Nel sistema della legge n. 990 del 1969, nel caso in cui l’assicuratore abbia avuto la possibilità di offrire tempestivamente l’intero massimale in favore degli aventi diritto vanno riconosciuti, a titolo di mala gestio cd. impropria, gli interessi sul massimale di polizza dalla data di scadenza dello spatium deliberandi fino all’effettivo pagamento degli importi dovuti, quale obbligazione risarcitoria oltre il limite del massimale.
La questione della cd. mala gestio impropria dell’assicuratore in caso di incapienza del massimale e di pluralità di danneggiati è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza, che ha sancito i seguenti principi in materia:
- a) la riduzione proporzionale dei diritti dei danneggiati, imposta dalla L. n. 990 del 1969 art. 27, in caso di massimale insufficiente, e l’obbligo di pre-deduzione ex art. 28 della stessa legge in favore degli enti mutualistici non influiscono sui tempi di adempimento dell’obbligazione dell’assicuratore stabiliti dall’art. 22, della legge medesima, avendo questi il dovere di attivarsi onde pervenire in tale termine alla liquidazione concorsuale del massimale, ponendo, in caso di difficoltà, a disposizione dei creditori (da chiamarsi in causa, ex art. 106 c.p.c., qualora l’assicuratore sia stato convenuto solo da alcuni dei danneggiati) il predetto massimale, suddiviso in proporzione dei rispettivi diritti, in modo da adempiere ai doveri di correttezza, diligenza e buona fede posti in via generale a suo carico dagli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c.; ne deriva che la richiesta di risarcimento del danneggiato vale a costituire in mora l’assicuratore alla data di scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni, indicato dal citato art. 22, anche quando siano necessari gli adempimenti previsti dai successivi artt. 27 e 28, ai quali l’assicuratore è tenuto a provvedere nel termine stesso, tranne che non dimostri l’impossibilità della sua osservanza;
- b) la disposizione della L. 24 dicembre 1969, n. 990 art. 27, che prevede la riduzione proporzionale dei diritti dei danneggiati nella ipotesi in cui il risarcimento dovuto dal responsabile superi le somme assicurate, non è applicabile alle maggiori somme dovute per l’accumulo degli interessi, della svalutazione monetaria e delle spese processuali imputabile al ritardo dell’assicuratore e perciò dipendente, ai sensi dell’art. 1224 c.c., da una autonoma causa di debito dell’assicuratore verso i danneggiati del tutto svincolata dalla limitazione costituita dal massimale di polizza; pertanto, la riduzione non opera ove risulti accertato che il massimale sarebbe stato sufficiente, senza il ritardo dell’assicuratore, a soddisfare i concorrenti crediti dei danneggiati, mentre, ove il massimale sarebbe stato comunque insufficiente, essa opera solo per le somme originariamente dovute, a meno che la complessità e la difficoltà della liquidazione, anche in relazione alle esigenze di riduzione proporzionale della somma da pagare ai diversi danneggiati con l’accordo di questi, non impedisca di imputare il ritardo all’assicuratore che, gravato per legge del compito di liquidazione concorsuale del massimale, ha il dovere di attivarsi, con tutti i possibili mezzi, per promuovere un accordo tra i vari danneggiati fruendo di quella posizione di imparzialità e di indifferenza in cui versa il debitore rispetto ai destinatari del pagamento quando l’ammontare del debito sia a priori invalicabile, e, se convenuto (in giudizio) da uno dei danneggiati, mettendo a disposizione il massimale, dopo avere chiamato in causa tutti gli altri, ai sensi dell’art. 106 c.p.c., al fine di ottenere la propria estromissione dal processo.
In base a questi principi, dunque, l’assicuratore, nelle ipotesi in cui sussistano i presupposti per l’applicazione della L. n. 990 del 1969, artt. 27 e 28, ha comunque l’obbligo di procedere entro i 60 giorni dalla richiesta di pagamento a individuare gli aventi diritto al risarcimento e procedere al pagamento in loro favore delle somme a ciascuno spettanti, ovvero, laddove ciò non sia possibile, di mettere tempestivamente a disposizione di essi il massimale di polizza, chiedendo eventualmente – laddove sia convenuto in giudizio solo da alcuni – l’estromissione dal giudizio stesso, dopo avere provveduto a chiamare in causa tutti gli interessati.
In caso contrario, risponde oltre il massimale per interessi, rivalutazione e spese di giudizio.
Nella specie è certo che la compagnia non ha messo immediatamente a disposizione dei danneggiati l’importo del massimale, ma solo una parte di esso, a due anni di distanza dalla costituzione in mora ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22; e la sentenza impugnata non contiene alcuna effettiva motivazione (che non sia del tutto apparente) concretamente riferibile alle ragioni per cui dovrebbe escludersi la conseguente responsabilità dell’assicuratore per il ritardo; manca cioè del tutto l’indicazione dei motivi per cui la compagnia non avrebbe potuto immediatamente mettere a disposizione degli aventi diritto (che le erano ben noti) l’intero massimale e, di conseguenza, perché essa non sarebbe tenuta al pagamento degli interessi (oltre che delle spese giudiziali) su tale massimale, dalla scadenza dello spatium deliberandi di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22, fino alla data del pagamento delle somme concretamente versate agli aventi diritto, nonché, sul residuo, fino al saldo.
La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio: il giudice del rinvio dovrà rinnovare – sulla base dei principi di diritto sopra richiamati – la valutazione sulla effettiva e concreta possibilità di offerta tempestiva, da parte della compagnia assicuratrice, dell’intero massimale in favore degli aventi diritto, indicando le ragioni delle conclusioni raggiunte, e dovrà riconoscere ai ricorrenti, nel caso in cui riconosca che esisteva tale possibilità, a titolo di mala gestio cd. impropria, gli interessi sul massimale di polizza dalla data di scadenza dello spatium deliberandi fino all’effettivo pagamento degli importi dovuti, quale obbligazione risarcitoria oltre il limite del massimale.
Inoltre, nel risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, qualora vi siano più persone danneggiate nello stesso sinistro, l’assicuratore deve provvedere, usando la normale diligenza, all’identificazione di tutti i danneggiati, attivandosi anche con la loro congiunta chiamata in causa, per procedere alla liquidazione del risarcimento nella misura proporzionalmente ridotta ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 27 comma primo; ne consegue che l’assicuratore, convenuto in giudizio con azione diretta da parte di uno dei danneggiati, non può opporre, al fine della riduzione dell’indennizzo, la somma già concordata e versata in sede stragiudiziale ad un altro danneggiato, pur nella consapevolezza che nel sinistro erano rimaste coinvolte più persone, dovendo imputare a propria negligenza il non avere provveduto – o richiesto che si provvedesse in sede giudiziale – alla congiunta disamina delle pretese risarcitorie dei danneggiati per la riduzione proporzionale dei correlativi indennizzi; l’assicuratore della responsabilità civile derivata dalla circolazione dei veicoli, in caso di pluralità non incolpevolmente ignorata, di danneggiati in un unico sinistro, non può opporre a coloro che chiedono il risarcimento l’incapienza del massimale per aver già risarcito altri; ciò in quanto, invece, l’assicuratore ha l’onere di rispettare in tal caso il principio della par condicio, statuito dalla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 27, comma primo, anche provocando le rispettive richieste risarcitorie al fine di ripartire corrispondentemente il massimale; viceversa egli deve rispondere fino alla concorrenza dell’ammontare del medesimo nei confronti di ciascun danneggiato (a meno che questi abbia consentito l’integrale risarcimento a favore di altri); la riduzione proporzionale dei diritti dei danneggiati, imposta dalla L. n. 990 del 1969, art. 27, in caso di massimale insufficiente, e l’obbligo di pre-deduzione ex art. 28, della stessa legge in favore degli enti mutualistici, sono istituti nettamente distinti tra loro, posto che le situazioni rispettivamente disciplinate sono radicalmente diverse, non confondibili nei loro presupposti e non unificabili nelle loro conseguenze, sicché, in caso di massimale incapiente, i suindicati enti, così come il danneggiato, concorrono con gli altri danneggiati, secondo lo schema prioritariamente delineato dall’art. 27 della citata legge.
Cassazione civile sez. III, 11/03/2016 n. 4765