Serve davvero aumentare la (bassa) imposta di successione per finanziare sostegni ai più giovani? Dal rischio di doppia imposizione a quello di un ricavato esiguo: pro e contro della proposta di Letta (Pd)
di Teresa Campo
Puntuale come un orologio torna lo spauracchio di imposte di successione più salate. Stavolta a rispolverarlo è il segretario del Pd Enrico Letta che, forte anche di un recente studio Ocse sul tema, l’ha rilanciato nei giorni scorsi, in una nuova formula: più tasse sui ricchi (patrimoni oltre il milione di euro) per aiutare i giovani, oggi una delle categorie sociali più sacrificate. Chiari i fondamenti su cui si basa il ragionamento del segretario: l’Italia è uno dei Paesi dove la tassazione sui patrimoni in successione è più bassa: il prelievo non arriva allo 0,2% del gettito totale contro una media Ocse dello 0,5%. Il ricavato di quest’imposta è anzi andato assottigliandosi nel tempo. Potremmo farne una tassa di scopo, destinando i maggiori introiti ai diciottenni meno abbienti. In assenza di dettagli più precisi la domanda è: paghiamo davvero così poco? E sarà una misura efficace? Ne abbiamo parlato con Marco Cerrato, avvocato e partner dello studio Maisto e Associati, presidente Step Italy e professore di diritto tributario all’Università Liuc di Castellanza.
Domanda. Dallo studio Ocse emerge che in Italia l’imposta di successione è molto bassa. Come mai?
Risposta. Premetto che trovo un po’ fuorviante fare un raffronto solo con i Paesi dove si paga di più. Dalla stessa analisi Ocse emerge per esempio che è vero che l’imposizione in Italia è sotto la media, ma è vero anche che ci sono Paesi dove non si paga addirittura nulla perchè è stata abrogata come per esempio Australia, Austria, Israele, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia. In totale sui 37 Stati Ocse ben 13 non prevedono un’imposta sulle successioni. E l’Ocse in qualche modo le giustifica pure, evidenziando al riguardo le difficoltà politiche associate all’introduzione di un tributo del genere.
D. Il divario tra le aliquote italiane e le altre è comunque elevato: 4% contro un prelievo dal 20 al 40% in Germania, dal 5 al 45% in Francia e quasi del 50% in Giappone. E anche la franchigia di un milione è tra le più alte al mondo.
R. Dati però significativi solo fino a un certo punto. Oltre alla tassazione media, andrebbe infatti esaminato il singolo caso. Molti tra gli Stati a maggior imposizione prevedono aliquote significative per i passaggi nei confronti di estranei, ma per esempio poco o nulla nei confronti del coniuge. Difficile quindi un confronto omogeneo tra le aliquote estere e quelle vigenti in Italia. Ma il punto vero non è dove una certa imposta è più o meno salata.
D. E quale allora?
R. Che il tema tassazione va esamitato nel suo complesso e non riguardo a un’unica voce. In Italia l’imposta sulla successione è prevista nell’ambito di un sistema tributario con aliquote Irpef assai rilevanti e con un sistema di tassazione delle persone fisiche molto articolato. Di conseguenza l’inasprimento del prelievo successorio comporterebbe di fatto una doppia imposizione di una ricchezza già pesantemente tassata.
D. Volendo fare qualche cifra, quanto pesantemente tassata?
R. Basta qualche numero. Partendo dalle persone fisiche, l’mposta sui redditi spazia fino a un’aliquota marginale del 43% per redditi oltre i 75 mila euro, cui vanno aggiunte le addizionali regionali e comunali, spesso pari al 2%.
D. Più le imposte sugli altri redditi…
R. Appunto. Sulle rendite finanziarie paghiamo il 26%, che scende al 12,5% per i titoli di Stato. C’è poi l’imposta di bollo, pari allo 0,2%, che colpisce portafogli di titoli, polizze unit linked e quote di fondi, a eccezione dei conti correnti. Sugli strumenti finanziari esteri si applica invece l’Ivafe che prevede comunque la stressa aliquota.
D. Quanto paghiamo invece su case e altri immobili?
R. Non poco, neanche in questo caso. Partendo dall’acquisto, l’imposta di registro spazia dal 2 al 9%. A questa si aggiungono le imposte locali che risparmiano la prima casa purché non di pregio, ma pesano su tutto il resto. A cominciare dall’Imu, pari allo 0,76% della rendita catastale rivalutata, la stessa aliquota prevista dall’Ivie per gli immobili all’estero. E non è a costo zero nemmeno la casa in eredità. In caso di successioni di immobili situati in Italia, anche se non soggetti a imposta perché rientrano nella franchigia di un milione di euro, si applicano le imposte ipotecarie e catastali con aliquota del 2% (per gli immobili residenziali). Non sfuggono al fisco infine neanche le donazioni, tassate con le stesse aliquote e franchigie delle successioni, in modo da escludere facili arbitraggi. Per fare un esempio, non è possibile la donazione in esenzione per non sottoporre a tassazione la successione. Non dimentichiamo infine i consumi, tassati con l’Iva ordinaria del 22%.
D. Proposta Letta bocciata insomma?
R. Forse no, ma il discorso fisco, come sottolineato anche dal premier Mario Draghi, va rivisto in chiave complessiva. Inoltre, il gettito che deriva da questo tipo di imposte è tendenzialmente molto basso, la media Ocse è dello 0,51% del gettito totale, che scende allo 0,2% per l’Italia). Forse non è la prima leva su cui agire. (riproduzione riservata)
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