diAlessandro Carollo
A circa 90 giorni dall’inizio del conflitto in Ucraina, quali sono stati gli effettivi impatti delle sanzioni finanziarie imposte ai russi dai paesi occidentali? Dun & Bradstreet, società leader nell’informazione B2B, ha prodotto un corposo report sul tema, partendo dalle sanzioni passate, ovvero quelle successive al blitz russo in Crimea del 2014. In quell’occasione, sostiene D&B, l’impatto è stato modesto sull’economia russa, soprattutto perché più della metà delle sanzioni aveva riguardato persone fisiche e non entità giuridiche. Tuttavia, i sanzionati hanno pagato un conto significativo in termini di entrate, potenziale di crescita e valutazioni degli asset. Secondo il rapporto del Congressional Research Service del 18 gennaio 2022 (U.S. Sanctions on Russia) nel periodo 2012-2016 le aziende sanzionate hanno perso in media circa il 25% dei loro ricavi operativi, pari a oltre il 50% del valore delle loro attività, e circa il 33% dei loro dipendenti rispetto ai loro colleghi non sanzionati.
Le nuove sanzioni. Le sanzioni finanziarie annunciate nella settimana che precede il 28 febbraio 2022 rappresentano un significativo passo avanti rispetto, sia in termini di tipologia che di entità prese di mira, che comprendono circa il 70-80% del sistema bancario russo tra congelamento dei beni, blocco dell’accesso a nuovi finanziamenti, restrizioni su alcuni tipi di transazioni e l’esclusione delle banche russe dal sistema di pagamenti Swift. Le future opzioni prevedono il blocco totale contro entità di importanza sistemica.
È probabile che queste sanzioni siano estremamente dannose per la conduzione degli affari quotidiani in quanto: 1) Le banche russe effettuano quotidianamente transazioni in valuta estera per 46 miliardi di dollari, di cui l’80% in dollari. 2) Quasi l’84% dei proventi delle esportazioni russe sono in dollari o euro. Dovranno essere trasferiti nelle valute locali o essere convogliati attraverso mezzi alternativi, come il Sistema di trasferimento di messaggi finanziari (Spfs), che gestisce circa un quinto delle transazioni nazionali attraverso i sistemi di pagamento alternativi di grandi partner commerciali come la Cina, o un maggiore uso delle valute digitali delle banche centrali.
L’Ofac, Office of foreign assets control, organo del dipartimento del Tesoro americano, ha imposto (alla data del report di D&B) sanzioni a sette importanti istituzioni finanziarie e 13 imprese russe. Secondo i dati di D&B, il totale dei membri familiari di queste aziende comprende 16.748 entità distribuite in 21 Paesi con una proprietà combinata da parte di soggetti sanzionati pari o superiore al 50% o più delle aziende. Oltre a provocare interruzioni finanziarie per le controllanti in Russia, le sanzioni potrebbero provocare dissesti finanziari ad altre società all’estero che hanno relazioni commerciali con le società sanzionate.
Impatto delle nuove sanzioni commerciali. Oltre alle sanzioni finanziarie imposte alla Russia, il 28 febbraio 2022 sono state imposte diverse sanzioni commerciali. Tali sanzioni comprendono: 1) Il Regno Unito ha messo al bando la compagnia aerea russa Aeroflot e sospeso le licenze di esportazione per i prodotti a duplice uso utilizzabili per scopi militari. Ha anche vietato l’esportazione di articoli ad alta tecnologia e di attrezzature per la raffinazione del petrolio. 2) La Germania ha interrotto il processo di certificazione del gasdotto Nord Stream 2 dalla Russia alla Germania. 3) L’Ue ha adottato sanzioni commerciali contro imprese russe del settore della difesa e del settore energetico con un divieto di esportazione di materiale utilizzato per le raffinerie di petrolio. Ha anche vietato la vendita di aeromobili e attrezzature alle compagnie aeree russe. L’Ue intende inoltre limitare l’accesso della Russia a prodotti e software ad alta tecnologia per prodotti e software ad alta tecnologia per capacità militari russe. 4) Il Giappone sta interrompendo le esportazioni di beni come i semiconduttori verso la Russia. 5) Le misure di controllo delle esportazioni annunciate dall’Amministrazione Biden taglieranno più della metà delle importazioni russe di beni ad alta tecnologia e limiteranno l’accesso della Russia a fattori tecnologici vitali.
Quali sono gli impatti di queste sanzioni? Il divieto di accesso al sistema Swift ritarda i pagamenti che la Russia riceve per le esportazioni di petrolio e gas. Il divieto di esportazione di beni ad alta tecnologia verso la Russia (semiconduttori) potrebbe avere ripercussioni sui settori della difesa, aerospaziale e automobilistico (come si può vedere dagli ultimi dati resi pubblici prima del blackout riguardanti la produzione di automobili, crollata del 72% a marzo 2022 rispetto allo stesso mese di un anno prima).
Le controsanzioni e la minaccia energetica. La Russia minaccia controsanzioni, tra cui restrizioni sulle forniture di greggio e gas naturale, carbone e metalli rari all’Europa. Poiché la Russia ha quasi monopolizzato le forniture energetiche, l’impatto sarebbe devastante per i Paesi dell’Ue. I prodotti di base come il gas naturale, grazie alla vicinanza geografica, alle infrastrutture esistenti e alla facilità di trasporto, sono difficili da sostituire nel breve periodo. Allo stesso modo, altri metalli industriali e rari dipendono anch’essi dalla Russia e sono fondamentali per l’industria aerospaziale e automobilistica dell’Europa occidentale. C’è anche una forte dipendenza dalle materie prime agricole provenienti sia da Russia sia dall’ Ucraina, come grano, orzo e mais. Anche se queste forniture possono essere acquistate da altri paesi, ci saranno implicazioni di prezzo.
L’Europa può sopravvivere senza l’energia russa nel breve e nel lungo periodo? La risposta sintetica dei ricercatori di D&B è: non nel breve-medio termine. Con l’aggravarsi della crisi, la sicurezza energetica dell’Europa rappresenterà un rischio chiave per i mercati. La minaccia o la realtà di un’interruzione delle forniture di idrocarburi porterà a un aumento dei prezzi. I mercati energetici globali sono già rigidi e rendono la sostituzione a breve e medio termine estremamente difficile.
Detto questo, l’energia ha continuato a fluire dalla Russia verso l’Europa anche al culmine della Guerra Fredda. La Germania ha intrapreso un’azione contro il gasdotto Nord Stream 2, con un impatto su 30 miliardi di metri cubi di gas che dovrebbero entrare nel continente nel 2022. In caso di ulteriori interruzioni delle forniture dalla Russia, il gas naturale dovrebbe provenire da Stati Uniti, Qatar, Arabia Saudita o Emirati Arabi Uniti. Tuttavia, la maggior parte di questi Paesi non ha una capacità significativa di aumentare la produzione nell’immediato e la maggior parte delle loro forniture è già destinata al commercio o al consumo interno. Secondo i dati Aggregate Gas Storage Inventory (Agsi), della Gas Infrastructure Europe (Gie), i livelli di stoccaggio di gas in Europa sono criticamente bassi e si aggirano intorno al 33% della capacità al 25 febbraio 2022, aggravando la situazione. Le tensioni geopolitiche e le carenze di approvvigionamento a breve termine favoriranno prezzi elevati del gas.
Chi soffre per lo stop della filiera russa e ucraina
Carenze di forniture critiche, aumento dei costi dei materiali, domanda irregolare e colli di bottiglia logistici e di capacità produttiva: a circa tre mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina gli effetti sono evidenti, ma forse non del tutto quantificati in termini di Paesi, settori e numero di aziende colpite da questi fenomeni. Dun & Bradstreet, società leader globale nella fornitura di dati e report B2B, ha prodotto un report dedicato a questa quantificazione.Quali sono i settori più colpiti? L’Ucraina, dice lo studio, ha oltre 1,5 milioni di imprese attive. I primi cinque settori principali sono servizi, commercio all’ingrosso, edilizia, produzione e agricoltura. Commercio all’ingrosso, manifatturiero e agricoltura rappresentano insieme più di un terzo di tutte le imprese nazionali. La Russia ha invece più di 3,5 milioni di imprese attive. I primi cinque settori principali rappresentano quasi l’80% di tutte le imprese attive in Russia, e includono servizi, commercio all’ingrosso, finanza, assicurazioni e immobili, costruzioni e commercio al dettaglio. La maggior parte di queste attività si interromperebbe se altri Paesi decidessero di smettere di condurre affari con le entità russe o di affrontare minacce alla sicurezza informatica.
Dipendenza dalle importazioni. Sebbene la Russia e l’Ucraina rappresentino rispettivamente solo l’1,9% e lo 0,3% del valore globale delle esportazioni di merci, questi Paesi sono i maggiori esportatori al mondo di particolari materie prime. Per esempio, Russia e Ucraina insieme rappresentano il 59% delle esportazioni globali di olio di girasole, il 36% delle esportazioni globali di ferro o acciaio non legato e il 26% delle esportazioni globali di grano. Secondo i dati dell’agenzia del commercio dell’Onu (Un Comtrade), diversi Paesi mostrano forte dipendenza (50% e più del totale) dalle esportazioni russe e ucraine. In particolare, 25 Paesi hanno un’alta dipendenza per grano e frumento, 24 per il carbone, 16 per i gas e 10 per il petrolio greggio. Molti Paesi dell’Ue e dell’Europa orientale rientrano in questi elenchi.
La rete dei fornitori. Con la globalizzazione, le interconnessioni create sono enormi. In tutto il mondo esisterebbero 14.745 relazioni di fornitura di primo livello e 7,6 milioni di relazioni d’affari di secondo livello con entità russe. Di conseguenza, gli effetti a catena delle sanzioni decise da Usa, Regno Unito e Ue ai danni d’aziende russe paralizzano ulteriormente una catena d’approvvigionamento globale già indebolita. Secondo la ricerca, almeno 374 mila imprese nel mondo si affidano a fornitori russi. Oltre il 90% di esse hanno sede negli Usa. Allo stesso modo, almeno 241mila società nel mondo si affidano a fornitori ucraini. Oltre il 93% di esse ha sede negli Stati Uniti. Altri Paesi con catene d’approvvigionamento impattate dalle sanzioni sono Canada, Italia, Australia, Cina e Brasile. Ci sono almeno 390 aziende a livello globale che hanno fornitori critici in Russia, ovvero fornitori che forniscono beni e servizi per un valore di almeno 100mila dollari Usa e che rappresentano non meno del 5% di tutti gli acquisti dell’azienda. I primi cinque Paesi con fornitori critici in Russia sono Stati Uniti, Cina, India, Giappone ed Emirati Arabi. Invece ci sono almeno 210 aziende a livello globale con fornitori critici in Ucraina. I primi cinque paesi sono Stati Uniti, Messico, Cina, Brasile e Canada. A loro volta, sempre secondo dati Dun & Bradstreet, le imprese ucraine si riforniscono di beni e servizi da almeno 55 mila aziende situate in altri Paesi. Circa il 57% sono situate in Usa, Cina, India, Germania e Uk. Allo stesso modo, le imprese russe si riforniscono di beni e servizi da almeno 92 mila aziende estere, circa il 55% delle quali ha sede nei cinque Paesi citati sopra. (riproduzione riservata)
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