di Lucio Sironi
Un tema portante di questi ultimi mesi in tema di risparmio, ripreso in più occasioni anche in questa rubrica, è stato il consistente flusso di denaro convogliato dagli italiani nel 2020 in risposta all’emergenza pandemica e alle incertezze legate al futuro. Questa tendenza ha portato i conti correnti e i depositi bancari degli italiani a contenere oltre 1.700 miliardi di euro, un cospicuo bacino di denaro semplicemente parcheggiato in totale inefficienza, dal momento che non rende ai depositanti e finisce per essere dannoso anche per i conti delle banche, gravate dai tassi negativi applicati dalla Bce. Il risultato è che gli stessi istituti di credito stanno studiando i modi per potersi alleggerire di questo fardello spingendoli ad abbracciare altre forme d’impiego di questi risparmi, vuoi alzando i costi a carico dei clienti, vuoi arrivando a congedare quei correntisti che intendono lasciare a lungo in giacenza una abbondante liquidità.
Il cavallo di battaglia più apprezzato dagli intermediari per spingere gli italiani a rimettere in circolo i risparmi accumulati in epoca di pandemia è indurli a investire in strumenti legati all’economia reale. Tra questi figurano senz’altro i fondi azionari di vario tipo, in grado di agganciare la ripresa economica che ci si aspetta dopo la frenata imposta dai lockdown, soprattutto in una fase in cui il reddito fisso finora non ha rappresentato una efficace alternativa, alla luce dei tassi sottozero in circolazione da tempo.
Alcuni segnali che questi sforzi stanno avendo effetto si vedono nella crescita dei flussi di raccolta. I quali riguardano senz’altro i fondi comuni, ma lo strumento che si sta imponendo almeno in termini relativi è un altro: sono le polizze vita. A marzo la nuova produzione di polizze individuali messa a segno in Italia, sia dalle compagnie italiane sia dalle rappresentanze di imprese extra-Ue, ha sfiorato quota 9 miliardi di euro, l’ammontare mensile più alto dell’ultimo quinquennio, in aumento del 90% rispetto allo stesso mese del 2020, quando iniziarono le prime restrizioni per fronteggiare la crisi pandemica che avevano causato una contrazione della nuova emissione di circa il 45%. Al risultato hanno contribuito sia gli sportelli bancari sia le reti: entrambi i canali hanno registrato una raccolta di nuovi premi doppia rispetto a marzo 2020. Inoltre nel primo trimestre dell’anno i nuovi premi vita emessi sono stati pari a 24,14 miliardi, +13,8% rispetto al 2020. Oltre la metà dei nuovi premi è confluita sulle polizze vita di ramo 1, legate alle gestioni separate (il cuore dell’offerta assicurativa italiana: contratti assicurativi sulla durata della vita, con prestazioni collegate alla morte, alla vita dell’assicurato o entrambe), con una produzione di 5,25 miliardi (il 58% del totale), in netto aumento (+68,4%) rispetto allo stesso mese del 2020. A marzo inoltre il 41% nuova produzione ramo ha riguardato il ramo III (nella forma esclusiva unit-linked) per 3,68 miliardi, l’importo più alto degli ultimi cinque anni e più che raddoppiato rispetto a marzo 2020 (1,5 miliardi).
Che cosa si può dedurre da questa predilezione dimostrata dagli italiani verso i contratti assicurativi? Da un lato va elogiata la tendenza alla protezione che emerge, anche se curiosamente una forma di tutela per eccellenza quali i fondi pensione continua a essere poco presente nelle scelte dei lavoratori. Dall’altro non ci si può nascondere che le paure in circolazione sono ancora tante, se gran parte delle scelte di chi comincia a rimettere piede sui mercati sente la necessità di farlo solo se ben corazzato dallo scudo protettivo di una polizza. (riproduzione riservata)
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