di Francesco Ninfole
Le famiglie italiane investono di più sui titoli pubblici nazionali rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa, offrendo il maggiore sostegno allo Stato. I risparmiatori del Paese detengono il 18,9% del debito nazionale, diviso tra un’esposizione diretta del 6,9% e una indiretta attraverso fondi e assicurazioni del 12%, secondo quanto è emerso in uno studio della Bce pubblicato ieri con dati relativi al terzo trimestre 2020. In Europa soltanto le famiglie maltesi hanno percentuali più alte, seguite da quelle italiane, olandesi (16%) e portoghesi (15,3%), mentre la media dell’Eurozona è del 15,8%. Si tratta di livelli in ogni caso inferiori a quelli di Usa (31,5%) e Regno Unito (26,6%).
«L’esperienza degli ultimi dieci anni mostra che la composizione del debito pubblico gioca un ruolo importante in ambiti come la gestione del debito pubblico, la stabilità finanziaria e la sostenibilità del debito sovrano», ha osservato l’analisi della Bce. Nel primo decennio dell’Unione monetaria «la quota di investimenti esteri nel debito pubblico dell’area euro, che comprende sia i creditori di altri Paesi dell’area sia quelli esterni, è aumentata a causa dell’aumento dell’integrazione finanziaria», ha aggiunto la ricerca. Dopo la crisi finanziaria globale e la crisi del debito sovrano invece «la quota di investimenti domestici è aumentata, prima guidata dalle partecipazioni delle banche e di altre società finanziarie e dal 2015 principalmente da quella delle banche centrali».
Gli anni tra il 2010 e il 2012 sono stati uno spartiacque. Gli investitori globali hanno ridefinito i portafogli allontanandosi dai Paesi sotto stress in Europa. Così in Italia e negli Stati del Sud la quota di debito detenuta all’estero è precipitata. Il trend si è ulteriormente accentuato dopo il 2015, quando è partito il Quantitative easing della Bce, varato per risollevare l’inflazione. L’effetto è stato quello di far crescere la quota di debito nei bilanci delle banche centrali nazionali (solo una parte limitata degli acquisti è condotta direttamente dalla Bce). Inoltre gli acquisti dell’Eurosistema hanno fatto scendere i tassi dei bond statali, dirigendo gli investitori verso titoli a più alto rendimento.
L’Italia è anche il Paese dell’Eurozona con la maggior percentuale (dopo Malta) di bond pubblici detenuta da residenti (70% contro la media del 56% nell’Eurozona): in parte è un segnale di sfiducia degli investitori stranieri, in parte è un elemento che garantisce maggiore stabilità al debito, che così è meno soggetto agli umori (di solito più variabili) degli operatori esteri. Nel terzo trimestre 2020 il debito era detenuto per il 22% dalla Banca d’Italia (21% in media per le banche centrali dell’Eurozona) e per il 25% dalle banche domestiche (19% la media dell’area euro). Secondo gli ultimi dati di Via Nazionale, relativi a gennaio 2021, Bankitalia ha aumentato l’esposizione a 566 miliardi come conseguenza degli acquisti del piano pandemico Pepp dell’Eurosistema, mentre quella delle banche è rimasta attorno ai 400 miliardi. (riproduzione riservata)
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