di Nicola Berti
Al mattino Repubblica rivela il pressing di Francesco Gaetano Caltagirone per un cambio di governance alle Generali. Alla sera l’annuncio a sorpresa in Borsa: Fininvest ha deciso di vendere in blocco il suo 2% in Mediobanca (con UniCredit in veste di broker in acquisto e quindi forti sospetti che l’acquirente ultimo sia Leonardo Del Vecchio). Insomma, c’è stata una giornata di non ordinaria amministrazione attorno a Piazzetta Cuccia e al suo «gioiello» residuo, il Leone di Trieste.
Che l’atmosfera rimanesse tesa lo si era già intuito domenica scorsa, quando il Corriere della Sera ha pubblicato un’inedita lettera del ceo Generali, il francese Philippe Donnet, che ha annunciato di aver preso la cittadinanza italiana. Proprio Donnet è il principale obiettivo dell’offensiva di Caltagirone, ormai secondo socio del Leone col 5,6%. Dopo aver disertato l’assemblea di bilancio, il finanziere romano (vicepresidente vicario a Trieste) ha sollecitato i consiglieri a modificare gli assetti di governance della compagnia, di cui Mediobanca resta azionista-pivot con il 13%. Il ripristino di un direttore generale con deleghe in affiancamento del Ceo e di un comitato esecutivo: queste le richieste di Caltagirone, che tuttavia mette virtualmente in discussione la stanza dei bottoni delle Generali con un anno d’anticipo sulle scadenze: forzando quindi fin d’ora un ricambio sia del presidente Gabriele Galateri di Genola (indicato da Mediobanca), sia di Donnet.
Per rendere più chiara la sua bellicosità, Caltagirone ha da poco acquisito anche una quota dell’1% di Mediobanca: ritrovandosi così «in fotocopia» a Leonardo Del Vecchio, titolare del 13% in Mediobanca e del 4,9% in Generali. Qui gli altri soci privati italiani (la famiglia Benetton 4% e DeAgostini 1%) portano il totale delle partecipazioni stabili nazionali a superare la quota Mediobanca.In Piazzetta Cuccia, è venuta meno Fininvest, con una mossa in sé sorprendente ma relativamente leggibile. Il Biscione sta accelerando il suo riassetto: centrato sul riposizionamento di Mediaset in Olanda, prevedibilmente al centro di una nuova combinazione europea della tv generalista. Il passo è stato reso possibile dalla pace siglata con Vivendi del finanziere francese Vincent Bolloré: lo storico «cavaliere bianco» che ha reso possibile l’autodifesa-arrocco di Mediobanca dopo la scomparsa di Enrico Cuccia e l’espulsione del delfino Vincenzo Maranghi. Silvio Berlusconi ha liquidato oltre 170 milioni evidentemente utili altrove e certamente indispensabili sul piano relazionale (benché Mediolanum rimanga al momento azionista-partnership di Mediobanca).
Certo, se l’acquirente finale del pacchetto fosse Del Vecchio (o anche Caltagirone), la mossa di Berlusconi potrebbe significare qualcosa di più: un tacito appoggio esterno alla scalata definitiva di Mediobanca e/o Generali da parte di altri grandi tycoons italiani. E trattandosi pur sempre del capo di una forza di maggioranza nel governo Draghi, il Cavaliere può aver segnalato anche il progress di un’operazione in corso: non stupirebbe tacitamente gradita al premier Mario Draghi (o quanto meno non sgradita: se maturasse «sul mercato» e se facilitasse la disponibilità successiva di UniCredit a intervenire nel salvataggio Mps).
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