di Paola Valentini
Dopo tre anni e mezzo di raccolta netta positiva in aprile i fondi comuni hanno rivisto il rosso. Nel mese scorso, secondo la mappa di Assogestioni, i comparti aperti hanno registrato una raccolta netta negativa di 1 miliardo di euro con una battuta d’arresto rilevante rispetto ai +7 miliardi di marzo. Nei primi quattro mesi del 2016 la raccolta dei fondi resta comunque positiva per 12,4 miliardi. Difficile dire se si tratti di un’inversione di tendenza o di una pausa temporanea.
Fatto sta che era dall’ottobre 2012 che l’industria del risparmio gestito non scendeva sotto la parità, per lo meno sul fronte dei fondi aperti. A remare contro in questa prima parte dell’anno ci sono sicuramente le performance poco brillanti a causa dell’andamento molto volatile dei mercati finanziari di gennaio e febbraio e, poi, della mancanza di una ripresa decisa delle quotazioni.
Nel frattempo continuano a marciare a ritmo regolare i flussi delle gestioni di portafogli (gestioni in fondi e in titoli per il retail e gestioni di patrimoni assicurativi e previdenziali), che in aprile hanno totalizzato una raccolta netta positiva per 3,4 miliardi dopo i 4,3 miliardi di marzo, portando il totale da inizio anno a 17,5 miliardi. Si tratta di comparti dove il sottoscrittore non vede la quotazione ogni giorno e quindi meno sensibili alle dinamiche di breve termine dei mercati.
Non solo. Le gestioni di portafoglio, in particolare quelle assicurative e previdenziali, sono legate a strumenti di risparmio di lungo termine come polizze e fondi pensione, nel cui caso riscattare il capitale prima della scadenza non è possibile oppure è poco conveniente sul fronte dei costi. In totale comunque proprio grazie al contributo delle gestioni di portafoglio l’industria italiana dell’asset management ha ottenuto in aprile una raccolta netta positiva per 2,4 miliardi a fronte degli 11,4 di marzo, per un totale di 29,9 miliardi da gennaio.
Numeri che dimostrano che il settore gode di ottima salute e sta forse attraversando una fase di trasformazione che sta legando le sue dinamiche più a fattori strutturali di lungo termine (come la necessità di risparmiare in vista di pensioni pubbliche sempre più basse) che speculative di breve termine. Il patrimonio gestito totale si collocava a fine aprile infatti vicino ai massimi storici di fine marzo a quota 1.854 miliardi.
Scendendo nel dettaglio di fondi aperti, l’unica categoria che ha avuto riscatti è stata quella dei fondi monetari, che hanno chiuso il mese con un saldo netto negativo per 4,87 miliardi. In questi comparti di liquidità erano entrati ingenti flussi nei mesi scorsi (2,8 miliardi la raccolta dei quattro mesi), ma evidentemente, in presenza di tassi sempre più bassi, molti sottoscrittori hanno optato per altri strumenti di parcheggio del cash. Tutte le altre specializzazioni vedono confermate le tendenze dei mesi precedenti: +2 miliardi i flessibili (5,2 miliardi nei quattro mesi), +1,2 miliardi gli obbligazionari (+2,1 miliardi da gennaio), + 277 milioni gli azionari (+1,5 miliardi nel quadrimestre) e +202 milioni i bilanciati (+1,1 miliardi da inizio anno).
Guardando al passaporto dei fondi aperti, in aprile i prodotti di diritto italiano hanno rivisto l’attivo (817 milioni dopo i -517 milioni di marzo) ma restano comunque in territorio negativo da inizio anno (-569 milioni), mentre gli strumenti di diritto estero sono finiti in negativo (-1,86 miliardi), dopo i 7,6 miliardi incassati in marzo (12,9 miliardi in quattro mesi).
Sul fronte delle singole società di gestione spicca il saldo negativo del gruppo Generali (-3,6 miliardi), bene invece Intesa Sanpaolo (2,1 miliardi) e Pioneer (Unicredit ) con flussi netti positivi per 871 milioni. Si mettono in evidenza anche Azimut (738 milioni) e il gruppo Ubi (642 milioni). Tra i big esteri, Jp Morgan Am ha chiuso il mese con una raccolta netta positiva per 301 milioni, seguita dal Credit Suisse con 304 milioni. Proseguono le difficoltà per il gruppo Franklin Templeton, bersagliato ancora da riscatti (-359 milioni). (riproduzione riservata)
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