di Roberto Sommella
La prima volta che Cesare Geronzi, storico banchiere romano, è tornato a parlare del caso Mediobanca- Generali è stata alla fine di una giornata importante: era la metà di agosto del 2020, chi scrive lo chiamò il giorno in cui Mario Draghi aveva appena parlato a Rimini al Festival dell’Amicizia. Ci sarà amicizia anche tra Alberto Nagel, Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone? La domanda, dovuta alle tensioni che già allora erano presenti tra i tre. «Aspettiamo qualche mese ma credo proprio di sì, deve posarsi ancora un po’ di polvere», la risposta di chi dalle parti di via del Tritone viene rimpianto alla guida della compagnia di assicurazione. Oggi, con l’imprenditore milanese primo azionista della merchant bank e il costruttore capitolino finito sull’Aventino a Trieste in palese dissenso con le scelte del management guidato da Philippe Donnet, la risposta dell’ex patron della Banca di Roma arriva puntuale, squillante. «Ho sensazioni molto positive, capisco il lavoro dei giornali che devono spiegare e raccontare cosa succede ogni giorno, ma credo che in Mediobanca e in Generali prevarrà il buon senso», ragiona Geronzi parlando della splendida giornata di sole romana come di un segnale che gli antichi avrebbero tratto anche per il loro destino. Dunque, secondo chi conosce bene i saloni ovattati ormai vintage di piazzetta Cuccia come il rosso porpora dei corridoi triestini, non ci sarà nessuno showdown nella finanza italiana orchestrato dall’uomo che ha appena passato il testimone in Essilux al fidatissimo manager Francesco Milleri e si guarda bene di far passare anche solo l’idea di un concerto con Caltagirone. Consob e Bce vigilano. «Non bisogna avere fretta, a volte nella vita come nella finanza serve aspettare», ragiona ancora Geronzi, che di Mediobanca e Generali è stato presidente, «a volte gli intrighi agli osservatori sembrano tali ma non lo sono affatto se si fa passare del tempo». Decrittato per chi non è abituato al vocabolario geronziano, significa che alla fine non ci saranno teste che cadranno sulla rotta Milano-Trieste per volere degli attivissimi e potenti azionisti. E in effetti un’altra fonte molto autorevole che preferisce invece l’anonimato ma che ha compulsato le dieci domande su Mediobanca- Generali di MF-Milano Finanza (cfr. il numero di giovedì 20 maggio) concorda: non ci sarà nessuna rivoluzione perché nel salotto buono della finanza italiana tutto cambia perché nulla cambi mai veramente. E questo perché è del tutto evidente come qualora Del Vecchio e Caltagirone davvero presentassero una terza lista all’assemblea della merchant bank, cosa in punta di diritto lecita, scatterebbe subito la tagliola della Bce. La quale, secondo quanto può anticipare questo giornale, in caso di elenco di consiglieri alternativi a quello del cda guidato da Alberto Nagel, rivedrebbe subito l’autorizzazione rilasciata al patron di Delfin a salire fino al 20% di Mediobanca in qualità di investitore finanziario: sarebbe subito considerato, avendo una sua lista, un investitore imprenditoriale e quindi l’autorizzazione revocata. Ma Leonardo Del Vecchio – Geronzi ne parla come uno dei più ‘‘intelligenti’’ imprenditori mai incontrati nella sua lunga vita di banchiere – si guarderà bene dal fare questa mossa da principiante. La pace che evoca Geronzi sarà quindi officiata in Mediobanca all’interno della prima lista canonica, senza dispendio di energie, rischi e spese di avvocati. Così si raggiungerebbe peraltro anche un altro obiettivo ricordato sempre da chi scrive e cioè non infondere nella Consob, nella Banca d’Italia e a cascata in Bce la convinzione che invece su Mediobanca- Generali, oltre a un neo patto di sindacato ci sia anche una sorta di intesa. Questi ragionamenti, che vengono sviscerati in altri articoli presenti su questo numero, portano anche a una seconda conclusione: dopo l’uscita di Fininvest da Piazzetta Cuccia e la situazione di bilico del patto dei soci storici della banca non ci sarà un patto alternativo bensì lo stesso con nuovi componenti, probabilmente indicati da Del Vecchio e Caltagirone. Il compromesso passa perciò dalla capacità dei suddetti e di Alberto Nagel, ceo della merchant bank, di trovare un accordo sui nuovi equilibri e anche sul successore di Donnet. Se sarà una riedizione finanziaria del Gattopardo si vedrà, prima dell’estate. (riproduzione riservata)
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