezza che l’Italia produce — sotto forma di Pil — in un anno. Un numero che da un lato mostra lo scarso interesse — o la scarsa dimestichezza — degli italiani verso gli investimenti e più in generale il risparmio gestito e dall’altra rappresenta un’opportunità enorme per le imprese del settore.
- Famiglie in crisi e disarmate
Secondo un sondaggio di Moneyfarm oltre il 60% degli intervistati non ha sotto controllo le proprie risorse. L’importanza dell’educazione finanziaria. La situazione finanziaria delle famiglie italiane non è rosea. Dopo due anni di pandemia, è arrivato il conflitto in Ucraina a complicare ulteriormente un contesto non facile. Sono molte le persone che non arrivano alla fine del mese e c’è anche chi ha avuto ripercussioni sul sonno a causa di problemi economici. Non è rassicurante il quadro delineato dall’indagine condotta da Moneyfarm in collaborazione con Dectech, società specializzata in studi comportamentali che fa capo alla Warwick University.
- Meno tumori al colon (e meno costi) con l’intelligenza artificiale
Nell’imaging diagnostico, la sua formidabile capacità di analisi trova uno dei campi di applicazione più promettenti. Ne è un esempio la colonscopia, l’indagine endoscopica utilizzata di routine negli screening di prevenzione dei tumori del colon e del retto. Il tumore del colon è la seconda causa di morte per cancro in Italia e, a oggi, lo strumento migliore per la sua corretta diagnosi è proprio questo esame. Ebbene studi scientifici ormai consolidati hanno dimostrato che l’utilizzo di endoscopia e intelligenza artificiale insieme aumenta del 10- 13% la capacità di diagnosticare la presenza di polipi, anche di dimensioni molto piccole altrimenti difficili da notare, o perché non ben esposti o a causa del loro colore spesso molto simile a quello della mucosa sana. Ma i benefici si traducono anche in termini di maggiore sostenibilità economica: lo dicono i dati di uno studio multicentrico pubblicato sulla rivista The Lancet Digital Health, coordinato da Alessandro Repici e Cesare Hassan, docenti di Humanitas University, in collaborazione con l’Università di Oslo.
- Milano, Genova, Sondrio, Trieste… la prossima? una bancassurance
Negli ultimi 20 anni bancassurance è diventato sinonimo di un modello vincente in campo creditizio. Quasi tutti gli operatori bancari si muovono infatti in questa direzione. Il Crédit Agricole ha recentemente comprato il 9,2% del capitale di Banco Bpm. L’acquisto non è stato un fulmine a ciel sereno. Da mesi si parlava di un loro interesse. I transalpini hanno poi inoltrato un’offerta per le attività bancassicurative dell’istituto milanese. Una mossa finalizzata a proteggere le attività comuni nel credito consumo e a espandere il business con Banco, vendendo polizze tramite i suoi sportelli. Questo perchè Bpm ha recentemente deliberato di ricomprare da Covéa Coopération l’81% di Bipiemme Vita per circa 310 milioni. L’evoluzione sembra essere chiara. Anzi, alcuni fattori fanno pensare che la partita sia già chiusa a favore della banca transalpina. Il ceo Giuseppe Castagna, il cda e gli azionisti (alcuni non sono favorevoli ai francesi) dovranno comunque avviare una riflessione ad ampio spettro. Finora il governo, che ha un potere di veto, è rimasto distante dalla vicenda. Ma i francesi devono avere avuto un sostanziale via libera. E qualcuno guarda al Tesoro e in particolare al direttore Alessandro Rivera. Bpm e la sua assicurazione fanno gola a tanti.
- Famiglie più ricche e coraggiose: caccia ai rendimenti
Nel 2021 il valore del patrimonio finanziario è salito di 300 mld. Scelti strumenti più rischiosi, ora la grande sfida è battere l’inflazione
- Giorgio De Rita: da risparmiatori a investitori, passaggio obbligato
C’è la volontà di cercare nuove opportunità per scongelare i portafogli e salvarli dal caro vita, ma l’orientamento è al breve termine
- Pepp, i primi sono in arrivo
Per fine anno il debutto dei fondi pensionistici europei. Ampliano il mercato ma non ci si può versare il Tfr. Lussemburgo, Olanda, Danimarca, Slovacchia e Ungheria sono gli unici paesi per ora ad aver completato il quadro normativo
- Pagamenti fra aziende, puntuali solo 4 su dieci
In Italia pagano puntualmente i fornitori — cioè alla scadenza dovuta — soltanto il 38,5% delle imprese. Molto meno della metà. Il dato è del 2021 e si confronta con un 2020 peggiore, al 35,7%. Ma il paragone con gli altri Paesi è impietoso: l’Olanda svetta con il 74,2% di imprese che pagano puntualmente, la Germania tocca il 65,4%, gli Usa il 57,1%. Spagna e Francia viaggiano al 44,4% al a 42,1%. Fa meglio dell’Italia persino l’India con il 41,8%. Segue, se può consolare, la Cina con il 28,1%. Nel primo trimestre di quest’anno, in Italia, le aziende che hanno pagato i conti entro la data stabilita sono salite lievemente, al 38,8%. Il 50,7% delle imprese ha saldato entro 30 giorni e il 10,5% ha superato il mese, con picchi che possono arrivare ai 300 giorni.
- Nuova class action, appena cinque ricorsi a un anno dal debutto
A un anno dal debutto e a tre dall’approvazione della riforma della class action (legge 31 del 2019) sono solo cinque le azioni collettive intraprese finora. I rinvii dell’entrata in vigore della legge, scattata dopo 25 mesi, il 19 maggio 2021, e il ritardo nel varo del regolamento sull’elenco delle organizzazioni abilitate ad avviare le procedure (la lista dovrebbe essere online entro fine maggio mentre avrebbe dovuto anticipare l’operatività della legge) hanno infatti rallentato l’utilizzo della nuova normativa. Anche perché la riforma prevede che la nuova class action si applichi solo agli illeciti posti in essere dopo la sua entrata in vigore, mentre tutte le violazioni commesse prima del 19 maggio 2021 seguono le vecchie (e più restrittive) regole del Codice del consumo. Tanto che le azioni basate sulla disciplina del Codice del consumo sono ad oggi molte di più di quelle cui si applica la riforma.
- Attacchi hacker a bassa intensità, ma la svolta è attesa
L’annunciata guerra informatica tra Ucraina e Russia non si è manifestata (o non ancora) in quella che doveva essere la prima autentica cyberwar del secolo, anche se da gennaio scorso una settantina di siti web ucraini – tra cui il ministero degli Affari Esteri e quello dell’Istruzione – sono stati messi fuori uso grazie ad attacchi informatici multipli provenienti da gruppi di hacker legati a Mosca e alla Bielorussia. Le poche evidenze accertate testimoniano cyber attacchi di scarsa rilevanza, come quello del 29 aprile scorso quando il primo ministro della Romania, Nicolae Ciuca, annunciò che alcuni siti web del governo avevano subito un attacco DDos, distributed denial of service (blocco del sito), tra cui il portale della Polizia di frontiera e la compagnia ferroviaria nazionale. L’attacco aveva prodotto l’indisponibilità dei siti solo per poche ore e l’intelligence rumena aveva puntato il dito contro un gruppo di hacker vicino al governo russo noto come Killnet, famoso anche per aver hackerato siti ubicati negli Stati Uniti, Estonia, Polonia, Repubblica Ceca e riconducibili alla Nato. In effetti Killnet ha poi rivendicato l’azione, affermando che era la diretta conseguenza dell’intenzione rumena di fornire un maggior sostegno all’Ucraina attraverso la fornitura di armi.
- I risultati dei riassicuratori segnati dal conflitto in Ucraina