Nel 2022 i cinque principali rischi per gli esportatori saranno: energia (57%), tensioni geopolitiche (50%), strozzature nelle catene di approvvigionamento (50%), costi e carenze delle materie prime (49%) e i costi di finanziamento (46%).
Allianz Trade ha analizzato i trend e il sentiment delle aziende negli Stati Uniti, in Cina, Regno Unito, Francia, Italia e Germania attraverso due sondaggi, uno prima e uno dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, coinvolgendo quasi 3.000 aziende.
L’invasione dell’Ucraina ha sollevato importanti venti contrari alla ripresa economica globale
A seguito dell’invasione dell’Ucraina, Allianz Trade ha tagliato le previsioni di crescita del PIL globale a +3,3% nel 2022 e +2,8% nel 2023 (rispetto a +5,9% del 2021), con un calo rispettivamente di -0,8 pp e -0,4 pp. Per quasi due terzi, la revisione al ribasso si lega alle conseguenze sulla fiducia e sulla catena di fornitura, mentre per il resto è dovuta all’aumento dei prezzi delle materie prime. Anche l’inflazione globale si rivelerà più alta (6% nel 2022, con una revisione al rialzo di +1,9 pp) a causa dell’aumento dei prezzi energetici e alle discontinuità più lunghe del previsto nella catena di fornitura, che contribuiranno in uguale misura alle pressioni sui prezzi.
Il gruppo prevede inoltre che la crescita del commercio globale scenderà di almeno 2 punti percentuali nel 2022 crescendo così del 4% in termini di volume, appena al di sotto della media a lungo termine. Le conseguenze su fiducia e domanda provocheranno nel 2022 una perdita di 480 miliardi di dollari di esportazioni verso la Russia e i paesi dell’Eurozona. Al contrario, gli esportatori netti di materie prime dal Medio Oriente e dall’America Latina potrebbero beneficiare dei prezzi più alti delle commodity e dei potenziali effetti di sostituzione rispetto alla Russia. In termini di costi commerciali, il forte aumento dei prezzi del petrolio potrebbe causare nel 2° trimestre un nuovo record dei costi di trasporto (+40% rispetto al picco precedente). Inoltre, le ondate di Covid-19 in Cina e la politica del “zero Covid” aumenteranno i colli di bottiglia nella catena di fornitura e manterranno elevati i tempi di consegna dei fornitori.
Dopo l’invasione dell’Ucraina, la quota di intervistati che si aspetta un aumento del fatturato dalle esportazioni è scesa dal 94% al 78%.
L’anno scorso è stato un anno eccezionale per gli esportatori: complessivamente 7 su 10 hanno dichiarato un rendimento dell’export superiore alle aspettative. La performance è stata particolarmente forte negli Stati Uniti e in Germania, dove rispettivamente il 75% e il 76% delle imprese ha riferito di aver raggiunto volumi di esportazione più alti del previsto. Tuttavia, gli esportatori hanno dovuto adeguarsi a una nuova normalità negli scambi, in un contesto di continui lockdown e strozzature dei trasporti. In che modo? Negli Stati Uniti, dove le imprese sono state maggiormente colpite da problemi di fornitura, ciò ha spinto ad aumentare le scorte (48%), cercare nuovi fornitori (45%) e puntare verso nuovi mercati di esportazione (43%) per stimolare la crescita. In Francia, Italia e Regno Unito più di un terzo degli esportatori riferisce di essersi rivolto a nuovi fornitori per gestire le discontinuità della catena di fornitura, mentre in Germania il 39% degli esportatori si è concentrato su nuovi mercati di esportazione, soprattutto quelli più vicini come Francia e Spagna.
Appena usciti dalla crisi del Covid-19 e dovendo ora affrontare le onde d’urto economiche sul commercio globale causate dall’invasione dell’Ucraina, che cosa si aspettano gli esportatori per il 2022? Prima dell’invasione le imprese sembravano convinte che il 2022 avrebbe portato loro ancora più opportunità del 2021. Complessivamente il 94% prevedeva un aumento del fatturato dall’export e il maggiore ottimismo si concentrava in Francia e in Italia (97%). La maggior parte degli esportatori pianificava di espandersi verso nuovi mercati nel 2022 (79%), soprattutto le aziende cinesi e americane (92% e 84%).
Ma l’aggressione militare dell’Ucraina e le massicce sanzioni contro l’economia russa hanno cambiato tutto. “Non sorprende che la guerra abbia infranto queste aspettative: la quota di intervistati che prevedono un aumento del fatturato dalle esportazioni è scesa dal 94% al 78% (- 16 pp). In Italia e in Francia, dove le imprese erano più ottimiste, si pensa che nel 2022 il fatturato dell’export diminuirà. Benché la Russia e l’Ucraina non rappresentino dei mercati finali chiave per gli esportatori europei, la situazione di guerra sta influenzando il commercio globale con effetti indiretti (catene di approvvigionamento, materie prime, energia) che incidono sulle opportunità di esportazione delle imprese”, dichiara Françoise Huang, Senior Economist per Global Trade e APAC di Allianz Trade.
Secondo più della metà degli intervistati europei, il rischio di mancato pagamento aumenterà nei prossimi sei-dodici mesi
L’esposizione degli esportatori al rischio di mancato pagamento sembra essere recentemente aumentata. Il sondaggio dimostra che negli ultimi 12 mesi gli insoluti hanno avuto un impatto da moderato a significativo sulle esportazioni di quasi il 60% delle aziende, registrando l’incidenza maggiore in Francia (66%), Cina (65%) e Stati Uniti (58%). Inoltre, nonostante la forte ripresa economica del 2021, l’accumulo di liquidità di molte aziende e il solido recupero del commercio globale, il 50% degli intervistati segnala un allungamento dei tempi di pagamento nel 2021, soprattutto in Francia (62%). È interessante notare che tra le imprese in cui è stata avviata la digitalizzazione (con la prevista semplificazione delle transazioni), il 58% degli intervistati ha registrato tempi di pagamento ancora più lunghi.
In ogni caso, il rischio di mancato pagamento continuerà ad essere un problema per gli esportatori nel 2022: prima dell’invasione dell’Ucraina, quasi 1 esportatore su 3 prevedeva un aumento dei tempi di pagamento e del rischio di insoluto. Dopo l’invasione e il conseguente impatto sull’economia globale, più della metà degli intervistati europei si aspetta che tale rischio si aggravi nei prossimi sei-dodici mesi. Allo stesso modo, oltre il 40% degli esportatori europei prevede un allungamento dei tempi di pagamento dopo lo scoppio della guerra.
La strategia internazionale: gli esportatori promuovono la produzione locale e l’autofinanziamento
Nonostante tutti i dubbi sull’inizio della fine della globalizzazione, la crisi del Covid-19 non ha scatenato l’ondata di reshoring (o controesodo) che si attendeva nel 2021, tuttavia la maggior parte delle imprese intervistate (79%) preferisce ancora produrre in patria, oscillando dal 74% del Regno Unito all’89% della Cina.
Come faranno le imprese a finanziare le ambizioni del 2022? Prima dell’invasione dell’Ucraina, i flussi di cassa erano la principale fonte di finanziamento per più della metà degli esportatori (53%), seguiti dai prestiti bancari (49%) e dal credito concesso dai fornitori (36%). La quota di esportatori che prevedeva di usare il contante era più alta nel Regno Unito (64%), seguita da Stati Uniti (57%) e Cina (54%).
Dopo l’invasione dell’Ucraina, il 44% degli esportatori europei riferisce di voler cercare più investimenti per svilupparsi a livello internazionale di quanto non pianificasse in precedenza, probabilmente con l’obiettivo di diversificare i mercati piuttosto che ritirarsi dal gioco o ridimensionare, sulla scia della guerra, le ambizioni di esportazione. Tuttavia, il 15% delle imprese non prevede di investire o ridurrà i piani di investimento a causa del conflitto.
Il sostegno statale: da salvavita a morfina per le imprese?
Il sondaggio rivela che la maggioranza delle imprese esportatrici (54%) ha ricevuto qualche forma di sostegno statale negli ultimi 12 mesi, soprattutto in Cina (70%) e in Italia (60%). Inoltre, due terzi delle aziende intervistate confermano che tale sostegno le abbia in parte aiutate a sopravvivere alla crisi. Circa un quarto dichiara di essere riuscito anche a investire in nuove capacità produttive e quindi a diversificare i fornitori, mentre il 20% circa non ce l’ha fatta a ridurre i tempi di pagamento ai fornitori.
Come possono fare i governi a sostenere ancora le imprese? “Mentre in Europa molte economie sono alle prese con la scarsità di manodopera qualificata, il 44% delle imprese francesi, il 45% di quelle tedesche e il 53% delle aziende italiane chiedono ai governi di attuare delle politiche di riqualificazione del lavoro. Inoltre non sorprende che, dopo alcuni anni di politiche abbastanza protezionistiche negli Stati Uniti e dopo un anno di Brexit, quasi la metà delle imprese statunitensi e britanniche chiedano ai rispettivi governi di stringere nuovi accordi di libero scambio”, risponde Ana Boata, Head of Macroeconomic and Sector Research Allianz Trade.
Mentre il peggio della pandemia sembra essere alle spalle, circa il 50% degli esportatori europei afferma che un ulteriore sostegno statale sotto forma di più prestiti garantiti dallo Stato e sovvenzioni dirette li aiuterebbe a sopportare meglio l’impatto della guerra. In effetti, anche prima dell’inizio del conflitto oltre il 30% di tutte le imprese intervistate sperava in un sostegno statale per finanziare le attività del 2022. Per alcune aziende l’aiuto finanziario dello Stato sembra essere diventato la “nuova normalità”.