Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, è stato intervistato da “Les Echos”, intervista apparsa nell’edizione di ieri.
In particolare, Messina ha analizzato il contesto attuale italiano, rispondendo alla domanda del giornalista che riporta le preoccupazioni della Commissione Ue sul nostro paese:
“La ripresa economica è debole, ma c’è. La domanda di prestiti aumenta poiché ci troviamo di fronte a una ripresa del mercato immobiliare dopo la crisi che abbiamo vissuto in questi ultimi anni. Stiamo aiutando anche le imprese che hanno deciso di investire di nuovo, soprattutto per sostenere le esportazioni. Comprendo le preoccupazioni della Commissione Europea sulla crescita italiana, tuttavia quando si osserva un paese bisogna partire dagli elementi strutturali. L’Italia, in passato, non ha mai avuto un ritmo di crescita annuo nettamente superiore all’1-1,5%. Da questo punto di vista è più simile al Giappone che non ai suoi vicini europei. La penisola possiede un ingente volume di risparmio, un forte debito pubblico, che è il problema maggiore, e una crescita debole. Quello che era sostenibile un tempo non lo è più con la crisi che abbiamo appena attraversato, e il costo sociale è troppo importante. Il paese deve assolutamente ridurre il debito pubblico per rilanciare il tasso di crescita, diminuire la disoccupazione e aumentare gli investimenti”.
Relativamente all’istituzione di una «bad bank» Messina ritiene che non risolverebbe il problema: “Quello che occorre è che ciascuna banca rafforzi la sua struttura interna di riscossione dei crediti deteriorati. Se mai si doveva creare una «bad bank» europea, lo si doveva fare cinque anni fa. Oggi, onestamente, sarebbe troppo tardi e tra l’altro inciterebbe le banche a non realizzare gli investimenti necessari per introdurre al loro interno le strutture necessarie a riscuotere gli NPL”.
Parlando delle piano industriale futuro Messina ha detto: “Il primo asse consisterà nell’aumentare la nostra impronta sul risparmio gestito. Abbiamo già convertito 80 miliardi di euro di semplice risparmio in attivi gestiti, e il potenziale è di altri 200 miliardi di euro circa. L’obiettivo del nostro piano consisterebbe nel convertire un centinaio di miliardi di euro. L’altro asse principale sarà diventare uno dei cinque primi attori del segmento delle polizze rischio in Italia contro il quindicesimo posto che ricopriamo attualmente. Questo richiederà soprattutto investimenti nel personale. Ci siamo già riusciti nel settore delle assicurazioni vita, passando dal quindicesimo posto di qualche anno fa al primo posto oggi. Inoltre svilupperemo la banca online che abbiamo appena comprato, ITB, che è denominata la «banca dei tabaccai» poiché si appoggia a una rete di 22.000 tabaccai che potrebbe arrivare a 40.000. L’abbiamo ribattezzata «Banca 5» dal momento che offriremo cinque semplici prodotti attraverso quella che è una vera e propria banca di prossimità. Questo ci consentirà, tra l’altro, di chiudere delle agenzie bancarie. Benchè il fulcro di Intesa Sanpaolo resti l’Italia, intendiamo anche aumentare la nostra presenza all’estero, e in particolare in Cina dove già possediamo il 15% di Bank of Qingado e il 49% del fondo Penghua.
Riguardo a Generali, il giornalista francese chiede se abbia dovuto rivedere la sua strategia dopo il fallimento del progetto di integrazione. E Messina risponde:
“Rientra nei doveri di un amministratore delegato esaminare le opzioni di crescita ed è quanto abbiamo fatto nel caso di Generali. Tuttavia tra i doveri di un amministratore delegato rientra anche quello di creare valore per gli azionisti. Quando siamo giunti alla conclusione che questa esigenza non poteva essere soddisfatta, abbiamo chiuso il dossier. Il nuovo piano di impresa, che presenteremo all’inizio del 2018, prevederà un ulteriore notevole rafforzamento nel wealth management, sviluppando le nostre capacità interne di crescita”.