Con i ricavi tradizionali sotto pressione gli istituti riscoprono la bancassurance. Un ambito in cui potrebbe giocarsi la partita delle aggregazioni. Con un occhio rivolto al futuro delle Generali
di Luca Gualtieri
Enrico Cuccia aveva una passione per le assicurazioni, ritenendo a ragione che le loro riserve fossero il misconosciuto tesoretto della finanza italiana. Una passione che portò Mediobanca a detenere direttamente e indirettamente la maggioranza relativa delle Generali, anche grazie ai buoni servigi di Lazard che per 20 anni custodì con discrezione il 5% della compagnia attraverso la misteriosa holding Euralux. Gli eredi dello gnomo di via Filodrammatici hanno invece avuto un rapporto discontinuo con le polizze. Nei decenni la bancassurance (cioè le forme di partenariato tra banche e assicurazioni) ha stimolato ora vivo interesse, ora tiepida attenzione come molte tendenze che attraversano il mondo della finanza. Vero è però che negli ultimi anni la passione che fu di Cuccia ha contagiato molti banchieri. La spiegazione è semplice. Oggi il prodotto assicurativo consente agli istituti di fare margini decisamente più interessanti rispetto al business tradizionale. Inoltre le banche hanno sempre beneficiato di un vantaggio competitivo nel collocamento delle polizze, grazie alla presenza di una forte rete commerciale. Senza contare i potenziali margini di crescita nel ramo danni: se sul vita c’è ormai un concreto rischio di cannibilizzazione, nei prossimi anni gli istituti potrebbero spingere con decisione sul danni non auto che in Italia risulta ancora sottoassicurato. In un contesto di questo genere non sorprende che quasi tutte le maggiori banche italiane siano tornate a guardare con interesse al mondo delle polizze. Non solo. Secondo molti analisti proprio il settore assicurativo potrebbe essere uno dei terreni di caccia in cui i grandi gruppi si lanceranno nei prossimi mesi, nell’ambito della più ampia ristrutturazione del settore del credito.
Occorre comunque ricordare che per alcuni istituti l’attenzione verso le polizze non è certo una novità, ma una strategia ampiamente consolidata negli anni. Da questo punto di vista il caso di Intesa Sanpaolo è emblematico. Il gruppo di via Monte di Pietà ha infatti deciso di mantenere all’interno del perimetro le fabbriche assicurative che oggi ne fanno il maggior player italiano in questo ambito con un utile netto di 753,5 milioni e asset under management per 175 miliardi. Grazie alla capacità distributiva del gruppo la divisione guidata da Nicola Fioravanti serve oggi oltre 14 milioni di clienti attraverso 4.000 filiali ed è diventata un pilastro fondamentale per la strategia di Intesa, come ricorda spesso il ceo Carlo Messina. Vale peraltro la pena ricordare che le quote di mercato di Intesa nel settore sono cresciute ulteriormente dopo l’acquisizione di Ubi. In un’ottica di centralizzazione delle funzioni sono state anticipate le scadenze degli accordi del gruppo lombardo con Cattolica e Aviva, mentre nel danni è stata chiusa un’operazione analoga con Bnp Paribas su Cargeas Assicurazioni per un valore di 390 milioni. Diversa la strategia di Unicredit che da questo punto di vista è più in linea con il resto del sistema bancario italiano. La scelta del gruppo guidato da Andrea Orcel nel mondo delle polizze (dove realizza utili complessivi per oltre 140 milioni dalle fabbriche prodotto) è stata quella di allearsi con alcuni dei maggiori player del mercato sia in Italia sia all’estero, con joint venture e accordi di distributivi. In Italia in particolare sono in essere cinque joint venture sia nel ramo danni che nel vita: CreditRas Assicurazioni con Allianz, Incontra Assicurazioni con Unipol, CreditRas Vita di nuovo con Allianz, Cnp Vita con Cnp ed Aviva Vita sempre con Cnp che è subentrata di recente ad Aviva. La strada della partnership, come detto, è stata scelta dalla maggior parte delle banche medie. Mps per esempio ha in essere la storica alleanza con il gruppo francese Axa, sottoscritta per la prima volta nel 2007 e prolungata con l’ultimo rinnovo fino al 2027. Banco Bpm ha invece recentemente rivisto la strategia. Dopo lo strappo del dicembre scorso, quando il gruppo lombardo guidato da Giuseppe Castagna ha rescisso l’accordo con Cattolica, i due istituti hanno raggiunto una nuova intesa sulla partnership, la cui durata originaria era fissata fino al 2033.
Se questa è la panoramica attuale del settore, i prossimi mesi riserveranno sorprese interessanti. Secondo diversi analisti la bancassurance potrebbe infatti essere uno degli ambiti in cui si giocherà il consolidamento finanziario italiano. Già oggi sul mercato ci sono diversi asset, potenzialmente interessanti per una banca. Da una parte c’è Eurovita, con Cinven interessata a liquidare le proprie partecipazioni assicurative in Italia, che complessivamente potrebbero valere più di 600 milioni, dall’altra Amissima Vita, con un altro fondo di private equity, Apollo, pronto all’incasso dopo aver già ceduto la compagnia danni ad Hdi, controllata da Talanx. Non solo. Come riferito nelle scorse settimane da MF-Milano Finanza Unipol cerca acquirenti per Bim Vita, la joint venture partecipata assieme a Banca Intermobiliare, mentre la famiglia Genovese ha messo sul mercato il 25% di Prima Assicurazioni. Nel processo di consolidamento potrebbe rientrare anche Vittoria Assicurazioni visto che la famiglia torinese Acutis ha più volte preso in considerazioni operazioni di m&a. Senza considerare Cattolica destinata a finire nell’orbita di Generali.
Oggi però è soprattutto il Leone di Trieste l’oggetto degli scenari più suggestivi nelle banche d’affari. Non solo perché le fibrillazioni tra gli azionisti storici della compagnia sembrano preannunciare importanti cambiamenti sul fronte della governance, ma anche perché il deal di una banca con le Generali cambierebbe di non poco gli equilibri all’interno della finanza italiana. In queste settimane il candidato favorito per un’operazione di questo tipo nelle speculazioni del mercato è Unicredit. A dar retta alle confidenze dei suoi collaboratori sembra che il nuovo ceo Andrea Orcel stia esaminando un ampio spettro di possibili combinazioni per la banca di piazza Gae Aulenti. Non solo deal con banche commerciali come il Montepaschi o Banco Bpm, ma anche incursioni assai meno scontate nel mondo dei pagamenti o delle assicurazioni. L’obiettivo potrebbe essere Generali? Lo suggeriva qualche settimana un approfondito report di Merrill Lynch citando le motivazioni di ordine finanziario che avrebbero potuto convincere Orcel. Forse un progetto di questo genere potrebbe perfino non dispiacere a Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone che da tempo chiedono un cambio di passo nella strategia di Trieste. Tradurre le ipotesi in iniziative non sarebbe comunque cosa semplice. Una cosa però è certa: le grandi manovre che scuoteranno il sistema bancario potrebbero non risparmiare il mondo assicurativo. (riproduzione riservata)
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