Una delle prime iniziative di Orcel è stata incontrare le reti commerciali di Unicredit che saranno uno dei fulcri del piano. Il dg? Potrebbe non servire. Il rilancio nella Penisola e la risposta di Intesa
di Luca Gualtieri
Un paio di giorni prima della presentazione dei risultati trimestrali, lunedì 3 maggio Andrea Orcel ha incontrato i rappresentanti della rete commerciale italiana di Unicredit, dai manager della torre B di piazza Gae Aulenti ai direttori di area. Nel corso del meeting il ceo si è soffermato sulla delicata congiuntura economica che il paese sta attraversando e sulle sfide operative che oggi si pongono per la banca, a partire da quella rappresentata dalla tecnologia. Espressioni come «attenzione per il cliente», «rapidità di risposta», «riduzione della complessità», «responsabilizzazione dei dipendenti» e, soprattutto, «crescita» sono tornate con frequenza, tratteggiando una strategia che il piano industriale di settembre renderà più puntuale. I medesimi concetti sono stati ribaditi anche durante la presentazione dei conti trimestrali, quando il ceo ha parlato chiaramente della necessità di «spostare la banca in maniera decisa da una fase significativa di ristrutturazione e ritracciamento» per portarla a una «che porti ritorni sostenibili sopra il costo del capitale».
Il rilancio delle attività italiane sarà insomma uno degli obiettivi verso i quali Orcel indirizzerà Unicredit. Un obiettivo che il banchiere considera prioritario rispetto alle operazioni di m&a su cui da tempo il mercato specula. La realizzazione di operazioni di m&a «non è un fine a sé, ma la vedo come un potenziale acceleratore e un fattore che può migliorare le nostre strategie», ha del resto puntualizzato aprendo la conference call di giovedì 6. Questo ovviamente non significa che l’aggregazione sia uscita dall’agenda, ma che l’individuazione del partner dovrà essere funzionale all’obiettivo numero uno: rafforzare la presenza di Unicredit nel retail e nel corporate italiani.
È fuor di dubbio che negli ultimi anni il peso della banca in queste aree si sia attenuato. Non solo perché un ceo cresciuto nell’investment banking come Jean Pierre Mustier non era la figura più adatta per gestire le complessità di una banca commerciale, ma anche perché il mirino è sempre rimasto puntato su un’integrazione internazionale che avrebbe annacquato le attività tricolori in un più ampio gruppo europeo. Probabilmente francese o tedesco. Per agevolare questo disegno verso la fine del 2020 Mustier aveva messo sul tavolo anche un progetto di scissione che avrebbe separato gli asset esteri di Unicredit da quelli italiani. Progetto rispedito al mittente dal presidente Pier Carlo Padoan e dal cda con uno strappo che determinò l’uscita del banchiere francese. Le tensioni dell’ultimo anno unite al lungo interregno tra l’uscita del vecchio ceo e l’insediamento del nuovo hanno ulteriormente complicato l’attività di Unicredit che solo nelle ultime settimane sta ritrovando una certa normalità, anche grazie all’interim gestito da Ranieri de Marchis. Ora spetterà a Orcel rivitalizzare il cuore del gruppo Unicredit.
Qualche numero? Solo il Commercial Banking Italy ha generato 1,7 miliardi di ricavi nel primo trimestre di quest’anno (638 milioni di margine di interesse e 970 milioni di commissioni) su 4,7 di ricavi consolidati. Numeri che possono competere solo con quelli della divisione Cib che, al 31 marzo, aveva messo a segno 1,2 miliardi di ricavi e che storicamente ha sempre visto nel mercato italiano il baricentro della propria attività. Non per caso motivo di forte preoccupazione al vertice fu l’idea di Mustier di scorporarlo e includerlo nel perimetro delle attività estere del gruppo.
Se negli ultimi anni entrambe queste aree di attività sono state penalizzate a tutto vantaggio di competitor domestici come Intesa Sanpaolo, Orcel è convinto di poter chiudere il gap. La prima tappa sarà la rivisitazione della prima linea per meglio rispondere all’idea di banca che il ceo e il board hanno in mente. Un annuncio in tal senso è atteso entro la prima metà di giugno anche se già da diverse settimane l’attività di selezione è intensa. La prima cosa a essere smontata potrebbe essere la presenza dei co-head che di fatto duplicano ogni ruolo apicale e che Mustier aveva concepito per evitare eccessive concentrazioni di potere al vertice della banca. Contrariamente alle ipotesi iniziali sembra invece che non sarà reintrodotta la figura del direttore generale, che la banca ha avuto fino all’inizio del 2019, quando l’uscita di Gianni Franco Papa ha di fatto cancellato il ruolo. Un forte presidio sarà comunque garantito al Commercial Banking Italy e al Cib per i quali il ceo starebbe vagliando diverse candidature. A fianco di importanti innesti dall’esterno (in particolare dal mondo dell’investment banking internazionale) Orcel sembra comunque orientato a valorizzare il management interno di Unicredit, facendo crescere professionisti che oggi militano nelle seconde o terze linee della banca. Una volta definita la prima linea, si passerà alla redazione del piano industriale che, vista la tempistica serrata, sarà soprattutto un aggiornamento dei target. Proprio nei giorni scorsi il ceo avrebbe iniziato a richiedere alle diverse divisioni della banca un aggiornamento dei target strategici alla luce degli effetti della pandemia.
Partendo da questi dati nelle prossime settimane dovrebbe entrare nel vivo la revisione della strategia per la quale non sembra però che al momento siano stati conferiti mandati a società di consulenza o banche d’affari. Presentato il piano è molto probabile che la tappa successiva sia l’integrazione. Non solo perché un deal consentirebbe di riorganizzare la struttura del gruppo e di estrarre preziose sinergie di costo e di ricavo, ma anche perché radicherebbe ancor di più Unicredit sul mercato italiano. I target possibili sono quelli su cui ormai da qualche mese scommette la city milanese: Mps e Banco Bpm, istituti diversi ma accomunati da una forte anima retail. Oppure un target assicurativo come Generali che rafforzerebbe la base commissionale del gruppo.
Si vedrà se queste saranno davvero le scelte di Orcel. Di certo, con o senza m&a, gli ambiziosi progetti del banchiere potrebbero mutare in profondità la geografia del banking italiano. Quali saranno le contromosse dei competitor, a partire da Intesa Sanpaolo che negli ultimi anni ha beneficiato delle défaillance di Unicredit? Dopo l’acquisizione di Ubi Banca per il gruppo guidato da Carlo Messina un’ulteriore espansione in Italia è assai poco probabile. Ecco perché qualche analista scommette che la contromossa possa avere luogo sui mercati esteri, magari attraverso l’integrazione di un altro gruppo europeo come Bbva o Crédit Suisse. Ipotesi del tutto astratte che misurano però la forte aspettativa dei mercati: con Orcel in Unicredit, Messina in Intesa e Mario Draghi a Palazzo Chigi il big bang del credito italiano potrebbe essere alle porte. (riproduzione riservata)
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