di Elena dal Maso
Puntare la mappa di Google tutti i giorni sul parcheggio di un grande supermercato per vedere quante auto sono in sosta: anche questo aiuta un analista a capire, prima della trimestrale, se la società della grande distribuzione sta macinando utili. E’ un esempio banale di come funziona il nuovo, enorme flusso di dati che arriva dal digitale. Per non parlare dei social media, attraverso i quali è possibile prevedere anche future, importante decisioni. Come la preferenza dei francesi ai candidati per le presidenziali. E’ l’epoca dei big data, gigantesca quantità di informazioni che solo algoritmi ben impostati sanno ordinare e leggere. E quindi tradurre in indicazioni di investimento.
E’ nata l’epoca dei robot applicati alla nuova finanza, una parte della cosiddetta Fintech. Il loro utilizzo è molto vasto e non esiste oggi una definizione precisa, piuttosto molte interpretazioni. O meglio, diversi livelli di intervento. Che vanno da una piattaforma informatica di nuova generazione in mano al private banker che analizza i dati dei clienti di un gruppo bancario (attivi, passivi, tipologia di lavoro, attitudine al rischio… ) per confrontarli con quelli dei mercati e degli strumenti finanziari esistenti e creare un portafoglio di investimento. Lo stadio successivo è la profilazione del cliente (di solito online) attraverso un robot che poi indirizza la persona verso un portafoglio messo a punto da un team di economisti. Da qui si arriva all’ultimo stadio, dove un robot crea un portafoglio di investimento.

Ma attenzione, dietro a ogni robot c’è un essere umano che lo programma e gli insegna a ragionare secondo determinati principi. E dietro ai robot della nuova finanza e ai loro algoritmi spesso ci sono italiani. E’ la storia di Paolo Galvani e Giovanni Daprà, fondatori di Moneyfarm.com, piattaforma online attiva dal 2012 (la prima di questo tipo presente in Italia) che usa un sistema robotico, software protetto da brevetto, per destinare i clienti verso il loro portafoglio di investimento. Galvani, presidente, studi di statistica, ha lavorato a Banca Imi Lux, a Morgan Stanley e a Deutsche Bank , sede di Londra. L’ad Daprà, master in finanza quantitativa, viene da Db. La loro società, sede a Londra, è partecipata da fondi di venture capital (l’italiano United Ventures, l’inglese Cabot Square Capital) e dal colosso assicurativo tedesco Allianz . «Siamo un gruppo di oltre 80 persone fra Londra, Milano e Cagliari. In Sardegna lavora il team informatico e di ricerca», spiega Daprà. «Una volta che il cliente è profilato dal sistema, è indirizzato verso uno dei sei portafogli che abbiamo creato. Sono tutti in Etf, strumenti efficienti e low cost: circa 80 strumenti long only e privi di leva, quotati alla borsa italiana, hanno come sottostanti gli indici più liquidi». La scelta degli Etf permette alla società di far pagare per la gestione patrimoniale lo 0,7% fino a 200mila euro e lo 0,5% per importi superiori.

Selfiewealth.com invece è un passo ulteriore verso la finanza tecnologica. Avviata da poco da Edoardo Narduzzi, fondatoredi diverse startup, è un portale di robotica applicata agli investimenti («Il primo robo-advisor al mondo», specifica). Narduzzi si è specializzato in economia e finanza ad Harvard, London Business School e Warwick, ma soprattutto si definisce «imprenditore seriale nel mondo delle tecnologie dove ha fondato o co-fondato una decina di imprese (due già vendute) in diversi ambiti di specializzazione». Negli anni ha contribuito a creare più di 2mila posti di lavoro e oggi siede nei cda di società partecipate, che nel 2016 hanno fatturato 200 milioni di euro. In Selfiewealth un algoritmo proprietario lavora su 80mila titoli scambiati in oltre 30 Paesi del mondo, aggiornando le informazioni di continuo e andando indietro nel tempo fino a un decennio. Tratta azioni, obbligazioni, indici, valute, futures su materie prime. Il robot profila l’investitore, che in questo caso può essere anche una persona molto esperta di finanza, e gli costruisce un portafoglio su misura. A differenza di Moneyfarm non gestisce gli investimenti, per ora fa solo consulenza. Quindi si acquistano e vendono i titoli in proprio. «Per realizzare il robo-advisor un team di sei persone ha lavorato quasi tre anni», spiega Narduzzi. Il servizio costa 20 euro al mese di abbonamento, «cui si aggiungono eventuali altre spese per servizi su richiesta», aggiunge. Il portale fornisce una enorme quantità di informazioni su mercati, azioni su cui puntare (previsioni su singole società) e macro temi. Il robot è stato programmato anche per analizzare tutti i titoli di Piazza Affari, compresi i 79 del segmento Aim dedicato alle società più piccole. Narduzzi a questo punto vuole fare un passo ulteriore, sta cercando «un partner finanziario per realizzare il primo fondo comune-robot realizzato secondo la normativa Pir».

Parla italiano anche il software di intelligenza artificiale che Expert System , società quotata a Piazza Affari proprio nel segmento Aim, sta realizzando per il mercato finanziario «incrociando due fonti di dati: le notizie non strutturate di dominio pubblico sulle società quotate, da un lato, e dall’altro fonti specialiazzate come Reuters e Bloomberg per ottenere un motore in grado di fornire previsioni su titoli e borse», spiega Luigi Conti, vice president corporate strategy & development di Expert System . E’ il deep learning, l’elaborazione profonda dei big data, la marea di informazioni disponibili, ma che vanno elaborate per ricavarne elementi utili per un investimento. Questo il lavoro in cui Expert System è specializzata attraverso il sistema intelligente Cogito, che opera nel campo della semantica ed è in grado di leggere 14 lingue, compreso russo, arabo e cinese.

Per comprendere quanto robotica e tecnologia in finanza siano importanti, basta pensare che il gruppo Intesa Sanpaolo investe nei progetti innovativi almeno una decina di milioni di euro. Fra questi vi è Alfabeto, non una semplice piattaforma ma un algoritmo di consulenza in mano agli oltre 5mila private banker del gruppo «che permette ai consulenti di entrare in relazione diretta con i clienti in qualsiasi momento della giornata o da qualunque parte del mondo offrendo la possibilità di elaborare portafogli e investimenti su misura», racconta Raffaele Levi, responsabile del modello di business di Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking. Alfabeto non rappresenta un costo aggiuntivo per il cliente, è uno strumento avanzato in mano ai banker che permette di essere più efficienti in tempi ridotti. Così la banca è in grado di proporre una consulenza personalizzata anche per i patrimoni meno ricchi. «Una svolta in questo settore avverrà quando i colossi tecnologici come Google, Apple e Amazon, che posseggono i dati puntuali sulle transazioni, le abitudini e le preferenze dei loro clienti, inizieranno a usare tali informazioni per erogare servizi finanziari. Basti pensare solo ad Amazon, sul cui marketplace le piccole aziende vendono i loro prodotti», aggiunge Levi. «Il sistema può essere più preciso di una banca perché dispone di più informazioni sulle società, sa quanto vendono ogni giorno e conosce il giudizio puntuale dei clienti».

Nel segmento dei robo-advisor ha messo un piede già due anni fa il colosso mondale degli investimenti, Blackrock, acquisendo FutureAdvisor. Da allora è in via di definizione la famiglia di fondi Gamma Advantage che investe grazie a sistemi di intelligenza artificiale e non è ancora disponibile sul mercato italiano. Si tratta di nove fondi con masse in gestione per ora molto contenute, neppure l’1% degli asset complessivi del gruppo, oltre 5mila miliardi di dollari.
Nell’ottobre 2016 i fondi-robot sono entrati nel mirino delle autorità di vigilanza di mezzo mondo, dopo che la sterlina è precipitata nel giro di 40 secondi del 9% portandosi ai minimi negli ultimi 31 anni (da 1,16 a 1,14 contro il dollaro) durante le contrattazioni delle borse asiatiche. All’epoca si è pensato che una delle possibili cause fosse un articolo pubblicato dal Financial Times poche ore prima che forniva informazioni allarmanti su una hard Brexit. La supposizione, a questo punto, è che i fondi-robot, dopo aver letto l’articolo, abbiano all’improvviso venduto le sterline che avevano. E siccome il mercato di Tokyo non è molto liquido sugli scambi nella valuta britannica, l’effetto è stato dirompente. Se è questa la spiegazione del flash crash (crollo improvviso di un titolo), gli algoritmi dei robot saranno poi stati ridefiniti e affinati. Da allora il flash crash non si è più verificato. (riproduzione riservata)
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