di Andrea Pira
Elsa Fornero l’ha definita un’ossessione di Salvini. Perché nel contratto di governo tra Lega e 5 Stelle una sola misura su cui intervenire è citata con il riferimento al ministro che l’ha firmata. Si tratta della la riforma delle pensioni approvata dal governo Monti a dicembre del 2011, all’interno del decreto Salva Italia, che porta il nome delle professoressa. Intervento negli ultimi cinque anni contestato duramente da leghisti e pentastellati e anche da parte del Pd. Nel programma di governo si parla di «abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma Fornero». Lo schema si basa sulla possibilità di garantire l’uscita al raggiungimento della cosiddetta quota 100 (somma di età anagrafica, con un minimo di 64 anni, e contributiva) e quota 41 e 5 mesi (senza vincoli anagrafici).
I costi potrebbero essere però ben superiori ai 5 miliardi previsti per permettere di andare in pensione alle categorie oggi escluse. Per il presidente dell’Inps, Tito Boeri, in realtà di miliardi ne serviranno almeno 15 che a regime saliranno a 20. Il debito implicito, ha aggiunto, sarebbe di 120 miliardi. Per l’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’università Cattolica, diretto da Carlo Cottarelli, il costo della riforma delle pensioni è calcolato in 8,1 miliardi. La previdenza peraltro potrebbe essere uno dei primi provvedimenti del governo Conte una volta entrato in carica. Si parla di stop all’Ape sociale e della proroga dell’opzione donna che permette alle lavoratrici l’uscita con l’assegno contributivo a 57-58 anni di età e 35 di contributi. Per intervenire sulla Fornero occorrerà invece attendere l’autunno, con la legge di Bilancio. In ogni caso toccarla non sarà senza conseguenze. «La sostenibilità del debito pubblico italiano poggia in larga misura sulle riforme pensionistiche introdotte nell’arco degli ultimi decenni. È uno dei punti di forza della finanza pubblica italiana; è opportuno non indebolirlo», ha ammonito il vicedirettore generale di Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, in audizione sul Def alle Commissioni speciali di Camera e Senato.
Della necessità di mettere mano alla previdenza si parla anche nelle raccomandazioni specifiche per gli Stati stilate dalla Commissione Europea: ma in questo caso si chiede rammenta che la spesa pensionistica è destinata ad aumentare nel medio periodo, togliendo risorse ad altri interventi sociali. Con la raccomandazione a intervenire sugli assegni più alti cui non corrispondono contributi adeguati. (riproduzione riservata)
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