LE ANTICIPAZIONI BCE SULLA QUOTA DI DELFIN TOLGONO APPEAL AL TITOLO MEDIOBANCA
di Luca Gualtieri
Lunedì 17 è arrivata a scadenza naturale l’operazione di prestito titoli Generali che nel settembre scorso Bnp Paribas aveva strutturato per Mediobanca. I 70 milioni di azioni che l’istituto francese ha ottenuto dalle sue controparti (soprattutto investitori istituzionali europei ed americani) hanno consentito a Piazzetta Cuccia di incrementare la quota nel Leone al 17,19% dal precedente 12,94%, soglia a cui pertanto la merchant ridiscende a quasi tre settimane dall’assemblea triestina. I titoli sono tornati così in pieno possesso delle controparti, la cui identità sarebbe però rimasta ignota alla stessa Mediobanca per vincoli contrattuali. Non hanno così trovato conferme le suggestioni su un coinvolgimento di Axa nel deal. Suggestioni peraltro liquidate da alcuni osservatori come fantasie. Certo è che il prestito (costato circa 6,5 milioni di commissioni) non sarà rinnovato perché – riferiscono fonti vicine all’istituto milanese guidato da Alberto Nagel – conclusa la battaglia sulle Generali non si vede il motivo di mantenere una quota così alta nella compagnia. Semmai, a determinate condizioni, nei prossimi mesi Mediobanca potrebbe considerare una discesa della partecipazione. Nagel ha spesso ventilato operazioni di m&a nel risparmio gestito italiano pagate con azioni Generali, anche se per ora manca un target. Sulla carta Mediolanum sarebbe l’obiettivo ideale sotto più di un aspetto, ma sinora il ceo Massimo Doris ha escluso l’opzione. Per Azimut e Anima invece ci sarebbero incompatibilità di natura industriale mentre Fineco resta una preda ghiotta ma troppo cara. C’è comunque chi ritiene che un appeasement tra gli imprenditori e Mediobanca possa passare proprio attraverso un deal che alleggerisca la presenza della merchant in Generali. Un’idea suggestiva, che ha lo svantaggio di non essere di facilissima esecuzione. Ieri hanno ovviamente anche tenuto banco i commenti alle interlocuzioni informali in corso tra Bce e la Delfin (che secondo alcuni avrebbero riguardato solo la soglia del 25% di Mediobanca). Le anticipazioni fornite dall’Eurotower alla società di Leonardo Del Vecchio indicano una strada complicata per poter incrementare la partecipazione (attualmente al 19,4%) e come anticipato ieri da MF-Milano Finanza aprono a nuovi scenari. Allo stato attuale, l’operazione non si può fare e richiederebbe una trasformazione societaria (capogruppo bancaria, holding finanziaria o fondo lussemburghese) che finirebbe per sottostare alla vigilanza europea. Le news provenienti da Bce, sulle quale Delfin ha preferito non rilasciare commenti, non hanno colto del tutto di sorpresa il mercato, ma come sottolineato da molti analisti hanno tolto appeal speculativo al titolo Mediobanca, che ieri ha chiuso in calo del 2,42%. «Non posso confermare e anche se lo sapessi non lo confermerei», ha commentato il capo della vigilanza bancaria della Bce, Andrea Enria. E alla domanda se lo stop a Del Vecchio potesse essere determinato dalla natura giuridica dell’investitore Enria ha spiegato che «non c’è una regola che si applica solo a Mediobanca. Ci sono regole che si applicano a tutte le banche e non ci sono limiti che riguardano la natura degli investitori». (riproduzione riservata)
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