a cura di Class Cnbc
Nel mondo della finanza, chi ha una fama ha molto spesso una cattiva fama. Non è il caso di Warren Buffett, un simpatico vegliardo di 87 anni, fanatico della Coca-Cola cherry, che sostiene di investire da 75 anni senza farsi prendere dalle mode del momento, con un track record impressionante. A seconda dell’anno, è nei primi due o tre uomini più ricchi al mondo (nel 2017 73 miliardi di dollari è la sua fortuna stimata) ma vorrebbe che le tasse di successione fossero altissime per evitare il proliferare di rentier. Non ha peli sulla lingua quando si tratta di dare giudizi sul business e anche su se stesso. In questa intervista esclusiva a Class Cnbc, la business television di Class Editori e dell’americana Cnbc, spiega come sta cambiando il suo modo di investire, lui che non va in giro neanche con un smartphone, nei confronti della nuova tecnologia.
Domanda. Nell’ultima assemblea della sua holding, la Berkshire Hathaway, è stato molto dibattuto il tema della tecnologia. Lei non ha uno smartphone, non è un uomo di tecnologia, ma ha parlato molto degli investimenti che ha fatto (Apple, Ibm) e di quelli che ha mancato: Google…
Risposta. In realtà è stato Charlie Munger (il suo braccio destro, ndt) che ha parlato dell’occasione persa nel non avere investito in Google. Ma avrei dovuto capirlo anch’io: la Geico, compagnia di assicurazioni controllata da Berkshire, era una grande utilizzatrice di Google, pagava circa 10 o 11 dollari per ogni click sull’inserzione, per qualcosa che non aveva alcun costo del venduto. E l’avrebbero continuato a fare. Le potenzialità erano evidenti e avrei dovuto capirne il valore. Ora io so solo che con un click arrivano soldi nelle casse di questa società in California, un business straordinario e per alcuni aspetti un monopolio naturale. La risposta in sintesi è: abbiamo perso un’occasione.
D. Perché non vi investe oggi?
R. Se dovessi decidere tra comprare o vendere allo scoperto, comprerei Google, come farei con Amazon. Però è una questione diversa quando qualcosa vale X o 10 volte X. Psicologicamente è più difficile. Se non hai colto l’opportunità X, comprarla a 10 volte tanto non è facile. Quindi penso di aver perso il treno.
D. Non è lo stesso per Apple, dove invece lei investe?
R. Quando ho comprato i titoli, erano ancora a un prezzo ragionevole. Apple non doveva fare molto di diverso all’epoca. Quando compri Google e Amazon, compri il futuro. Non voglio dire che per me Apple è più facile da comprendere, perché adesso capisco anche Amazon e Google, ma all’epoca, 5 anni fa, lo era. È incredibile quello che ha fatto Apple. Posso facilmente determinare la posizione competitiva di Apple oggi e vedo anche la concorrenza e quanto facile o difficile sia raggiungere Apple.
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D. Lei usa la sua catena di negozi Nebraska Furniture Market per comprendere molti trend in fatto di beni di consumo…
R. Sì. È molto interessante: se un cliente viene in uno dei nostri negozi a comprare un frigorifero, il prezzo è un fattore importante. Sul fronte degli smartphone invece non si riesce a smuovere il cliente sulla base del prezzo. Oggi lo smartphone controlla la tua vita o quasi; è un prodotto con un grande valore per le persone, perché ci si costruisce attorno la propria vita, che si abbia 8 o 80 anni.
D. Le persone saranno sempre disposte a pagare uno smartphone 800 dollari?
R. Potrebbe essere così; se uno ha un Apple e si trova davanti un telefono che costa meno, non lo guarda neanche. Se però arrivasse qualcuno che avanza in maniera straordinaria sulla tecnologia, allora la situazione cambierebbe. Quella è secondo me la vera minaccia: l’avanzamento tecnologico.
D. Da quando ha iniziato a comprare Apple il prezzo è salito molto. Quindi non ne comprerà più?
R. Forse sì, forse no. Apple, senza nuovi prodotti, ha venduto 50 milioni di unità a 700 dollari ciascuna. È tanto. Se poi pensi che sta per uscire un nuovo prodotto, è un numero incredibile.
D. Un altro tema del suo rapporto con la tecnologia riguarda Ibm e in particolare il supercomputer Watson. Lei ha dichiarato che nella sua Geico stanno utilizzando Watson. La decisione di vendere molta parte della sua posizione in Ibm deriva dalla performance di Watson?
R. No, stiamo sperimentando molte possibilità: ha fatto alcune cose e altre non le ha fatte, ma la sperimentazione c’è anche negli ospedali. Watson è veramente un’invenzione incredibile e viene applicata in molte aziende e settori. È un prodotto molto interessante. È importante che quello che tu vendi sia fondamentale, necessario. Quindi il valore maggiore è quando la tecnologia sostituisce le persone, perché non si ammala, non va in ferie, non ha bisogno di tante cose di cui hanno bisogno le persone.
D. Chi investe in azioni ora si chiede dove sta andando il mercato. Come è la situazione per lei?
R. Non so dove il mercato sta andando. Varrà di più tra dieci o vent’anni, questo è certo, ma non ho la più pallida idea di cosa farà a breve. Non sono capace di investire nel breve termine. Noi pensiamo al lungo termine, investendo nelle aziende. Al momento il business più grande che abbiamo, 95 miliardi di dollari investiti, è in qualcosa che paghiamo 100 volte gli utili e sappiamo che non potrà andare su: sono i Buoni del Tesoro americani in cui abbiamo parcheggiato la liquidità. Ovviamente non sono contento. A me piace comprare aziende, però è molto difficile quando i soldi costano l’1%. Molte persone che fanno acquisizioni lo fanno con molta leva, si fanno prestare soldi e quando hanno tassi così bassi possono pagare molti più soldi di quelli che possiamo pagare noi. Noi non abbiamo fatto acquisizioni significative ora; sono 15 mesi circa che non ne facciamo.
D. Tra poco inizia il prurito?
R. Io ho già il prurito dopo 15 minuti che non faccio acquisizioni, ma non mi posso grattare altrimenti mi sgridano… Quando compri un’azienda, questa non ti darà i rendimenti in base a quanto l’hai pagata: se fate qualcosa di stupido, nel senso che si compra l’azienda sbagliata, il business sbagliato o al prezzo sbagliato, la pagate per sempre. Il mio lavoro adesso nell’allocare capitali è questo. È difficile ma mi piace. Anche perché c’è una cosa che ho già detto ma che forse non è stata ben compresa: le 5 più grandi aziende in America per valore di borsa hanno una capitalizzazione di 2.300 miliardi. Partendo da Apple, potreste gestire queste 5 aziende anche senza capitali. Non è mai accaduto in passato: cent’anni fa le aziende come la Us Steel per l’acciaio, i Rockefeller per il petrolio, le raffinerie o le altre grandi industrie pesanti, per guadagnare soldi dovevano incrementare tantissimo il capitale. Ora le cinque più grandi non hanno capitali. Anche Ibm o google non hanno asset tangibili. Queste sono le aziende meravigliose: quelle che crescono e non necessitano di capitale.
D. E perché è entusiasta di questo tipo di aziende?
R. Se trovi società che fanno tanti soldi senza capitale, diventi ricco molto facilmente e velocemente. Sembra facile, no? Se riesci a far capitalizzare il valore senza dover investirci 100 miliardi di dollari. Se Google avesse avuto bisogno di un’infrastruttura da 100 miliardi di dollari per nascere, non ci sarebbe stata Google. Bezos ha detto che per fare Amazon «a noi serviva internet». Qualcun altro ha speso soldi per costruirlo. Serviva il trasporto? Altri avevano già costruito le ferrovie. Servivano metodi di pagamento? Anche questi erano investimenti già fatti da Visa eccetera. Bezos ha preso tre cose grossissime dove erano già stati spesi ingenti capitali e le ha messe assieme senza spendere soldi. Veramente brillante.
D. Per lei Jeff Bezos è il capo azienda più importante in America, e che Amazon è una società brillante. Perché non compra Amazon?
R. Perché sono stupido! Mi piaceva Jeff fin dall’inizio, ma non pensavo che sarebbe riuscito nel suo intento su così vasta scala. Lui ha cambiato i nostri comportamenti. Ha cambiato il comportamento di tutti quelli nel mio ufficio. La cosa incredibile di Jeff è che l’ha fatto in due industrie che non sono in realtà così legate… Ha scosso il mondo del commercio retail e ha scosso il mondo dell’information technology. E ha fatto anche un bel lavoro col Washington Post. Veramente m’inchino a Jeff Bezos.
D. Perché non investire ora? Perché non capisce le attuali valutazioni?
R. È molto difficile, come ho detto, quando potevi comprare a un decimo del prezzo e non l’hai fatto. Non compro per questo, ma se mi mettessero una pistola alla tempia, comprerei. Queste sono idee potenti, con grandissimo potenziale. E lui è infatti riuscito ad eseguirle.
D. Torniamo a quei 95 miliardi di liquidità da investire… Dove?
R. Mi piace il nord. Più è a nord, meglio è.
D. Un fattore essenziale che riguarda le valutazioni e i prezzi di mercato è il livello dei tassi.
R. È il tema che nel tempo ha l’effetto più importante sulle valutazioni. Se i tassi sono destinati a rimanere bassi, ciò aumenterà il valore di qualsiasi flusso di utili dagli investimenti. Ovviamente si guarda sempre a quello che sono i rendimenti dei titoli di Stato e dell’immobiliare, che vi si adattano piuttosto velocemente e in maniera abbastanza diretta. Le azioni non si adeguano allo stesso modo ma hanno lo stesso principio: qualsiasi investimento vale tutto quello che è il cash che ne tiri fuori quando disinvestirai, attualizzandolo a oggi.
D. Secondo Bernanke i tassi resteranno bassi, intorno al 3%, per molto tempo. È d’accordo?
R. Nel 2009 nessuno pensava che ci sarebbe stata una ripresa come quella che c’è stata, con 100 mila nuovi posti di lavoro al mese. L’economia ora va bene. Le persone non si aspettavano che i tassi sarebbero saliti così lentamente. Io non pensavo, nel 2009, che avremmo avuto questi tassi sette anni dopo. Ma chiunque oggi preferisca le obbligazioni alle azioni sbaglia. Sono anni che lo dico. Le azioni possono scendere anche del 50%, ma anche il bond a 30 anni può scendere a quel livello con questi tassi. Le obbligazioni non sono una buona scelta rispetto alle azioni e questo è dettato dalla matematica.
D. Attendeva con ansia l’esito delle elezioni francesi?
R. Sono andato a letto molto presto! Non ricordo di aver mai comprato o venduto in base all’esito delle elezioni. A qualsiasi elezione.
D. Non si ritiene bravo nell’investimento d’impulso?
R. Pensate a tutti gli eventi successi nei 75 anni trascorsi da quando ho cominciato a investire. Se avessi reagito a ogni cosa, la mia performance storica non sarebbe buona, perché in alcuni momenti sarei rimasto fuori dal mercato; e a me non piace stare fuori dal mercato. Per me non è stare dentro o fuori dal mercato, io voglio avere delle aziende. Se comprassi un’azienda agricola, non la comprerei in funzione di chi è presidente o dell’esito delle elezioni, ma in base al business.
D. L’economia americana ora le sembra adeguata al dato sul pil, che è allo 0,7%?
R. No. Penso che dalla crisi del 2009 sia cresciuto a un tasso del 2%. Deviazioni da questo dato derivano probabilmente da problemi che riguardano la raccolta delle informazioni o da fattori stagionali, oppure perché le misurazioni sono paragonate al trimestre di un anno prima e quindi il cambiamento di due decimi diventa un ottavo annualizzato… Insomma, cose matematiche. Non guardo quei dati con troppa attenzione. È ovvio: nel 2008-2009 l’economia si stava sgretolando, è ovvio che allora era importante capire quanto velocemente si stesse sgretolando rispetto a recessioni passate. Lì ho guardato meglio i numeri, ma non ho mai agito in funzione del pil. (riproduzione riservata)
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