Il settore sanitario sta mostrando alti rendimenti e un valore nascosto, ora spinto dall’M&A. E dall’innovazione. Ecco i fondi specializzati
di Nicola Carosielli
Visto quasi sempre come un settore difensivo, l’healthcare potrebbe in realtà rivelarsi come uno dei grandi driver per un portafoglio (sempre ben bilanciato si intende). Soprattutto perché resta uno dei settori maggiormente legato all’innovazione tecnologica. Come ha spiegato Alex Gold, portfolio manager del FF Global Healthcare Fund Fidelity International «abbiamo allocato circa il 40% del fondo su imprese di Medical Technology che hanno prospettive di crescita migliori, guadagnando in visibilità e in ritorni positivi rispetto alle società large cap nell’ambito farmaceutico e biotecnologico». Scelta coniugata all’attività di stock picking. «La performance del fondo è incrementata del 21% (al netto delle commissioni) rispetto, invece, agli indici dedicati all’healthcare a livello globale e di mercato che sono cresciuti solo del 14%. Il driver principale è stata l’attività di stock picking con approccio bottom-up laddove la filosofia di investimento del gestore, focalizzata sull’acquisto di società di qualità, ha ripagato».
Quello della sanità, è apparso un ambiente incerto durante tutto l’anno, quando a un certo punto, quasi a sorpresa, ha innescato una forte compressione delle valutazioni dei titoli azionari healthcare, offrendo un forte sostegno per il settore. E, come ha sottolineato Adeline Sala-Baroux, lead portfolio manager di EdR Fund Healthcare di Edmond de Rothschild Am, «lo sconto rispetto al mercato è indubbiamente un’opportunità di investimento. Il settore beneficia di fondamentali solidi ed è sostenuto da fattori a lungo termine favorevoli come la crescita demografica, il progresso medico e tecnologico, l’aumento dell’aspettativa di vita e l’aumento della spesa per l’assistenza sanitaria. La crescita è visibile e sostenibile nel lungo termine». W in questo quadro un forte ciclo di innovazione e una corposa pipeline di prodotti rappresentano ovviamente un motore di crescita. Basti pensare all’esplosione del campo dell’immunoterapia, con miliardi di euro di investimenti. Anche perché, il concetto di sfruttare il sistema immunitario per combattere malattie come il cancro ha creato per decenni enormi aspettative, ma ha avuto successo solo di recente. Insomma, per dirla con le parole di Gold «i fondamentali del settore rimangono attraenti». Nel lungo termine, ha spiegato il gestore di Fidelity, «il settore è sottoposto a condizioni strutturali favorevoli grazie a fattori demografici quali l’invecchiamento della popolazione, la crescita dei mercati emergenti e l’incremento della spesa in ambito sanitario. Questi trend secolari continueranno a guidare la crescita delle società healthcare per decenni». Il breve periodo, invece, «è stato caratterizzato da un rimbalzo verso il basso dovuto alla crescente politica retorica negli Stati Uniti, trainata principalmente da possibili rischi di coda del “Medicare for All”. Ma, considerati i 32 trilioni di dollari necessari per l’attuazione, è altamente improbabile che venga emanato».
Un altro forte stimolo si è poi sicuramente avuto con una serie di operazioni di m&a, partnership per lo sviluppo aziendale e ipo nel settore healthcare. Uno stimolo che non sembra essersi arrestato, anzi, ha sottolinato Salat-Baroux, «ora sembra che la tendenza delle operazioni di m&a potrebbe accelerare ulteriormente nel 2019. Le grandi case farmaceutiche hanno molto denaro da impiegare e, con la recente riforma fiscale statunitense, ci si aspetta che le aziende abbiano ancora di più da spendere. Le società farmaceutiche investono sempre e cercano opportunità per estendere la propria pipeline». Operazioni di m&a che hanno anche mostrato una sorta di valore nascosto, inespresso, dati gli elevati premi di offerta, che non fanno altro che mostrare gli sconti a cui le aziende target hanno operato. A titolo esemplificativo, l’operazione dello scorso dicembre in cui GlaxoSmithKline ha pagato 5,1 miliardi di dollari per Tesaro, società commerciale focalizzata sull’oncologia, con il titolo raddoppiato rispetto ai minimi di novembre. O ancora il deal tra Bristol-Myers Squibb e Celgene in base al quale Bristol-Myers acquisterà Celgene in una transazione in contanti e azioni per un valore di 74 miliardi di dollari. Le azioni di Celgene sono salite del 35% in scia alla notizia. O ancora quella di gennaio annunciata da Lilly per Loxo Oncology (8 miliardi di dollari in contanti). Operazioni che tracciano anche il sentiero verso cui si spinge il sentore, l’oncologia. (riproduzione riservata)
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