di Carlo Giuro
Come sottolineato in più occasioni dall’Ania, una delle tendenze più rilevanti in senso prospettico è rappresentata dall’invecchiamento della popolazione e dalla bassa natalità, aspetti che condizionano profondamente le scelte di ognuno di noi in relazione al risparmio, alla previdenza, alla gestione dei rischi. Per quanto riguarda la previdenza, il settore assicurativo sottolinea la necessità di stimolare la consapevolezza dei bisogni con una adeguata informativa e di incentivare il sistema misto pubblico-privato che, nel rispetto delle reciproche peculiarità e con un fisco adeguatamente rivisto sia in chiave di detassazione nella fase di accumulo che promuovendo il «passaggio generazionale» del risparmio incentivando i versamenti contributivi per figli e nipoti, garantisca una sostenibilità di lungo periodo. In attesa di verificare quali potranno essere le eventuali novità normative da introdurre nel sistema previdenziale nello specifico tavolo di confronto tra governo e sindacati su un nuovo intervento di riordino che avrà tra i temi anche il rilancio delle forme pensionistiche complementari, arriva dal contesto europeo un significativo aliquid novi. È stato infatti pubblicato lo scorso 23 marzo nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il Regolamento che perfeziona l’iter del nuovo Pepp, il prodotto pensionistico individuale paneuropeo che dovrebbe debuttare negli Stati membri a partire dal 22 marzo 2022. L’obiettivo è quello di offrire ai risparmiatori un ulteriore strumento che si affiancherà alle soluzioni previdenziali già presenti su base nazionale (le forme pensionistiche complementari presenti in Italia sono i fondi pensione negoziali, i fondi pensione preesistenti, i fondi pensione aperti, i piani individuali di previdenza). Come si struttura il nuovo Pepp? È un prodotto pensionistico delineato in modo semplificato per quel che riguarda la architettura finanziaria con non più di 6 linee e una versione base con garanzia di restituzione del capitale o soluzione alternativa di mitigazione del rischio che sia comunque coerente con l’obiettivo di consentire al sottoscrittore la possibilità di rientrare in possesso almeno del capitale investito. Lo schema comunitario prevede poi nella soluzione base un tetto ai costi dell’1% del capitale accumulato per anno. Nella prospettiva di un’adesione consapevole si prevede che in via preliminare vi sia poi una adeguata consulenza da parte del collocatore che dovrà fornire al potenziale sottoscrittore una raccomandazione personalizzata. Significativa innovazione è legata poi alla possibilità di mantenere lo stesso prodotto nella eventualità di cambio lavoro all’interno dei Paesi dell’Ue con la creazione di specifici sotto conti nazionali in ragione delle normative di riferimento (va ricordato come la Social and Labour Law e la disciplina fiscale siano di competenza dei diversi Stati membri). Va sottolineato in ogni modo come la disciplina del Pepp per «atterrare» nel nostro Paese ha bisogno che venga approvata la legge di delegazione europea che adegui l’ordinamento nazionale con riferimento a profili quali la Vigilanza e, soprattutto la disciplina fiscale, che, secondo le raccomandazioni della Commissione europea, dovrebbe essere analoga a quella prevista per analoghi prodotti previdenziali di tipo individuale. Considerando la differenza di trattamento tributario rispetto ad altri Paesi membri (l’Italia è assieme a Danimarca e Svezia l’unico Stato in cui si tassano i rendimenti che nel resto d’Europa sono esenti), potrebbe essere l’occasione per una revisione in senso migliorativo in ottica di armonizzazione. (riproduzione riservata)
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