di Luca Gualtieri
Al termine del primo giorno di rastrellamento Unipol si è già posizionata al 6,9% della Popolare di Sondrio, diventandone così il primo socio davanti al fondo Amber. La compagnia guidata da Carlo Cimbri non intende comunque fermarsi ma anzi raggiungere speditamente l’obiettivo del reverse accelerated book building annunciato al mercato martedì 25. Nel mirino c’è la quota del 9,5% che, una volta avvenuta la trasformazione della Sondrio in spa, consentirebbe a Unipol di esercitare una notevole influenza non solo sulla governance ma anche sulla strategia della banca valtellinese. Intanto per il 4% acquistato ieri l’esborso è stato di 75,6 milioni di euro a 4,15 euro per azione, con un premio del 4,3% sui 3,98 euro della chiusura (archiviata in calo dello 0,5% per una fisiologica riduzione dell’appeal speculativo, mentre Unipol ha perso il 3,83% e Bper il 4,8%).
Oltre che sugli acquisti gli occhi del mercato sono puntati sul più ampio progetto strategico in cui potrebbe rientrare la mossa della compagnia bolognese. Secondo gli analisti di Intesa Sanpaolo il blitz «può facilmente essere visto come una mossa verso il processo di consolidamento bancario», orientato nella direzione di «una fusione tra Bper (di cui Unipol ha una quota del 18,9%) e Popolare di Sondrio, entrambi partner di bancassurance» di Bologna. Equita (advisor di Unipol per gli acquisti in corso sul mercato) ritiene d’altra parte che la mossa di Unipol «riduca fortemente la contendibilità della banca, vista la presenza rilevante di un azionista industriale all’interno della base azionaria di Popolare di Sondrio, e, a differenza di numerosi altri soggetti potenzialmente coinvolti nel consolidamento di settore, la banca non ha dta trasformabili sulla base del decreto sostegni bis in caso di fusioni tra banche, riducendo il numero di potenziali compratori della banca».
Di certo l’operazione non si configura ostile, come del resto ha confermato ieri il direttore generale della popolare Mario Pedranzini: la banca accoglie con favore l’investimento di Unipol «come segnale di fiducia. La banca è stata sempre aperta a partnership industriali che contribuiscano a far crescere l’istituto di credito e allo stesso tempo è determinata a preservarne l’autonomia». Pedranzini ha spiegato all’agenzia MF-DowJones che le partnership industriali sono sempre state il cavallo di battaglia dell’istituto di credito perché possono contribuire a dare ulteriore valore aggiunto a vantaggio anche dei «160 mila soci azionisti. Abbiamo sempre coltivato le partnership ma guardando all’aspetto industriale e non finanziario. Abbiamo un grande senso di responsabilità rispetto ai nostri azionisti», ha chiosato il banchiere. «L’istituto di credito», ha ricordato ancora il direttore generale, «è spesso andato controcorrente rispetto alle scelte di alcuni concorrenti e del mercato e continuerà a farlo guidato dalla responsabilità verso la propria base sociale».
Se insomma il deal va nella direzione della formazione di quel terzo polo che molti auspicano da tempo nel sistema bancario italiano, sarà interessante capire che effetti ci saranno per gli altri istituti di credito a partire da Banco Bpm. Dopo che l’offerta pubblica di Intesa Sanpaolo su Ubi ha rimesso in moto il consolidamento nel settore, l’istituto guidato da Giuseppe Castagna (e assistito da Lazard come advisor finanziario) è stato uno dei soggetti più attivi. Tante le possibilità esplorate: da un’integrazione con il Crédit Agricole fino per l’appunto a un merger of equals con Bper che però oggi appare decisamente più lontano. Così nella city milanese la mossa di Unipol ha fatto salire le chance di un fidanzamento tra il Banco e l’Unicredit di Andrea Orcel che da qualche tempo guarda con interesse verso piazza Meda. Qualcuno ritiene peraltro che nel progetto potrebbero rientrare anche alcuni asset del Montepaschi, a partire dalla rete ex Antonveneta. Specie se la riscrittura della norma sulle dta alzasse la dote fiscale e sciogliesse gli ultimi nodi relativi alle fusioni triple. (riproduzione riservata)
Il terzo polo nascerà tra Bologna e Modena. Milano? Può attendere
Per l’incursione di Unipol sulla Popolare di Sondrio non è il caso di parlare di mossa a sorpresa, non solo perché, come hanno confermato le dichiarazioni rese ieri dal direttore generale Mario Pedranzini, i rapporti tra l’istituto valtellinese, la compagnia e la partecipata Bper sono consolidati, ma anche perché il rally segnato dalle azioni della popolare negli ultimi mesi è lì a testimoniare le aspettative che il mercato nutriva da tempo. Nemmeno stupisce il dinamismo di Unipol, che, a meno di otto anni dal salvataggio di Fonsai, nel 2020 aveva già affiancato Intesa Sanpaolo nell’assalto a Ubi, consentendo a Bper di aggiudicarsi i 620 sportelli del gruppo lombardo e aprendo così una nuova stagione di consolidamento bancario. Se nell’anno del Covid molte aziende hanno preferito congelare investimenti e operazioni straordinarie e attendere tempi più propizi, Unipol è stata tra i pochi a muoversi. Semmai oggi la city milanese si interroga su quali saranno le prossime mosse di Carlo Cimbri. Si sa che il banchiere Enrico Cuccia aveva una passione per le assicurazioni, ritenendo a ragione che le loro riserve fossero il misconosciuto tesoretto della finanza italiana. Cimbri vede le cose da una prospettiva opposta e, muovendo dalle polizze, ha progressivamente spostato l’attenzione sul sistema bancario. Così, dopo la salita al 18,9% di Bper e il rastrellamento dei titoli della Popolare di Sondrio, la compagnia potrebbe promuovere la nascita di quel terzo polo bancario che il sistema auspica da tempo. Un polo che manterrebbe come baricentro il saldo asse tra Bologna e Modena e che, soprattutto, non avrebbe fretta di espandersi nella pur vivace piazza milanese. (riproduzione riservata)
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