Operatori italiani come Banca Mediolanum, Banca Generali e Fineco potrebbero essere adatti alla strategia di Mediobanca anche se, almeno finora, non sono stati posti in vendita
di Luca Gualtieri
Il futuro di Mediobanca è uno dei temi che appassiona di più banker e analisti finanziari. Non solo perché la merchant è uno dei poli della city milanese, ma anche perché lo stretto legame con le Generali ne fa ancora uno dei centri nevralgici della finanza italiana. Ma a stimolare la curiosità del mercato in tempi recenti sono stati soprattutto i movimenti che si sono registrati nella Galassia, dalla salita di Leonardo Del Vecchio nel capitale di Mediobanca all’ingresso di Francesco Gaetano Caltagirone che, proprio su Generali, ha aperto un confronto serrato con il vertice della merchant. A rinfocolare ancor di più le speculazioni ci ha pensato qualche settimana un report di Morgan Stanley ipotizzando un blitz di Unicredit sulle Generali. Quale sarà l’esito di queste complesse manovre sull’asse Milano-Roma-Trieste lo si saprà solo nei prossimi mesi.
Nel frattempo il ceo Alberto Nagel ha voluto sgombrare il campo dalle speculazioni: «Penso che una combinazione tra una banca d’affari specializzata come siamo noi e una banca universale come Unicredit sia poco sensata e dia poco sia all’uno che all’altro». Durante la presentazione dei risultati trimestrali il banchiere ha però aperto a deal mirati soprattutto nel settore del wealth management. «Crediamo che nel wealth management ci siano opportunità di crescita organica e per linee esterne sia in Italia che all’estero», ha spiegato sottolineando poi che sul mercato ci sono «valori molto alti per i grandi deal e questo può rappresentare un ostacolo, ma per quelli più piccoli e più opportunistici i valori sono più convenienti». Dichiarazioni che non hanno sorpreso il mercato. Il wealth management è l’area di business su cui Mediobanca ha investito maggiormente negli ultimi cinque anni ed è al centro del piano strategico al 2023. La crescita nei servizi di gestione dei risparmi è vista da Piazzetta Cuccia come un’opportunità particolarmente attraente perché sinergica ai servizi cib, tradizionalmente il core business del gruppo, e perché insiste su un mercato, quello del risparmio privato delle famiglie italiane, ampio e con margini di crescita interessanti. Alla luce di questi progetti e anche in assenza di crescita esterna, Mediobanca mira ad accrescere la propria market share aumentando la propria capacità distributiva nella gestione patrimoniale del 50% entro il 2023, attraverso l’assunzione di consulenti finanziari, private e investment banker. Ma a stimolare la curiosità del mercato è soprattutto l’ipotesi di un deal straordinario. Operatori italiani come Banca Mediolanum, Banca Generali e Fineco potrebbero essere adatti alla strategia di Mediobanca anche se, almeno finora, non sono stati posti in vendita. In ogni caso le risorse per sostenere iniziative di questo tipo non mancherebbero, visto che la merchant ha più volte dichiarato di essere pronta a vendere parte della sua quota del 13% di Generali per finanziare deal più grandi. In attesa di una grande operazione comunque, il vertice non esclude di rafforzarsi con operazioni di minor entità nel consumer banking o con opportunità nel wealth management nel caso di uscita dal mercato di operatori esteri, come già accaduto nel 2015 con Barclays. Sarà insomma una mossa a sorpresa a scrivere il futuro di Mediobanca? Non è escluso, soprattutto oggi che i radar del mercato sono indirizzati altrove. (riproduzione riservata)
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