(da ultimo Cassazione, Sezione III civile, sentenza numero 12490 del 18 maggio 2017 )
Legge Gelli: La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile
In base alla regola di cui all’art. 1218 c.c. il paziente- creditore ha il mero onere di allegare il contratto ed il relativo inadempimento o inesatto adempimento, non essendo tenuto a provare la colpa della struttura sanitaria e la relativa gravità.
Il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il rsarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mora allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre è al debitore convenuto che incombe di dare la prova del fatto estintivo, costituito dall’avvenuto adempimento.
Il paziente che agisce in giudizio deve, anche quando deduce l’inesatto adempimento dell’obbligazione sanitaria, provare
il contratto e allegare l’inadempimento, restando a carico del debitore ( struttura sanitaria) l’onere di dimostrare che la prestazione è stata eseguita in modo diligente, e che il mancato o inesatto adempimento è dovuto a causa a sé non imputabile, in quanto determinato da impedimento non prevedibile né prevenibile con la diligenza nel caso dovuta.
Cosi in Cassazione, Sezione III civile, sentenza numero 12490 del 18 maggio 2017.
Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica è onere dell’attore dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento (fra le tante da ultimo Cass. 20 ottobre 2015, n. 21177).
Posto che l’onere della prova del nesso eziologico incombe sull’attore, se al termine dell’istruttoria resti incerti la reale causa del danno la domanda di risarcimento deve essere rigettata.
In base alla regola di riparto dell’onere della prova, incombe alla parte attrice dimostrare che le condizioni della * fossero integre dal punto di vista osseo al momento dell’ingresso nella struttura e che le fratture siano imputabili alla condotta dell’esercente la professione sanitaria nell’ambito della struttura ospedaliera.
a cura di Sonia Lazzini
ne parliamo qui:
https://formazioneivass.it/prodotto/la-sicurezza-delle-cure-diventa-diritto-costituzionalmente-tutelato-assicurato/
Ricordiamo che
LEGGE 8 marzo 2017, n. 24
Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona
assistita, nonche’ in materia di responsabilita’ professionale degli
esercenti le professioni sanitarie. (17G00041)
(GU n.64 del 17-3-2017)
Vigente al: 1-4-2017
(…)
Art. 7.
(Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria)
1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.
Cosi in Cassazione, Sezione III civile, sentenza numero 2117 del 20 ottobre 2015
Il verificarsi dell’evento dannoso è stato ricondotto dalla corte territoriale al caso fortuito,
nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l’attore ha l’onere di allegare e di provare l’esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l’onere di allegare (ma non anche di provare) la colpa del medico; quest’ultimo, invece, ha l’onere di provare che l’eventuale insuccesso dell’intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, è dipeso da causa a sé non imputabile.
La corte d’appello non ha violato i principi in tema di responsabilità medica ed in particolare in tema di ripartizione dell’onere della prova in caso venga prospettata una ipotesi di responsabilità (contrattuale) medica: essa ha positivamente accertato l’esistenza del nesso causale tra la vaccinazione e il danno riportato dalla paziente ( sulla cui entità non si è svolto peraltro un approfondimento istruttorio) ma ha poi escluso, sulla base di un accertamento in fatto fondato motivatamente sulle risultanze delle consulenze tecniche, in particolare della prima, che alcuna responsabilità colposa gravasse sulla dottoressa che ha eseguito la vaccinazione, la quale si è attenuta ai protocolli nella localizzazione dell’iniezione e nelle modalità della sua esecuzione, né era tenuta, trattandosi di una pratica ruotina ria ad eseguire altri e più complessi accertamenti preventi.