Asili e scuole tra i settori professionali più esposti al rischio Covid-19 nella Fase 2. Lo aveva indicato l’Inapp in un’apposita analisi su un paniere di 800 professioni, ad aprile. L’ha confermato l’Inail, alla vigilia del 1 maggio, pubblicando il primo report sulle infezioni di origine professionale dovute al nuovo coronavirus. Dei 28.381 contagi sul lavoro denunciati all’Inail tra la fine febbraio e il 21 aprile, infatti, il 4,6% riguarda l’istruzione.
In particolare il personale non qualificato del settore, come gli ausiliari e i bidelli. Una percentuale significativa se si considera che il 45,7% riguarda la categoria dei tecnici della salute (infermieri e fisioterapisti), seguita dagli operatori sociosanitari (18,9%), dai medici (14,2%) e dagli operatori socio-assistenziali (6,2%). «Informazioni», spiega il presidente dell’Inail Franco Bettoni, «utili per la prevenzione nella fase 2 dell’emergenza» appena iniziata. E che si inserisce nel dibattito sull’opportunità di riaprire a meno non solo le scuole, ma anche nidi ed asili. Tanto più che il periodo analizzato dall’Inail coincide con quello del lockdown, con asili e scuole chiusi.
Il dato dell’istituto di previdenza, di fatto, conferma quanto era emerso, ad aprile, nell’analisi dell’Inapp (istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) sui settori professionali più esposti al rischio covid e su quelli che possono ripartire nella fase 2. Dalla classifica emerge che, «le figure professionali più esposte al rischio di infezioni e malattie, oltre al settore sanitario, si trovano nel settore dell’istruzione pre scolastica e degli asili nido, che mostrano i valori di rischio contatto più alto», illustra il presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda. Lo studio fotografa per la prima volta il fenomeno, classificando le 800 professioni che appaiono rilevanti nel pianificare la Fase 2.
In particolare, tra i 10 settori con la maggiore esposizione del lavoratore a malattie e infezioni, quelli del comparto sanitario riportano i valori più alti. Tuttavia, un alto rischio è presente tra i settori dell’istruzione pre-scolastica e degli asili nido, che, al contrario del comparto sanità, figurano tra quelli che hanno temporaneamente interrotto la loro attività.
Tra i primi 10 settori per rischio di prossimità (vicinanza richiesta nello svolgimento delle mansioni), infatti, la situazione si inverte, perché gli insegnati del settore prescolastico e degli asili nido riportano i due valori più alti, «senza per altro», precisa l’Inapp, «avere la stessa possibilità di proseguire il proprio lavoro da remoto come, invece, accade per i loro colleghi del comparto scuola primaria e secondaria e dell’università».
Tanto più che, analizzando in quali settori i lavoratori, per le caratteristiche della professione, hanno più possibilità di poter lavorare da remoto, emerge che l’istruzione e si colloca tra le ultime sei nella classifica con un indice di facilità a lavorare in queste modalità pari al 48,6: lo stesso delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento, subito sopra ad agricoltura e pesca (46,4) e lontano dal 65,5 delle attività professionali, scientifiche e tecniche.
Infine, sia per i settori dell’istruzione prescolastica e dei nido sia per le altre professioni del comparto scuola pesa l’età media dei docenti italiani. Lo certifica l’Ocse che nel rapporto «Education at a glance» 2019 registra che in Italia c’è la quota più alta di insegnati ultra 50enni, il 59%. L’età media dei docenti italiani è 51 anni, contro i 44 anni della Spagna e i 41 della Francia. Una media, appunto. Con quote significative di ultra sessantenni. Ed il dossier dell’Inail segnala che l’età media dei lavoratori morti di covid è 58 anni.
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