Euler Hermes ha recentemente aggiornato le previsioni delle insolvenze aziendali per il 2016-17.
Dopo sei anni di contrazione, nel 2016 e 2017 l’Indice Globale delle Insolvenze tornerà a crescere con lo stesso ritmo (+2%). La debole crescita globale, una situazione di liquidità non uniforme nei mercati emergenti e in alcuni settori industriali potrebbero compromettere quelle imprese il cui capitale di esercizio si è eroso negli ultimi anni. Tre sono i fattori principali che spiegano la risalita delle insolvenze.
- La debolezza della crescita e degli scambi.
Nel 2016 la crescita globale dovrebbe rallentare marginalmente fino al +2,5% dopo aver toccato il +2,6% l’anno scorso, mentre le economie avanzate cresceranno modestamente (+1,8% nel 2016) ed i mercati emergenti avranno ancora bisogno di tempo per risalire dai livelli minimi (+3,6%, nuovo rallentamento record dal 2009). Il commercio mondiale dovrebbe continuare a scendere del -2% in valore nel 2016 dopo aver riportato un -10% nel 2015, comprimendo ulteriormente i profitti delle grandi società. - Gli effetti indiretti di alcuni shock idiosincratici.
Il settore energetico ha subito pesantemente la persistenza dei bassi prezzi del petrolio. Negli USA l’effetto sui margini operativi è stato stimato intorno a -10 miliardi di dollari nel 2015, con un aggravamento del rapporto medio debito/mezzi propri per le imprese del settore, che ha toccato il 130% nel 2015 rispetto al 90% del 2014. Nel 2015 gli USA hanno visto fallire 10 società energetiche con un fatturato complessivo di 8,5 miliardi di euro, mentre altre 6 (3,4 miliardi di euro di fatturato totale) hanno subito lo stesso destino in Canada. Altri shock sono attesi dalla Cina, dove viene meno il sostegno statale ai settori a forte intensità di capitale a favore delle PMI e delle imprese che fanno ricerca sull’high-tech e altre attività di fascia alta. L’industria siderurgica cinese è quella che subisce maggiormente gli effetti di questa transizione, mostrando cedimenti sotto la pressione della sovracapacità. - Il possibile effetto domino. I grossi fallimenti mondiali hanno spesso gravi conseguenze sui fornitori che non si sono protetti adeguatamente. Nel 2015 sono fallite 152 imprese con un fatturato a partire da 100 milioni di euro, rispetto ai 95 casi del 2014 e ai 110 del 2013. Di queste, 25 superavano la soglia di 1 miliardo di euro (rispetto a 14 nel 2014), toccando la cifra complessiva di 87 miliardi di euro (28 nel 2014). Preoccupa l’impennata dei fallimenti delle società “troppo grandi per fallire”, che dà il via a importanti conseguenze indirette sui fornitori non strategici.
Nel 2016 i Paesi che soffriranno la crescita delle insolvenze saranno quelli dell’area Asia Pacifico, con un aumento del +13% rispetto al 2015 e l’America Latina con un +17%. Gli USA dovrebbero riportare un incremento del 3% per la prima volta in 6 anni. Guidano la classifica i settori metallurgico e energetico con la metà dei fallimenti di imprese pubbliche registrati nel 2015.
L’Europa Occidentale è l’unica regione in cui si prevede una diminuzione delle insolvenze (-5%) nel 2016 e del -3% nel 2017. Tuttavia la cifra annuale resta al di sopra del livello pre-crisi in 11 paesi europei su 17, una situazione che impone un cauto ottimismo in quanto l’aumentato rischio di mancati pagamenti dai mercati emergenti ha ripercussioni negative sugli esportatori.
Italia: insolvenze in diminuzione (-8% nel 2016), attesi 13.500 casi, ancora il doppio rispetto al pre-crisi.
Il ritorno ad una crescita positiva lo scorso anno, dopo 3 anni consecutivi di recessione, ha influenzato positivamente anche i fatturati ed i margini delle imprese, anche se in misura limitata. Il credit crunch ha allentato la presa e di conseguenza anche i termini di pagamento hanno intrapreso un trend di miglioramento sebbene ci sia molto da fare per avvicinarsi ai dettami della UE. Infatti i DSO rimangono alti anche se sono scesi moderatamente nel corso degli anni precedenti (93 gg. nel 2016 pari a -2 gg. rispetto al 2015, rispetto al picco di 103 gg. nel 2013): auto, agrifood e retail sono i best performer.
In calo le insolvenze aziendali, sebbene il dato rimanga ancora 2 volte più alto dei livelli 2007: dopo 7 anni di incremento costante un trend positivo è iniziato nel 2015, con un calo registrato nell’ordine del 6%. Per il 2016 è previsto un ulteriore -8% con 13.500 casi, che posizionerà l’Italia tra i Paesi che registreranno i miglioramenti più significativi non solo a livello europeo, ma anche mondiale. Se ne dovrebbe avvantaggiare in generale il settore manifatturiero nei settori sopra indicati, seguito a ruota anche dalle costruzioni.
“Da monitorare l’andamento di alcuni settori – dichiara Massimo Reale, Direttore Rischi Euler Hermes Italia – in particolare il commercio al dettaglio che, nonostante la ripresa moderata dei consumi delle famiglie, potrebbe ancora risentire di una struttura distributiva poco efficiente, di una dimensione delle imprese ancora troppo limitata e della concorrenza della grande distribuzione.
Nel comparto industriale occhi puntati su tessile e metalli, ancora legati fortemente alle dinamiche dei costi variabili delle materie prime e all’evoluzione dei fatturati oltre confine. Sul primo comparto, la crisi dei mercati globali (Brasile, Russia, Cina ma anche Middle East in particolare, principali sbocchi del Made in Italy) porteranno nuove difficoltà sul tessuto imprenditoriale italiano, ancora una volta destinato a ristrutturarsi per cercare margini e mantenere inalterata la capacità produttiva.
Ancora stagnante il settore siderurgico, nonostante un aumento dei prezzi registrato di recente, il cui effetto non può tuttavia essere considerato un segnale di ripresa. Se è già visibile un effetto positivo sui listini anche trainato dalla forte domanda del settore automotive (non solo nel mercato domestico), non escludiamo ulteriori difficoltà di approvvigionamento della materia prima per le industrie italiane, fattore non proprio positivo in ottica di sviluppo e sostenibilità del business di medio termine”.