Pagina a cura di Stefano Loconte e Giulia Maria Mentasti
Rischio sanzioni «231» sempre più alto, arrivando dalla Cassazione un’estensione dell’applicabilità della responsabilità da reato delle società anche ai casi di violazioni sporadiche: è quanto emerge dalla sentenza del 31 marzo 2021, n. 12149, della quarta sezione penale della Suprema Corte, secondo la quale il criterio di imputazione oggettiva dell’interesse, richiesto dalla normativa per la configurabilità della responsabilità da reato degli enti ex dlgs 231/2001, può sussistere anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta a un’iniziativa estemporanea, senza la necessità di provare la natura sistematica delle violazioni (in quel caso antinfortunistiche).

Il caso. Nella vicenda in esame, il direttore generale di una srl, nonché addetto alla produzione e datore di lavoro, era stato condannato per il reato di cui all’art. 590 c.p. ai danni di un lavoratore, aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, per non aver fornito attrezzature o accessori necessari per l’uso in sicurezza delle macchine e dei mezzi, e per non avere impartito ai lavoratori idonee istruzioni; specularmente, per il medesimo fatto, la società era stata dichiarata responsabile dell’illecito amministrativo contestato ai sensi del dlgs 231/2001.

Sia la difesa dell’imputato che quella della società presentavano ricorso per Cassazione; in particolare, per quanto più ora interessa, per l’ente veniva dedotta violazione dell’art. 5, dlgs n. 231/2001, rilevando che, nel passaggio motivazionale relativo al trattamento sanzionatorio dell’imputato, la stessa Corte territoriale aveva riconosciuto che la condotta s’inseriva in un contesto di evidente eccezionalità, premessa dalla quale era logico attendersi la conclusione che, nella specie, difettassero sia l’interesse che il vantaggio per l’ente.

Inoltre, secondo il deducente, la Corte territoriale si sarebbe palesemente discostata dalle stesse nozioni giuridiche di interesse e vantaggio, rinvenendo un asserito interesse nel risparmio sulla complessiva operazione di installazione e collaudo dei mezzi.

La responsabilità da reato delle società. Dunque, premettendo sin d’ora che la Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, ciò che preme evidenziare è il percorso argomentativo che ha condotto alla declaratoria di inammissibilità, in quanto idoneo a estendere a macchia d’olio la responsabilità da reato degli enti.

In riferimento alla disciplina in esame, giova precisare che si tratta di un modello di responsabilità che, coniugando i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, ha finito con il configurare un tertium genus, compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza (cfr. Sezioni unite n. 38343/2014).

Quanto ai criteri d’imputazione oggettiva della responsabilità dell’ente, ovvero l’interesse o il vantaggio espressamente contemplati dall’art. 5, dlgs n. 231/2001, essi sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il primo esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo; il secondo ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito.
Dlgs 231 e violazioni anti-infortunistiche. Con riguardo poi alla responsabilità degli enti ritenuta in relazione a reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, la giurisprudenza di legittimità nel tempo ha precisato che la colpa di organizzazione è fondata sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le dovute cautele organizzative e gestionali (cfr. Cass. pen., Sez. un., n. 38343/2014), e che i suddetti criteri di imputazione oggettiva vanno riferiti alla condotta del soggetto agente e non all’evento.

In altre parole, è possibile che l’agente violi consapevolmente la cautela, o addirittura preveda l’evento che ne può derivare, pur senza volerlo, per corrispondere ad istanze funzionali a strategie dell’ente, e traendone di conseguenza un esito vantaggioso per la stessa società, da intendersi non solo come risparmio di spesa conseguente alla mancata predisposizione del presidio di sicurezza, ma anche come incremento economico dovuto all’aumento della produttività non rallentata dal rispetto delle norma cautelare (cfr. Cass. pen., sez. IV, n. 31003/2015, e n. 53285//2017).

In particolare, la casistica ha ravvisato il suddetto vantaggio nel risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dei procedimenti e dei presidi di sicurezza; nell’incremento economico conseguente all’incremento della produttività non ostacolata dal rispetto della normativa prevenzionale (così Cass. pen., sez. IV, n. 31210/2016, e n. 43656/2019); nel risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e informazione del personale (così Cass. pen., sez. IV, n. 18073/2015); o, ancora, nella velocizzazione degli interventi di manutenzione e di risparmio sul materiale.

La rilevanza anche di trasgressioni isolate. Questa l’estesa definizione di vantaggio avallata anche nella sentenza in commento, attraverso la quale la Cassazione ha peraltro aggiunto un ulteriore chiarimento che amplia significativamente anche la portata del parametro dell’interesse.

Precisamente, ad avviso degli Ermellini, tale criterio di imputazione può sussistere anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta a un’iniziativa estemporanea, senza la necessità di provare la natura sistematica delle violazioni antinfortunistiche, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente. Sarebbe eccentrico rispetto allo spirito della legge, considerato peraltro l’innegabile quoziente di genericità del concetto di sistematicità, ritenere irrilevanti tutte quelle condotte pur sorrette dalla intenzionalità, per il solo fatto che, in quanto episodiche e occasionali, non sono espressive di una politica aziendale di sistematica violazione delle regole cautelari; al contrario, ogniqualvolta sia individuato nel compendio probatorio un vantaggio o interesse per l’ente, anche una sola violazione è perfettamente compatibile con la configurabilità di una responsabilità 231.

La decisione della Cassazione. Nella vicenda in esame, i giudici di merito, nell’esaminare il criterio di imputazione oggettivo ai sensi dell’art. 5, dlgs n. 231 del 2001, avevano in maniera del tutto pertinente messo in evidenza, sulla scorta degli elementi restituiti dall’istruttoria, l’interesse dell’ente consistito nella velocizzazione dei tempi del collaudo dei mezzi e il vantaggio rappresentato dal risparmio sui costi di noleggio dell’attrezzatura, elementi fondanti la responsabilità da reato della società anche a fronte del carattere eccezionale e della non sistematicità della violazione.

Da qui, oltre al rigetto del ricorso dell’imputato, l’inammissibilità di quello dell’ente, e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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