AD APRILE LE IMMATRICOLAZIONI NEI PAESI EUROPEI SONO SCESE DEL 20,6% A 830 MILA UNITÀ
di Francesco Bertolino
Il mercato europeo dell’auto è entrato in un tunnel che appare senza fine. Ad aprile, secondo l’Acea, le immatricolazioni hanno fatto segnare il decimo mese di calo consecutivo, scendendo del 20% a 830.447 unità. Si tratta del dato più basso di sempre, eccezion fatta per i mesi di apice pandemico nel 2020 quando i concessionari erano chiusi. La ragione del tracollo è nota: ai costruttori mancano i componenti per produrre le vetture richieste dai clienti. A queste difficoltà dell’offerta si va però via via aggiungendo la graduale depressione della domanda indotta dal rialzo dell’inflazione. Le speranze di una pronta ripresa del mercato auto dopo la crisi pandemica si stanno quindi affievolendo di mese in mese. Per l’Italia il tracollo delle immatricolazioni è una fonte di duplice preoccupazione. Anzitutto, il Paese è stato anche ad aprile fanalino di coda per le immatricolazioni, registrando un calo del 33% sul 2021. Il dato più pesante rispetto ad altri mercati europei è ascrivibile all’attesa degli incentivi che, più volte annunciati, dovrebbero infine partire il 25 maggio. Secondo le stime del Centro Studi Promotor, i sussidi potranno fruttare circa 200.000 immatricolazioni aggiuntive, spingendo il totale 2022 a 1,3 miloni di unità, un livello ancora lontano dai quasi 2 milioni del 2019. Alcuni addetti ai lavori temono addirittura che in assenza di offerta le misure di sostegno alla domanda finiscano per avere effetti controproducenti, alimentando la spirale ascendente dei prezzi che ha sinora consentito ai costruttori di incrementare i ricavi a dispetto del drastico taglio dei volumi di vendita. D’altra parte, i governi si trovano in una posizione quantomai scomoda. Gli strumenti di sviluppo dell’offerta di chip e altri componenti richiederanno anni per andare a regime.
Nel frattemp c’è da salvaguardare un’industria, quella dell’auto, che impiega 12,7 milioni di persone in Europa, il 6,6% del totale continentale. Sotto questo punto di vista destano preoccupazione i numeri di Stellantis che ad aprile ha registrato il dato peggiore fra i grandi costruttori (-31%). Di recente, il ceo Carlos Tavares ha detto che il gruppo è in grado di operare al 50% della capacità produttiva e restare comunque redditizio. A meno di inversioni di tendenza, tuttavia, il continuo calo dei volumi potrebbe prima o poi portare la casa a nuove riflessioni sulle fabbriche, incluse quelle italiane. Conscio di questo pericolo, il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, ha sottolineato che «il governo continuerà ad implementare ogni possibile misura per garantire il settore aumotovie, con particolare attenzione alla salvaguardia di tutti gli stabilimenti localizzati sul territorio nazionale». Secondo il titolare del Mise, «l’industria automotive, in cui opera il gruppo Stellantis, è una delle industrie strategiche per l’economia nazionale e il governo sta ponendo in essere tutti gli sforzi necessari per sostenerla in questo difficile periodo storico caratterizzato da gravi difficoltà dovute alla crisi pandemica, all’aumento dei costi energetici e all’approvvigionamento di semiconduttori». In questo scenario, ha concluso «è indubbio che gli stabilimenti Stellantis ricoprano un ruolo di rilievo, sia in termini produttivi che occupazionali. È necessario, dunque, monitorare costantemente le scelte del gruppo e richiamarlo agli impegni assunti». (riproduzione riservata)
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