Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Lo schema elaborato da Francia e Germania sul Recovery fund, il fondo che servirà a sostenere il rilancio dell’economia post pandemia è «un’ottima proposta», ha affermato Fabio Panetta, componente del comitato esecutivo della Bce intervenendo in un convegno organizzato da Rcs Academy. «Bisognerà vedere i dettagli ma credo che sia un notevole passo in avanti nella consapevolezza dell’esigenza di finanziare la ripresa. E denota consapevolezza che la ripresa sarà possibile se sarà armonica e se riguarderà l’economia di tutta l’area dell’euro», ha sottolineato. «Si è fatto un notevole passo in avanti perché si è sbloccato un negoziato che è stato un po’ faticoso. Si è preso atto che vi è una forte esigenza di trasferimenti sotto varie forme. La proposta franco-tedesca è solo una parte della reazione perché la Commissione europea nei prossimi giorni effettuerà le sue proposte che saranno più ampie», ha spiegato Panetta. Avrà al suo interno il Recovery Fund, il fondo per il rilancio, e altre misure per finanziare investimenti in tecnologia, in campo ambientale, in vari settori dell’economia».
Nel primo trimestre del 2020 l’industria italiana del risparmio gestito ha registrato deflussi complessivi per 12,07 miliardi di euro. Il dato emerge dalla mappa mensile di Assogestioni che conferma e sintetizza le statistiche mensili già pubblicate con l’aggiunta di qualche società che comunica i dati ogni tre mesi. La flessione della raccolta per le gestioni collettive ammonta a 10,89 miliardi di cui -12,13 miliardi in uscita dai fondi comuni aperti e 1,24 miliardi in entrata nei fondi chiusi. Per le gestioni di portafoglio il trimestre si è chiuso con una raccolta netta negativa pari a -1,17 miliardi, di cui +408 milioni nelle linee retail, -495 milioni nelle gestioni istituzionali previdenziali, -1,75 miliardi in quelle assicurative e +667 milioni relativi ad altre gestioni. L’associazione presieduta da Tommaso Corcos sottolinea che, come noto, il bilancio del trimestre è stato condizionato dalle incertezze sui mercati sorte per l’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del Covid-19.
Per Generali la distribuzione del dividendo resta la priorità e ad oggi ci sono le condizioni per pagare anche la seconda tranche della cedola (quella a valere sul bilancio 2019) prevista per fine anno. Lo ha chiarito ieri il management del gruppo assicurativo italiano, illustrando il bilancio del primo trimestre dell’anno, chiuso con un risultato operativo in crescita del 7,6% a 1,45 miliardi e un utile netto in calo da 744 milioni (gennaio-marzo 2019) a 113 milioni di euro a causa del Covid-19.
«I primi tre mesi dell’anno evidenziano una buona performance operativa e confermano la solidità patrimoniale», ha dichiarato il chief financial officer della compagnia triestina Cristiano Borean. «Il risultato netto risente delle svalutazioni derivanti dall’attuale andamento dei mercati finanziari a seguito del diffondersi su scala globale della pandemia». Borean ha aggiunto che l’ultima misurazione del Solvency II del Leone, effettuata il 19 maggio scorso, segnava un valore di circa il 190%. Tale livello rientra nell’intervallo tra il 180 e il 240% che il gruppo guidato dal ceo Philippe Donnet ha indicato come obiettivo di riferimento e che, se mantenuto, consentirà a Generali di pagare la seconda tranche del dividendo.
Dati nel Fascicolo sanitario senza il consenso del paziente. Il maxi archivio contenente la storia sanitaria del singolo sarà alimentato senza più bisogno del benestare dell’interessato, che resta, però, padrone di autorizzare l’uso dei dati per scopo di cura. Chiamati al caricamento dei dati tutti i professionisti sanitari, anche fuori dal servizio pubblico.
È quanto prevede l’articolo 11 del decreto legge «Rilancio» (n. 34/2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19/5/2020), nel disporre misure urgenti in materia, appunto, di Fascicolo sanitario elettronico (Fse).
La norma in questione dispone una serie di modifiche all’articolo 12 del dl 179/2012: una di queste è l’abrogazione del comma 3-bis. In base a questo comma, il Fse poteva essere alimentato esclusivamente sulla base del consenso libero e informato da parte dell’assistito, il quale poteva decidere se e quali dati relativi alla propria salute dovevano essere inseriti nel fascicolo medesimo. C’era un diritto alla non raccolta di dati, all’oscuramento (totale o parziale) dei dati e anche un diritto all’oscuramento dell’oscuramento (non far sapere di avere chiesto la cancellazione di alcune informazioni). L’abrogazione del comma 3-bis comporta la possibilità di alimentazione del fascicolo anche in assenza del consenso. Nel Fse sono contenuti dati su ricoveri di pronto soccorso, referti, profili sanitari, informazioni su diagnosi, allergie, terapie, cartelle cliniche, vaccinazioni, certificati, ecc.
Multe nel caso di offese ai professionisti sanitari. Aggredire un operatore del Ssn potrà configurare un’aggravante di reato. Fino a 16 anni per lesioni a danno di medici, infermieri e altro personale. È quanto previsto dal disegno di legge recante «disposizioni in materia di sicurezza gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni», approvato ieri dalla Camera in seconda lettura con alcune modifiche rispetto al testo uscito dal palazzo Madama. Tra queste, è stato tolto l’obbligo delle strutture sanitarie di costituirsi parte civile nel caso di aggressioni nei confronti di componenti del loro personale.
L’Agenzia delle entrate ha aggiornato, nuovamente, le istruzioni del L’Agenzia delle Entrate, con l’aggiornamento delle istruzioni al Modello Redditi PF 2020 (dello scorso 27 Aprile), ha modificato, nuovamente, le modalità di compilazione del quadro RM12 dando rilevanza al solo credito Ivca. Difatti, nella versione ante modifica, le stesse prevedevano una singolare detrazione, dalle imposte sostitutive dovute in Italia, delle imposte pagate oltreconfine sui redditi di capitale di fonte estera
Azimut ha lanciato il primo fondo per le infrastrutture sociali. Si tratta del fondo chiuso di Investimento infrastrutture per la crescita-Esg, istituito presso Azimut libera impresa sgr. Esso riguarda infrastrutture che generano una crescita positiva sull’economia e sull’ambiente e rispettano elevati standard di sostenibilità sociale, ambientale e di governance.
Il fondo Ipc, che ha ricevuto il via libera dalla Consob e ha un obiettivo di raccolta di un miliardo di euro, avrà una durata di 14 anni ed è riservato a investitori istituzionali. L’iniziativa è guidata da Andrea Cornetti, entrato in Azimut libera impresa pochi mesi fa per sviluppare il progetto, dopo diversi anni come direttore generale e consigliere di amministrazione di Prelios sgr.
Questa iniziativa rappresenta un ulteriore tassello della strategia di Azimut negli investimenti alternativi, rafforzatasi con la creazione di Azimut libera impresa, la sgr specializzata in investimenti illiquidi nei private market, dove la società ha raccolto finora più di un miliardo di euro con 300 investimenti.
- Covid, il Leone svaluta
Svalutazioni nette per 655 milioni di euro sugli investimenti, legate all’impatto del coronavirus, hanno determinato per Generali un calo dell’utile netto trimestrale a 113 milioni di euro rispetto ai 744 mln di gennaio-marzo 2019. Il risultato operativo è tuttavia cresciuto del 7,6% a 1,45 miliardi, sostenuto in particolare dai segmenti Danni e asset management. In particolare, sul fronte Danni, la marginalità tecnica viene indicata in ulteriore miglioramento, con un combined ratio che si è compresso di altri due punti attestandosi all’89,5%. Il Leone ha incassato premi lordi complessivi per 19,16 miliardi, in progresso dello 0,3%. Si è avuto un miglioramento del 4% nei Danni, mentre la raccolta netta del ramo Vita ha accusato una flessione del 25,2% a 3,1 miliardi. Le riserve tecniche sono diminuite dell’1,6% a 363,4 miliardi. Quanto alla posizione di capitale, il Preliminary Solvency Ratio si è posizionato al 196%, in calo dal 224% di fine 2019. Al 19 maggio, ha spiegato il direttore finanziario Cristiano Borean, il Solvency era ulteriormente sceso attorno al 190%: «un ottimo livello» che non preoccupa, visto che la compagnia ha tracciato una banda d’oscillazione ideale fra il 180 e il 240%. Quanto alla seconda tranche del dividendo (46 centesimi che potrebbero essere pagati entro fine anno se le condizioni generali e i regulator lo consentiranno), Borean ha precisato che «allo stato attuale stiamo rispettando il nostro risk-appetite framework», parametro chiave su cui un cda di metà novembre farà le proprie valutazioni per procedere o meno al saldo della cedola.
- Chiusi 90 mila bar e ristoranti “Rischiamo di non aprire più”
Fase 2, ma non per tutti. Novantamila tra gli oltre 333 mila bar, ristoranti, pasticcerie e gelaterie, secondo le stime di Fipe Confcommercio, hanno deciso di non riaprire per il momento. Anche perché non c’è certo l’assalto dei clienti: fatto 100 l’afflusso normale, secondo un’indagine di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, l’affluenza è del del 30% per i negozi non alimentari, del 28% per i servizi alla persona e del 20% per la ristorazione. «Secondo le nostre stime — spiega Luciano Sbraga, direttore Centro Studi Fipe-Confcommercio — è ancora chiuso il 30% dei ristoranti e dei bar. Per lo più si tratta dei locali dei centri storici delle città, che vivono soprattutto di turismo, anche per le difficoltà di accesso in questo momento dei residenti. E poi c’è una minoranza di ristoratori che sta facendo una resistenza psicologica: non se la sentono di riaprire in queste condizioni, con tutte le regole su distanziamenti e sanificazioni. «Ad aprire con maggior soddisfazione sono stati i parrucchieri, che sono stati davvero sommersi dalle richieste e hanno lavorato alla grande. I negozi di abbigliamento hanno aperto in percentuale elevata, per ora con molta meno soddisfazione. Ma le imprese hanno voglia di andare avanti».
- Il crollo delle Borse affonda l’utile Generali Ma la società è solida
l crollo dei mercati innescato dalla pandemia si abbatte sui conti Generali, costringendola a mega svalutazioni sugli investimenti (per 655 milioni). Una mazzata che, unita ai 100 milioni stanziati con il Fondo straordinario anti-Covid, ha fatto scendere l’utile trimestrale netto a 113 milioni, l’84,8% in meno di un anno fa. Un risultato peggiore delle aspettative degli analisti e che ha mandato in rosso il titolo (- 2,98%) per quanto le svalutazioni potrebbero avere già avuto recuperi di valore importanti in aprile e maggio. Secondo il general manager Frédéric de Courtois Generali è «solida e liquida, per centrare i target al 2021», ma ha anche ammesso che il momento non garantisce piena visibilità sul futuro. Per quanto il mix del business sia favorevole e la compagnia preveda che «il proprio risultato operativo sia resiliente nel 2020», sarà in «probabile flessione» rispetto al 2019. E sebbene mitigato dalle misure sui costi che verranno adottate, il conto della crisi si vedrà soprattutto in termini di minori fees (commissioni) per circa 100 milioni e minori proventi da affitti e dividendi per 150 milioni. Generali stima che le conseguenze della pandemia avranno «un impatto negativo sul risultato netto 2020» principalmente a causa delle svalutazioni.
- Generali, utili per 113 milioni in tre mesi
Il gruppo Generali chiude il primo trimestre 2020 segnato dalla tempesta Covid-19 con il reddito operativo in crescita del 7,4% a 1,44 miliardi, la solidità confermata con il Solvency ratio a quota 196% e premi in leggero aumento dello 0,3% a 19,2 miliardi. Soffre l’utile netto, che scende a 113 milioni in seguito alle svalutazioni sugli investimenti per 644 milioni, al Fondo straordinario da 100 milioni stanziato per l’emergenza-pandemia e al contributo nullo da dismissioni.
- Assifact: factoring più facile con la garanzia dello Stato
Approvato ieri in Commissione Finanze un emendamento al Dl Liquidità per facilitare, con una garanzia dello Stato attraverso la Sace, la cessione dei crediti a società di factoring da parte delle imprese. La garanzia riguarda i crediti «pro solvendo», ossia con garanzia di solvenza in capo all’impresa cedente. Per l’associazione di categoria Assifact è «un passo avanti».
- Infortuni Covid, approvate le tutele per i datori in regola
Luce verde sulla norma di tutela delle imprese da eventuali responsabilità civili o penali nei casi di riconoscimento di infezioni da Covid-19 per i propri dipendenti. L’intesa è maturata ieri e si è concretizzata in un emendamento al dl Liquidità messo a punto dal ministero del Lavoro con una riformulazione delle diverse proposte che erano state avanzate. Così il testo votato in commissione alla Camera in serata: «Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da SARS-CoV-2, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del Codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale».
- Piazza Affari, per l’industria il conto più salato del Covid
È l’industria italiana la grande vittima della pandemia. Se ce ne fosse stato bisogno, la conferma arriva dalla ricognizione sulle trimestrali realizzata dall’Area studi di Mediobanca in Piazza Affari. Un’indagine che evidenzia le cicatrici lasciate finora dal coronavirus. Le aziende manifatturiere che rientrano tra le blue chip dell’indice Ftse Mib hanno riportato infatti un calo del fatturato dell’11,8% nel primo trimestre, ancora peggio rispetto all’inizio del 2009 quando, post fallimento Lehman, i ricavi erano diminuiti dell’8,7%. E non è affatto detto che sia finita qui, visto che nel periodo di lockdown, proseguito fino a maggio, si è fermato un mondo che rappresenta il 59% del giro d’affari complessivo dell’industria manifatturiera italiana. Cosa è successo dunque nel primo trimestre, dove a essere impattato davvero è stato il solo mese di marzo? Il risultato netto sui ricavi, per le 16 big del listino considerate, ha perso 9,6 punti percentuali, peggior performance degli ultimi trent’anni. Il margine operativo netto sui ricavi, sempre nella media dell’elite industriale di Piazza Affari, si è ridimensionato al 2,9%, il livello più basso dal 1994, quando era al 3,4%. Basti pensare che il margine lo scorso anno era al 7,9%, un vero tracollo.
- Generali paga i mercati negativi Cade l’utile, bene la redditività
Il Covid-19 fa sentire il suo peso sui risultati di Generali del primo trimestre 2020. Non tanto sul piano operativo, dove invece la compagnia ha rispettato i trend di crescita, piuttosto sull’ultima riga di bilancio con l’utile netto fortemente impattato dalla volatilità dei mercati che hanno imposto svalutazioni rilevanti sugli investimenti finanziari. Al punto che nei primi tre mesi dell’anno i profitti sono scesi dell’84% a 113 milioni. Il mercato in parte già scontava una simile riduzione dell’utile, che tuttavia si è rivelata più marcata del previsto e questo in parte spiega la discesa del titolo che ha perso il 2,98% a 11,895 euro. Gli effetti, però, potrebbero essere per così dire “transitori”, nella misura in cui una ripresa dei mercati già cambierebbe volto ai numeri. Tanto più perché, come detto, la trimestrale ha visto «confermata la buona redditività del business con il risultato operativo in crescita a 1,44 miliardi (+7,6%) e una solida posizione di capitale». Il Solvency era al 196% a fine marzo ed ora è attorno al 190%, ossia all’interno del range indicato dal cfo Cristiano Borean (180-240%) che fa dormire sonni tranquilli alla compagnia.
- Assogestioni: fondi monetari Boom a marzo
Un trimestre difficile, imprevedibile, interminabile. Anche i gestori hanno pagato il caro prezzo della pandemia, costata ben 12 miliardi da gennaio a fine marzo. Paura e incertezza che hanno avuto il sopravvento sulle scelte di gestori e risparmiatori e a dimostrarlo ci sono quegli 8,2 miliardi finiti nelle casse dei fondi monetari (non a caso quasi tutti nel solo mese di marzo). Una scelta prudente, di breve termine, almeno fino a quando si capirà quando mettere la parola fine a una crisi che ha fatto saltare qualsiasi previsione e che ancora per un po’ accompagnerà le scelte di investimento. Prevedibile, quindi, l’abbandono dai prodotti azionari nel trimestre. Ma è altrettanto probabile che il recupero dei listini dopo la debacle conseguita allo scoppio dell’emergenza sanitaria possa tornare a esercitare un certo appeal sugli investitori. Un ritorno di interesse verso l’equity infatti è in parte confermato dal risveglio dei Pir che ad aprile, secondo le stime dell’Osservatorio di Plus24, hanno chiuso i battenti con una raccolta positiva per 150 milioni. L’Italia, quindi, soprattutto quella delle pmi, potrebbe presto tornare a occupare un posto importante nei portafogli.
- Le strade sono più vuote ma più rischiose durante la quarantena Coronavirus. Tasso di mortalità in aumento del 14%.
Poiché gli americani hanno guidato meno e percorso meno chilometri, le strade più vuote sono diventate più letali.
I dati preliminari del Consiglio nazionale per la sicurezza indicano un aumento del 14% nell’arco di un anno rispetto all’anno precedente del tasso di mortalità per chilometro percorso a marzo, nonostante un calo dell’8% del numero totale di morti sulle strade rispetto a marzo 2019.
Il numero effettivo di chilometri percorsi è sceso del 18,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il tasso di mortalità per ogni 100 milioni di chilometri percorsi è stato di 1,22 a marzo rispetto all’1,07 del marzo 2019.
Nei primi tre mesi del 2020, i seguenti stati hanno registrato un notevole aumento del numero di morti sulle strade: Arkansas (16%), California (8%), Connecticut (42%), Illinois (11%), Louisiana (23%), Nevada (10%), New York (17%), North Carolina (10%), Oklahoma (9%), Tennessee (6%) e Texas (6%).
- “La creazione di un quinto rischio per perdita di autonomia è un importante passo avanti”.